30 Maggio 2017

L’aliud pro alio nella vendita fallimentare

di Mattia Polizzi Scarica in PDF

Trib. Como, 17 marzo 2017; G.D. Petronzi.

Fallimento – Vendita forzata – Vizi – Aliud pro alio – Configurabilità – Limiti – Fattispecie (Cod. proc. civ., art. 617; legge fallimentare, art. 36; cod. civ., art. 2922)

[1] L’istituto dell’aliud pro alio trova applicazione anche nel caso di vendita forzata di un bene nel corso di una procedura fallimentare, ma con presupposti più stringenti rispetto al caso di vendita negoziale, e va ravvisato soltanto quando la cosa oggetto della vendita forzata abbia carenze tali da renderla del tutto inidonea ad assolvere alla funzione economico-sociale, quale risultante dagli atti del procedimento.

CASO

[1] Con ricorso presentato ai sensi dell’art. 617 c.p.c., l’aggiudicatario di un compendio immobiliare chiede che venga dichiarata la nullità o, in ogni caso, la inefficacia dell’aggiudicazione, evidenziandone numerosi profili di presunta illegittimità.

Il ricorrente denuncia in primo luogo l’inserimento nel provvedimento impugnato di beni fisicamente ubicati in luogo differente rispetto a quello ove è sita la maggior parte del lotto.

Inoltre, l’aggiudicatario afferma – sulla base di una perizia di parte – la insussistenza all’interno del capannone industriale, principale oggetto dell’aggiudicazione, degli impianti tecnologici invece indicati come esistenti nella perizia che era stata redatta per conto degli Organi della procedura.

Infine, viene denunziata la carenza, nell’avviso di vendita, dell’indicazione del nominativo e del recapito telefonico del custode, con conseguente violazione dell’art. 570 c.p.c..

In considerazione di tali ragioni il ricorrente afferma che si sia verificata una ipotesi di vendita di aliud pro alio.

SOLUZIONE

[1] Preliminarmente, il Giudice delegato – considerata la natura del procedimento – qualifica il gravame come ricorso ex art. 36 l. fall., trattandosi di procedura fallimentare e non esecutiva (correggendo così la prospettazione effettuata dall’aggiudicatario, in termini di ricorso ex art. 617 c.p.c.).

Ciò posto, il Tribunale di Como rileva come il ricorso sia stato proposto oltre il termine di decadenza – di otto giorni – fissato dall’art. 36 cit. e pertanto sia tardivo.

Il Tribunale esamina pure il merito delle domande dell’aggiudicatario e le rigetta.

Secondo il Tribunale, in applicazione di un solido orientamento della giurisprudenza della Corte di Cassazione, l’aliud pro alio nell’ambito della vendita forzata può essere sì riconosciuto, ma solo a determinate e stringenti condizioni, non sussistenti nel caso di specie.

Per ciò che attiene i tre motivi di opposizione, il Tribunale rileva innanzitutto che l’avviso di vendita indicava correttamente la posizione dei beni; in secondo luogo, la eventuale asportazione di impianti tecnologici non può valere a fondare l’ipotesi di aliud pro alio, proprio in virtù dell’orientamento restrittivo della Suprema Corte (sul quale cfr. infra); infine, la asserita assenza nell’avviso di vendita del nominativo e dei contatti del custode non avrebbe impedito – nei fatti – all’aggiudicatario di contattare il custode medesimo, come desumibile da alcune dichiarazioni rese a verbale dal ricorrente medesimo.

QUESTIONI

[1] Il provvedimento in commento rappresenta un’interessante applicazione nel procedimento fallimentare delle coordinate ermeneutiche tracciate dalla Cassazione in tema di aliud pro alio nelle vendite forzate.

Preliminarmente giova ricordare che le disposizioni di cui agli artt. 2919 e ss. c.c., dettate con riferimento alla vendita coattiva al termine del procedimento di esecuzione forzata, trovano applicazione anche con riguardo agli effetti sostanziali della vendita fallimentare, sulla scorta delle comune appartenenza delle due species al genus delle vendite coattive (così, ad es., Cass., sez. I, 7 giugno 1999, n. 5550).

Per ciò che più da vicino interessa il tema trattato, viene in rilievo la regola dettato dall’art. 2922 c.c., in forza del quale nella vendita forzata non opera la garanzia per i vizi della cosa di cui all’art. 1490 c.c.; la disposizione citata, secondo la giurisprudenza, deve essere intesa nel senso della esclusione altresì della disciplina ex art. 1497 c.c. in tema di responsabilità per mancanza di qualità della cosa venduta (cfr. Cass., sez. I, 9 ottobre 1998, n. 10015).

Con tale esclusione, ad opinione della dottrina, il legislatore avrebbe espresso il favor per la stabilità della vendita forzata, a detrimento delle esigenze di tutela dell’aggiudicatario.

Tuttavia, la esclusione della garanzia per vizi (e la sottesa esigenza di tutela di stabilità) non trova applicazione nell’ipotesi di c.d. vendita di aliud pro alio: tale evenienza si verifica nel caso in cui venga consegnato all’acquirente un bene del tutto diverso da quello oggetto della convenzione di vendita (sul tema si v., senza pretesa di esaustività Chinè G., Fratini M., Zoppini A., Manuale di diritto civile, Roma, pp. 1569 e ss.; Gazzoni F., Manuale di diritto privato, Napoli, 2015, p. 1109).

Detta ipotesi deve essere tenuta distinta sia dalla presenza di vizi redibitori sia dall’ipotesi di carenza di qualità promesse, con riferimento alle quali, si è detto, trova applicazione il disposto di cui all’art. 2922 c.c.: nel primo caso si tratta di imperfezioni materiali del bene, tali da incidere sul suo utilizzo o sul valore; la seconda ipotesi si verifica, invece, in caso di mancanza di qualità essenziali o promesse.

Oltre alle menzionate divergenze strutturali – invero non sempre, nei fatti, facilmente saggiabili – differenti sono le conseguenze sul negozio: in caso di aliud pro alio saranno esperibili gli ordinari rimedi contrattuali, mentre nelle altre ipotesi verranno in rilievo gli strumenti di cui al Capo I, Titolo III, Libro IV del codice civile, che regola la vendita.

Come anticipato, la giurisprudenza di legittimità in diverse occasioni ha affermato che l’istituto dell’aliud pro alio, pur nel silenzio della legge, trova applicazione anche nella vendita coattiva (cfr. Cass., sez. I, 5 febbraio 2016, n. 2313; Cass., sez. III, 29 gennaio 2016, n. 1669; Cass., sez. III, 2 aprile 2014, n. 7708; Cass., sez. II, 19 dicembre 2013, n. 28419; Cass., sez. III, 11 ottobre 2013, n. 23140; Trib. Bari, sez. I, 19 marzo 2012, n. 991, in Giur. merito, 2012, VI, pp. 1315 e ss.; Cass., sez. I, 14 ottobre 2010, n. 21249; Cass., sez. II, 3 ottobre 1991, n. 10320).

La menzionata esigenza di stabilità cede il passo al favore della tutela dell’aggiudicatario, in ragione della gravità e dell’estensione dirompente del “vizio”.

Tuttavia, la medesima giurisprudenza, pur riconoscendo la configurabilità dell’aliud pro alio nelle procedure di vendita forzata, ne ricostruisce in termini di estremo rigore i limiti, riducendone notevolmente la portata operativa.

Emblematica, sul punto, una recente pronuncia della Corte di Cassazione, la citata sent. 1669/2016.

I giudici di legittimità partono da due presupposti: da un lato, la differenza ontologica e strutturale della vendita forzata rispetto a quella negoziale; dall’altro, la assenza di disciplina positiva ed il conseguente carattere “meramente interpretativo del fondamento dell’estensione” dell’aliud pro alio alle vendite forzose.

Da ciò deve discende, secondo Corte, la necessità di un atteggiamento assolutamente prudenziale (quasi di extrema ratio) quanto all’operatività dell’istituto: sicché, la nullità del decreto di trasferimento per aliud pro alio potrà ritenersi sussistente solo “in ipotesi di radicale o sostanziale diversità della cosa oggetto di vendita” nonché quando, anche in un momento successivo al trasferimento, la cosa oggetto della vendita forzata risulti “del tutto inidonea, nella considerazione economico-sociale, ad assolvere la funzione propria della cosa, quale risultante dagli atti del procedimento” così determinando un mutamento radicale della situazione di fatto che aveva determinato l’aggiudicatario a formulare la propria offerta.

Di questi principi ha fatto coerente applicazione il Tribunale di Como.

Per approfondire il tema, anche in punto di conseguenze di diritto sostanziale, si v., tra i molti ed autorevoli contributi in letteratura, Pisu A., Vendita fallimentare e tutela esperibile in caso di aliud pro alio datum, in Responsabilità civile e previdenza, 2011, VII-VIII, pp. 1575 e ss.; Valerio F., La revoca del requisito di agibilità dell’immobile non determina la nullità del decreto di trasferimento, in Diritto & Giustizia, 2016, VII, pp. 7 e ss..