29 Giugno 2015

L’onere probatorio dell’appellante

di Lidia Carrea Scarica in PDF

Cass., Sez. VI, 10 marzo 2015, n. 4806 (ord.)

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Impugnazioni civili – Appello – Erronea valutazione di un documento da parte del primo giudice – Onere di produzione del documento in capo all’appellante – Sussistenza

(Cod. proc. civ., artt. 342; Disp. att. cod. proc. civ., art. 76; Cod. civ., art. 2697)

[1] Quando, in sede di appello, il vizio specifico dedotto dalla parte appellante riguarda l’interpretazione o la valutazione di un documento, è onere della stessa parte assicurarne l’acquisizione al giudizio di secondo grado.

CASO
[1] La parte convenuta in primo grado proponeva appello lamentando l’erronea valutazione, da parte del primo giudice, di un documento depositato da controparte. L’appellante, tuttavia, non produceva in sede di appello il documento in questione, né questo veniva riprodotto dall’appellato. Il giudice di secondo grado respingeva l’impugnazione per difetto di prova.
Così, la parte (nuovamente soccombente) ha proposto ricorso in cassazione, lamentando che, nel caso di specie, era onere dell’appellato ri-depositare il documento ai fini della conferma dell’accoglimento della sua originaria domanda, perché il contratto di compravendita posto a fondamento di questa doveva essere provato per iscritto ex art. 2725 c.c., tanto in primo grado quanto in sede di gravame.

SOLUZIONE
[1] La problematica attiene alla ripartizione dell’onus probandi in appello.
L’ordinanza in commento ha rigettato il ricorso affermando che «l’appellante assume sempre la veste di attore rispetto al giudizio di appello e che su di lui ricade l’onere di dimostrare la fondatezza delle singole censure […]. Pertanto, ove egli si dolga dell’erronea valutazione da parte del primo giudice di documenti prodotti dalla controparte in primo grado e da questa non depositati in appello, ha l’onere di produrli in sede di gravame».

QUESTIONI
[1] La decisione è conforme all’insegnamento delle Sezioni Unite, inaugurato nel 2005 e confermato nel 2013.
In contrasto con Cass., sez. un., 23 dicembre 2005, n. 28498 (in Foro it., 2006, I, 1346), due pronunce successive (Cass., sez. lav., 12 aprile 2006, n. 8528 e Cass., sez. II, 8 gennaio 2007, n. 78) avevano infatti affermato che, in appello, l’onere probatorio continua a gravare sulla parte secondo le ordinaria regole sostanziali. Di qui l’esigenza di una seconda pronuncia a S.U. (Cass. S.U. 8 febbraio 2013, n. 3033, in Riv. dir. proc., 2013, 1184), in cui è stato ribadito l’insegnamento enunciato dalle precedenti Sezioni Unite del 2005, con la precisazione che, ai fini della validità del principio, è irrilevante la veste processuale assunta in primo grado dall’appellante (se quella di attore o di convenuto).

La sussistenza di onere di produzione del documento in capo all’appellante induce a pensare che il principio di acquisizione operi in maniera limitata al singolo grado di giudizio.
Peraltro, la relatività del principio potrebbe manifestarsi anche nell’ambito dello stesso grado: si pensi al caso del ritiro del fascicolo di parte al momento della rimessione in decisione, cui non faccia seguito la restituzione nel termine di cui all’art. 169, co. 2, c.p.c.
Per ovviare a tali rischi, la controparte è di fatto onerata, precauzionalmente, ad estrarre copia dei documenti della controparte ex art. 76 disp. att. c.p.c.

La dottrina, come rimedi successivi, solitamente invoca: l’ordine di esibizione ex art. 210 c.p.c.; la ricostruzione del documento; la possibilità per il giudice di trarre argomenti di prova ex art. 116 c.p.c. dal comportamento della parte che ha sottratto il documento.

In ogni caso, si rammenta che le Sezioni Unite del 2013 attenuano, almeno parzialmente, l’onere probatorio in questione là dove precisano che questo va considerato in ottica non sostanziale ma processuale, sicché il documento prodotto in primo grado, e sul quale incide la censura, deve essere riprodotto nel grado successivo soltanto se il contenuto testuale non risulti dalla sentenza impugnata o dagli atti delle parti.

Il problema della sottrazione del documento potrebbe oggi essere risolto, almeno in parte, dal processo telematico.