14 Marzo 2017

Lo spostamento unilaterale della residenza del minore

di Giuseppina Vassallo, Avvocato Scarica in PDF

L’art. 316 c.c., interamente riformulato dalla legge n. 219/2012 e dal D.lgs. n. 154/2013 di riforma della filiazione, delinea le modalità di esercizio della responsabilità genitoriale.

Nella nuova formulazione della norma, è ribaltata la prospettiva: non più “soggezione” del figlio ad un potere-dovere dei genitori, ma assunzione di un obbligo da parte dei genitori, che dovranno esercitare la responsabilità genitoriale di comune accordo tenendo conto delle capacità, delle inclinazioni naturali e delle aspirazioni del figlio, in armonia rispetto con quanto previsto dall’art. 315 bis c.c.

Particolare attenzione è stata riservata alla decisione dei genitori di stabilire la residenza abituale del minore, sottolineando che anche questa scelta deve essere compiuta nel rispetto della bigenitorialità, ossia sempre di comune accordo.

Di conseguenza, il cambiamento unilaterale da parte di un genitore della residenza abituale del minore deve ritenersi illegittimo.

Anche dopo la disgregazione del nucleo familiare, il corpus unico di norme di contenuto negli artt. 337 bis e ss c.c. applicabile a tutti i figli, e in particolare l’art. 337 ter c.c., specifica che la responsabilità genitoriale è esercitata da entrambi i genitori. Le decisioni di maggiore interesse per i figli relative all’istruzione, all’educazione, alla salute e alla scelta della residenza abituale del minore sono assunte di comune accordo.

Ne deriva che lo spostamento unilaterale della residenza da parte di un genitore è illegittimo.

In particolare, sia quando il figlio sia stato affidato in via esclusiva ad un genitore e l’altro ha un diritto di visita, sia quando è stato disposto un affidamento condiviso con collocazione prevalente del figlio presso un solo genitore e sono stati fissati i tempi di permanenza con l’altro genitore.

L’allontamento del minore ostacola il corretto svolgimento delle modalità di affidamento causando un pregiudizio per i figli che sono privati della continuità del rapporto con l’altro genitore.

La questione del cambiamento di residenza è molto delicata perché coinvolge il diritto del genitore affidatario o collocatario della prole, di muoversi liberamente sul territorio, diritto tutelato a livello costituzionale.

Nel bilanciamento dei due interessi, quello del minore alla bigenitorialità e quello del genitore, come ci si muove?

La giurisprudenza sembra privilegiare il così detto best interest of the child, in base al principio consolidato anche a livello di diritto europeo.

Analizzando qualche sentenza di merito, Il tribunale di Vibo Valentia – sentenza 10.2.2016 – ha revocato, ai sensi dell’art. 709 ter c.p.c., le precedenti disposizioni sull’affidamento e mantenimento dei figli minori, a causa del comportamento della madre che ha deciso unilateralmente di trasferirsi in un’altra città, impedendo il corretto svolgimento delle modalità di affidamento e portando un pregiudizio ai minori.

Ai sensi dell’art. 709 ter c.p.c., il giudice del procedimento separativo in corso può modificare i provvedimenti presidenziali e collocare la residenza abituale dei minori presso il genitore che rispetta il diritto alla bigenitorialità dei figli.

Analogamente, il Tribunale di Torino – decreto 8 ottobre 2014 – aveva precisato che il diritto di un genitore di spostare la propria residenza insieme al figlio, pur trattandosi di diritto di rilievo costituzionale, deve essere bilanciato con il diritto del minore (di pari rango costituzionale) ad una sana crescita e ad uno sviluppo armonico della personalità, nonché a mantenere, in caso di disgregazione della famiglia, equilibrati ed adeguati contatti e rapporti con entrambi i genitori.

L e due pronunce sono supportate dalla giurisprudenza della Cassazione secondo cui, in forza del preminente e superiore interesse del minore, se necessario, l’esercizio dei diritti e delle libertà fondamentali di ciascuno dei genitori, anche se garantiti anche dalla Costituzione, possono subire temporanee e proporzionate limitazioni.

Nel caso esaminato, la compressione del diritto della madre di lasciare l’Italia per tornare nel suo paese di origine, pur riconoscendo le conseguenze positive nell’ambito personale, affettivo, alloggiativo e lavorativo, secondo la Corte è legittima, per la valorizzazione del preminente interesse del figlio.

L’interesse del minore corrispondeva al diritto di avere un’evoluzione positiva della sua personalità psico-fisica, e l’espatrio avrebbe compromesso la sua crescita equilibrata anche per l’importanza del ruolo paterno e della sua vicinanza fisica.

Non è stata considerata sufficiente, in tale contesto, la rimodulazione delle modalità di comunicazione, contatti e frequentazioni tra il padre ed il minore, mediante dispositivi a distanza.