22 Maggio 2018

Le Sezioni Unite confermano il principio di equivalenza delle firme digitali nel processo civile telematico, ma escludono la sanatoria del difetto di procura nel giudizio di legittimità

di Andrea Ricuperati Scarica in PDF

Cass. civ., Sez. Un., 27 aprile 2018, n. 10266 – Primo Pres. Mammone – Rel. Cirillo

[1] Procedimento civile – Atto di parte – In forma di documento informatico – Firma digitale – CAdES – PadES – Validità – Equivalenza (Cod. proc. civ., artt. 83, 121 e 125; d.m. 21 febbraio 2011, n. 44, art. 18; provv. d.g.s.i.a. 16 aprile 2014, artt. 12, 13 e 19-bis)

[2] Giudizio di cassazione – Procura ad litem – Anteriorità rispetto alla sentenza impugnata – Inammissibilità del ricorso (Cod. proc. civ., artt. 83 e 365)

[3] Giudizio di cassazione – Procura ad litem – Nullità o difetto – Sanatoria Esclusione (Cod. proc. civ., artt. 83, 365 e 182)

[4] Procedimento civile – Termine di impugnazione – Notificazione di un primo mezzo di gravame – Termine breve per il notificante – Termine decorrente dalla notifica del primo gravame (Cod. proc. civ., artt. 325, 326, 327, 330, 358 e 387)

[5] Procedimento civile – Termini processuali – Sospensione nel periodo feriale – Opposizione agli atti esecutivi – Accertamento dell’obbligo del terzo pignorato – Inapplicabilità (l. 7 ottobre 1969, n. 742, art. 3; r.d. 30 gennaio 1941, n. 12, art. 92; cod. proc. civ., artt. 548 e 617)

[1] Nel procedimento civile gli atti di parte in forma di documento informatico ed i loro allegati possono essere sottoscritti con firma digitale di tipo CAdES o PAdES, le quali hanno entrambe piena validità ed efficacia anche nel giudizio di cassazione.

[2] È inammissibile il ricorso per cassazione proposto in virtù di procura generale rilasciata anteriormente alla sentenza impugnata.

[3] La norma che consente al giudice di assegnare alla parte un termine per sanare con effetti retroattivi il difetto od il vizio di invalidità della procura ad litem non trova applicazione nel processo dinanzi alla Corte di cassazione.

[4] La notificazione di una nuova impugnazione a cura della stessa parte, proposta anteriormente alla declaratoria di inammissibilità o improcedibilità del primo mezzo di gravame, è tempestiva se avvenuta entro la scadenza del termine breve di legge decorrente dalla data di notifica della prima impugnazione.

[5] I giudizi di opposizione agli atti esecutivi e quelli di accertamento dell’obbligo del terzo pignorato non sono soggetti alla sospensione feriale dei termini processuali

CASO

[1-2-3-4-5] La società Alfa proponeva in data 27 giugno 2016 un primo ricorso per cassazione avverso la sentenza del Tribunale ordinario di Palermo, che aveva respinto l’opposizione all’ordinanza del giudice dell’esecuzione di accoglimento delle contestazioni mosse dai creditori procedenti relativamente ai debiti del terzo pignorato nell’àmbito di un’espropriazione civile ex artt. 543 e ss. c.p.c..

Poiché il difensore firmatario di detto ricorso era munito di procura generale notarile rilasciata in epoca anteriore alla sentenza impugnata, il 19 settembre 2016 veniva notificato un secondo ricorso, sulla base di procura speciale ad litem.

Erano poi notificati alla ricorrente con modalità telematica (ai sensi dell’art. 3-bis della l. 21 gennaio 1994, n. 53) i rispettivi controricorsi ex art. 370 c.p.c. corredati della procura speciale e della relazione di notifica e trasmessi mediante posta elettronica certificata al difensore-procuratore destinatario in file separati aventi estensione PDF.

Veniva formulata proposta di decisione del procedimento in camera di consiglio ai sensi del primo comma dell’art. 380 bis c.p.c..

In sede di memoria depositata prima dell’adunanza non partecipativa, la ricorrente eccepiva l’irritualità di uno dei controricorsi avversari, per non essere i file allegati al messaggio di notifica confezionati in formato «p7m» e quindi – a dire della parte – privi di firma digitale.

SOLUZIONE

[1] La Corte di Cassazione ha affermato che:

  • ambedue i controricorsi, notificati a mezzo posta elettronica certificata (“PEC”), risultano versati nel fascicolo del giudizio di legittimità in copia analogica attestata conforme all’originale informatico, in tutte le sue componenti, dall’avvocato notificante (pubblico ufficiale a norma di legge);
  • controricorsi, procura speciale e relazione di notifica sono tutti muniti di firma digitale con struttura «PAdES» (acronimo di PDF Advanced Electronic Signature);
  • l’articolo 1 della Decisione di esecuzione (UE) 2015/1506 della Commissione dell’8 settembre 2015, contenente le specifiche tecniche relative ai formati delle firme elettroniche avanzate e dei sigilli avanzati da riconoscersi da parte degli organismi del settore pubblico ai sensi degli artt. 27, § 5, e 37, § 5, del Regolamento (UE) n. 910/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio in materia di identificazione elettronica e servizi fiduciari per le transazioni elettroniche nel mercato interno, contempla nel novero di tali firme quella PDF ed il relativo allegato elenca il profilo di base PAdES (al pari del CAdES, caratterizzato dall’estensione «p7m») tra quelli ammessi;
  • a livello nazionale, l’Agenzia per l’Italia digitale certifica l’equipollenza delle strutture PAdES e CAdES;
  • con riguardo al processo civile telematico (“PCT”), l’articolo 12, comma 2, del provvedimento del 16 aprile 2014, adottato dal responsabile per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia (“d.g.s.i.a.”) e recante le specifiche tecniche previste dall’articolo 34, comma 1, del decreto del Ministro della Giustizia in data 21 febbraio 2011 n. 44 (“regolamento PCT”), prevede in maniera espressa che «La struttura del documento firmato è PAdES-BES (o PAdES Part 3) o CAdES-BES; […] nel caso del formato CAdES il file generato si presenta con un’unica estensione p7m. […]»;
  • va allora negato che le disposizioni tecniche vigenti, pure in àmbito di Unione europea, comportino in via esclusiva l’uso della firma CAdES ed escludano quello della firma PAdES;
  • avuto specifico riferimento alle procure ad litem, esse risultano tutte rilasciate su supporto cartaceo separato e presenti in copia informatica (in formato PDF, nel rispetto del dettato dell’art. 19-bis del provvedimento d.g.s.i.a. 16.4.2014) autenticata con firma digitale (PAdES) del difensore (in ossequio al disposto del terzo comma dell’art. 83 c.p.c.) ed allegata al messaggio PEC attraverso il quale i rispettivi atti sono stati notificati (secondo le prescrizioni dell’art. 18, comma 1, del regolamento PCT).

[2] Il Supremo Collegio ha inoltre statuito che la procura a corredo del ricorso per cassazione va conferita in data successiva al deposito del provvedimento oggetto di gravame e deve essere specificamente riferita ad esso: donde la ritenuta, nella vicenda in esame, inammissibilità del primo ricorso (in quanto munito di procura generale ed anteriore alla pubblicazione della sentenza impugnata).

[3] È stata, poi, ritenuta inapplicabile al processo di legittimità – in quanto circoscritta ai gradi di merito, non esistendo per la fase di ultima istanza una norma di rinvio analoga all’art. 359 c.p.c. ed essendo detto processo governato dai princìpi di officiosità, celerità e massima concentrazione – la disposizione dell’art. 182, comma 2, c.p.c., che vincola il magistrato – a fronte (tra l’altro) dell’assenza della procura ad litem o di un vizio implicante la sua nullità – a concedere alla parte un termine per il rilascio o la rinnovazione di tale procura, con (in caso di ottemperanza) efficacia sanante ex tunc.

[4-5] Circa il secondo ricorso (assistito stavolta da idonea procura speciale), la Corte lo ha ritenuto tardivo, perché:

  • la notifica del primo ricorso dimostra che la parte a quella data aveva conoscenza legale della sentenza;
  • la nuova impugnazione – astrattamente ammissibile, se perfezionata anteriormente alla declaratoria di inammissibilità/improcedibilità della precedente – sarebbe dovuta intervenire prima dello spirare del cd. termine breve (60 giorni), decorrente dalla data (27.6.2016) di notifica del primo ricorso;
  • detto termine breve è scaduto il 26 agosto 2016, in quanto nel procedimento de quo – dalla Suprema Corte ricondotto al genus delle opposizioni endoesecutive – non si applica la sospensione feriale prevista dalla l. 7 ottobre 1969, n. 742, mentre la notifica del secondo ricorso ha avuto luogo il 19 settembre 2016.

QUESTIONI

[1] La sentenza in commento appare apprezzabile per il nitore con cui fuga i dubbi – invero palesemente privi di fondamento (cfr. Ricuperati, Atti processuali in formato elettronico senza estensione «p7m»: le Sezioni Unite chiamate a pronunciarsi sulla loro validità, 31.10.2017) – sollevati dall’ordinanza interlocutoria di rimessione n. 20672/2017 a proposito della piena validità ed efficacia della firma PAdES (cd. firma PDF) nell’àmbito del PCT, rimarcando come essa sia utilizzabile, in modo del tutto equipollente alla firma CAdES, anche per gli allegati (ad esempio la procura ad litem) redatti in formato PDF e da sottoscriversi digitalmente.

Ineccepibile si rivela, inoltre, il rilievo per cui – una volta compiute le formalità di attestazione di conformità imposte dalla legge – non si possono discutere la genuinità ed autenticità degli atti (ed eventuali documenti) muniti di firma PDF, che siano stati versati in un giudizio (ancora) analogico qual è quello dinanzi alla Corte di cassazione.

Invece, ad avviso di chi scrive, il Supremo Collegio – nel reputare assorbita la relativa questione – ha perso una buona occasione per individuare con valenza nomofilattica (a) la natura delle conseguenze (mera irregolarità, nullità o inesistenza giuridica) prodotte sugli atti processuali di parte dalla violazione delle norme primarie e (soprattutto) secondarie regolanti il PCT (si pensi, ad esempio, alle prescrizioni contenute nel d.m. n. 44/2011 e/o nel provv. d.g.s.i.a. 16.4.2014), nonché (b) i relativi ipotetici rimedi a siffatti vizi; permangono dunque le incertezze legate al silenzio del legislatore (limitatosi a prevedere la nullità delle notifiche telematiche per l’inosservanza delle disposizioni di cui alla l. 21 gennaio 1994, n. 53), con le annesse oscillazioni giurisprudenziali in materia (v. ad esempio le opposte risposte fornite da Cass. civ., Sez. VI – 1, ord., 14 marzo 2017, n. 6518 e Cass. civ., Sez. VI – 3, ord., 8.6.2017, n. 14338 nell’ipotesi di atto processuale privo di firma digitale).

[2] Sul fatto che la procura a corredo del ricorso per cassazione debba – a pena di inammissibilità dell’impugnativa – essere speciale (dovendo esprimere la volontà di attribuire al difensore il potere di rappresentanza per impugnare dinanzi alla Corte uno specifico provvedimento, dopo la pronunzia di quest’ultimo), la giurisprudenza è pacifica; ai precedenti citati nella sentenza in commento si aggiunga, tra i più recenti, Cass. civ., Sez. Un., 26 febbraio 2016, n. 3799, resa in relazione ad un controricorso).

[3] Il tema della incompatibilità dell’art. 182 c.p.c. col processo di cassazione consta essere stato trattato già da Cass. civ., Sez. III, ord. 19 gennaio 2018, n. 1255, la quale era giunta allo stesso assunto delle Sezioni Unite sulla base di un percorso argomentativo non del tutto coincidente, avendo negato la possibilità della sanatoria non tanto alla luce dell’inesistenza di una norma di rinvio analoga a quella valevole per il grado di appello, quanto per l’ontologica diversità delle sanzioni – inammissibilità nel giudizio di cassazione, nullità in quelli dei gradi di merito – derivanti in capo all’atto introduttivo dal vizio/mancanza della procura.

[4] Circa il principio secondo cui la notificazione dell’impugnazione inammissibile o improcedibile è equipollente alla notificazione della sentenza, sicché da essa decorre il cd. termine breve di gravame pure laddove la sentenza non sia stata notificata, le Sezioni Unite confermano l’opinione dalle medesime manifestata ancora di recente (Cass. civ., Sez. Un., sent., 13 giugno 2016, n. 12084), in consapevole contrasto con la dottrina quasi unanime (cfr. G. Chiovenda, S. Pugliatti, C. Punzi): la notifica del gravame «innesca una dinamica processuale che fa trascendere il processo in un’orbita impugnatoria, dalla quale non può regredire per rientrare in una fase di stasi meditativa» e dunque impone a tutte le parti del procedimento una celere e completa presa di posizione concretantesi nell’acquiescenza o meno al provvedimento censurato con l’atto affetto dal vizio (non ancora accertato dall’autorità giudicante) di improcedibilità/inammissibilità.

[5] Costituisce ormai diritto vivente – la cui legittimità costituzionale è stata sancita dalla Consulta con la sentenza 20 luglo 2016, n. 191 – l’interpretazione estensiva della locuzione «cause di opposizione all’esecuzione», contemplata sub art. 92, comma 1, del r.d. 30 gennaio 1941, n. 12 (norma richiamata dal combinato disposto degli artt. 1 e 3 della l. 7 ottobre 1969, n. 742, per definire il novero dei procedimenti civili nei quali non si applica la sospensione feriale ivi sancita); in base a tale esegesi la locuzione va riferita «a tutti i giudizi oppositivi (all’esecuzione, agli atti esecutivi, di terzo all’esecuzione), proposti sia prima che dopo l’inizio della procedura esecutiva» (Cass. civ., Sez. III, ord. 13 marzo 2018, n. 6028), nonché a quelli di accertamento dell’obbligo del terzo pignorato nell’àmbito delle espropriazioni forzate ex art. 549 c.p.c. (Cass. civ., Sez. VI-2, ord. 18 settembre 2017, n. 21568). L’inoperatività della sospensione feriale, in quanto afferente alla natura della lite, informa l’intero svolgimento del processo oppositivo, in ogni sua fase e grado.