6 Maggio 2025

Un caso particolare di carenza dell’interesse ad impugnare pur a fronte di soccombenza formale della parte

di Massimo Montanari, Professore ordinario di Diritto processuale civile e di diritto fallimentare – Università degli Studi di Parma Scarica in PDF

Cass., Sez. III, 6 marzo 2025, n. 5987 (ord.) Pres. Rubino – Rel. Rossetti

Impugnazioni civili – Contratto di assicurazione sulla vita – Accertamento giudiziale del rapporto di solidarietà intercorrente tra i creditori della prestazione indennitaria – Soccombenza formale dell’assicuratore che aveva dedotto la natura parziaria dell’obbligo corrispondente – Interesse ad impugnare – Insussistenza (C.c. artt. 1173, 1292, 1306, 1310, 1314, 1919; c.p.c. artt. 37, 100, 323)

[1] L’assicuratore sulla vita (per il caso di morte) che sia stato condannato a pagare l’intero indennizzo in solido ai tre beneficiari risultanti dal contratto, invece che a ciascuno di essi la frazione di indennizzo a lui spettante, non ha giuridico interesse ex art. 100 c.p.c. ad impugnare tale statuizione se non sia in discussione la misura dell’indennizzo e tutti e tre i creditori hanno partecipato al giudizio senza contestare la misura del riparto. In tale ipotesi, infatti, non c’è il rischio di una doppia escussione dell’assicuratore, e nessun frutto questi trarrebbe da una riforma della sentenza che lo condannasse pro quota invece che in solido. 

CASO

[1] In quanto designati come beneficiari di due distinti contratti di assicurazione sulla vita per il caso di morte dell’assicurante, la moglie e i due figli di persona deceduta in conseguenza a sinistro stradale agivano contro le due società che avevano stipulato i predetti contratti per sentirle condannare al pagamento dell’indennizzo pattuito a loro favore. Costituendosi in giudizio, entrambe le società convenute eccepivano che il soggetto deceduto avesse provocato volontariamente la propria morte e, dunque, nulla fosse da loro dovuto stante la clausola contrattuale che escludeva l’indennizzabilità dei sinistri riconducibili a suicidio.

Assumendo che l’onere della prova dell’intento suicidario dell’assicurante incombesse sulle società convenute e che tale onere non fosse stato debitamente assolto, tanto il Tribunale di Ancona, adito in prima istanza, che la Corte d’appello del capoluogo marchigiano respingevano la predetta eccezione, accogliendo integralmente le domande di condanna sottoposte al loro esame.

La sentenza pronunciata in grado d’appello è stata impugnata in cassazione da ambedue le società soccombenti, che hanno proposto ricorsi formalmente separati ma redatti dal medesimo difensore e di identico contenuto. Dei cinque motivi su cui detti ricorsi figurano articolati, è il primo, in ordine di esposizione, dei medesimi quello sul quale occorre, nella presente sede, soffermare l’attenzione: là dove, per l’esattezza, si è denunciato l’errore commesso dal giudice di merito nell’aver condannato ognuna delle società convenute al pagamento dell’indennizzo contrattualmente previsto in favore “degli attori” senza distinzioni o limitazioni sorta, ossia nell’aver qualificato, almeno implicitamente, come solidale dal lato attivo un’obbligazione che avrebbe rivestito, all’opposto, carattere parziario, così che i singoli beneficiari non ne potessero pretendere l’adempimento per intero – come, viceversa, lasciava intendere il dispositivo – bensì, e soltanto, pro quota, vale a dire, per un terzo ciascuno.

SOLUZIONE

[1] Della doglianza appena illustrata, la Suprema Corte ha effettivamente recepito il fondamento sostanziale, osservando come il giudice di merito avesse ravvisato gli estremi di un’obbligazione unitaria a carattere solidale in corrispondenza a quello che avrebbe dovuto obbiettivamente riguardarsi, stando all’inequivocabile dettato delle condizioni generali delle polizze assicurative in oggetto, come un fascio di plurime obbligazioni sorte, ai sensi dell’art. 1173 c.c., nei confronti di persone diverse. Ma non per questo ha ritenuto di dover disporre nel senso, della cassazione della pronuncia che da siffatto error iuris risultava affetta, auspicato dai ricorrenti, decretando, per contro, l’inammissibilità del correlato motivo di gravame per difetto del necessario interesse ad impugnare: soluzione fondata sul rilievo della corale partecipazione al giudizio di tutti i beneficiari dell’obbligazione indennitaria e della posizione comune ivi assunta dai medesimi, così da potersi dire, come si legge nel principio di diritto coniato nell’occasione, che, nell’ipotesi data, “non c’è il rischio di una doppia escussione dell’assicuratore, e nessun frutto questi trarrebbe da una riforma della sentenza che lo condannasse pro quota invece che in solido”.

QUESTIONI

1] L’ordinanza in epigrafe si rivela meritevole di segnalazione perché propone un caso, invero non usuale, di accertata insussistenza dell’interesse ad impugnare a fronte della situazione, in cui versava l’impugnante, di soccombenza formale, ossia di divaricazione a suo danno tra le conclusioni dal medesimo rassegnate nella precedente istanza di giudizio e la decisione, concretamente adottata a suggello di quella fase processuale, della cui impugnazione agitur. Trova in questo modo riscontro quell’importante approdo della moderna dottrina processual-civilistica – anche se posto, in certa misura, in discussione dalla regola, di cui all’ultimo periodo dell’art. 37 c.p.c. (come novellato in occasione della c.d. riforma Cartabia del processo civile) che vuole negato all’attore il diritto di impugnare la sentenza per difetto di giurisdizione del giudice da lui medesimo adito (per questo rilievo, sebbene con riguardo giocoforza circoscritto alla pronuncia delle Sezioni unite, 20 ottobre 2016, n. 21260, che ha ispirato la novella legislativa appena richiamata, L. Salvaneschi, Le impugnazioni in generale, in L. Dittrich [diretto da], Diritto processuale civile, II, Milano, 2019, 2563 ss.) – secondo cui la soccombenza formale non costituirebbe condizione sufficiente per potersi predicare l’esistenza dell’interesse ad impugnare, bensì indice sintomatico di tale interesse, ai fini del cui definitivo apprezzamento necessario sarebbe altresì far capo alla domanda di gravame e al provvedimento cui la stessa sia preordinata, siccome idoneo ad assicurare all’impugnante un vantaggio marginale rispetto al provvedimento che occupa momentaneamente la scena (così, in particolare, L. Salvaneschi, L’interesse ad impugnare, Milano, 1990, passim ma spec. 377 ss.; Id., Le impugnazioni in generale, cit., 2559 s.; nonché C. Mandrioli – A. Carratta, Diritto processuale civile, 17a ed., II, Torino, 2017, 424; B. Sassani, Lineamenti del processo civile italiano, 10a ed., Milano, 2025, 565 s.). E così è stato, per l’appunto, nella fattispecie in esame, dove la Corte ha acclarato che il provvedimento destinato a scaturire all’esito del giudizio di rinvio dopo la cassazione, di condanna della parte convenuta al pagamento pro quota dell’indennizzo dovuto ai beneficiari del contratto assicurativo, non avrebbe garantito all’impugnante alcun vantaggio rispetto al provvedimento riformato (o, se si preferisce, non avrebbe minimamente ridotto o alleviato il pregiudizio che  questo provvedimento sarebbe in grado di recare all’impugnante medesimo).

Non del tutto calzante appare, semmai, il percorso argomentativo seguito per addivenire a quella conclusione. Giusto, indubbiamente, è stato osservare che, in virtù della presenza in giudizio di tutti i beneficiari del contratto, la condanna dell’assicuratore al pagamento in solido, a loro favore, dell’intero indennizzo non lo avrebbe esposto al rischio di una doppia escussione. Ma la Corte non ha debitamente chiarito in che modo un’eventuale “non integrità” del contraddittorio avrebbe potuto generare quel rischio. In luogo dei fuorvianti riferimenti a quello scopo operati agli artt. 1306 e 1310 c.c., essa, infatti, avrebbe dovuto invocare la regola generale di inopponibilità ultra partes del giudicato sostanziale, quale desumibile dal successivo art. 2909 c.: alla cui stregua, in caso di integrale pagamento dell’indennizzo ad uno dei beneficiari, in attuazione di condanna pronunciata a suo favore in qualità di contitolare in solido del relativo rapporto obbligatorio, nulla potrebbe impedire ad altro beneficiario di vedersi riconosciuta, in distinto giudizio, la qualità di titolare in esclusiva del credito, logicamente di natura parziaria, a una quota di quell’indennizzo medesimo, con  annesso diritto di portare in esecuzione quel titolo senza che gli si possa opporre il pregresso pagamento ricevuto dal beneficiario dianzi attivatosi.

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