31 Ottobre 2023

La responsabilità del condominio in caso di malfunzionamento degli impianti condominiali

di Saverio Luppino, Avvocato Scarica in PDF

Cassazione civile, sez. VI – 2, Ordinanza 5.7.2017 n. 16608, Presidente F. Manna, Estensore A. Scarpa

«Il singolo condomino non è titolare, nei confronti del condominio, di un diritto di natura sinallagmatica relativo al buon funzionamento degli impianti condominiali, che possa essere esercitato mediante un’azione di condanna della stessa gestione condominiale all’adempimento corretto della relativa prestazione contrattuale, trovando causa l’uso dell’impianto che ciascun partecipante vanta nel rapporto di comproprietà delineato negli artt. 1117 e ss. c.c. Ne consegue che il condomino non ha azione per richiedere la messa a norma dell’impianto medesimo, potendo al più avanzare, verso il condominio, una pretesa risarcitoria nel caso di colpevole omissione nella sua riparazione o adeguamento».

CASO

Tizio conveniva in giudizio, in qualità di condomino, il Condominio X avanti il Tribunale di Palermo poiché a seguito dei lavori di adeguamento dell’impianto elettrico condominiale alla normativa comunitaria, eseguiti in modo non conforme alla stessa, si erano verificate nella sua unità immobiliare di proprietà esclusiva continue interruzioni della fornitura di energia elettrica, come anche malfunzionamenti in altre unità dello stesso stabile e nell’impianto elettrico della luce scale. Da tali continui black out e variazioni di tensione elettrica Tizio sosteneva di aver ricevuto danni per il guasto di alcuni elettrodomestici (frigorifero e della lavatrice), per una somma pari ad Euro 10.000,00. Pertanto, Tizio chiedeva che il Condominio adeguasse a norma l’impianto elettrico di cui per l’appunto lamentava il malfunzionamento a causa dei lavori di messa a norma, nonché a risarcire i danni materiali e non patrimoniali subiti.

Nella contumacia del Condominio, il Tribunale accoglieva la domanda risarcitoria proposta da Tizio, accertando i malfunzionamenti dell’impianto elettrico riconosceva a suo favore a titolo di risarcimento dei danni la somma  di Euro 5.000,00 ordinando al Condominio di compiere i lavori necessari per l’adeguamento dell’impianto a norma.

Il Condominio impugnava la sentenza del giudice di prime cure, trovando il pieno accoglimento da parte della Corte d’Appello, la quale, pertanto, rigettava tutte le domande proposte da Tizio in primo grado.

 La pronuncia della Corte di Palermo, nonostante le CTU espletate nei due gradi di giudizio avessero accertato che l’impianto elettrico condominiale non fosse in regola rispetto alle normative tecniche, negava l’esistenza di un nesso causale tra il cattivo funzionamento dell’impianto condominiale e quello pertinente la proprietà esclusiva di Tizio, come anche tra i difetti dell’impianto comune ed i danni subiti dall’attore.

Tizio, conseguentemente, proponeva ricorso per Cassazione avverso la sentenza della Corte d’Appello sulla base di quattro motivi.

SOLUZIONE

La Corte di Cassazione accoglieva solamente il quarto motivo di ricorso relativo alla violazione dell’articolo 91 c.p.c., avendo la Corte di Palermo posto a carico di Tizio anche le spese processuali e gli onorari di difesa sostenuti in primo grado dal Condominio, il quale era invece rimasto contumace davanti al Tribunale, poiché questi, non avendo espletato alcuna attività processuale, non ha sopportato spese di cui abbia diritto al rimborso.

I primi tre motivi venivano, invece, rigettati, cassando così la sentenza impugnata limitatamente al motivo accolto e annullando la condanna di Tizio a rimborsare al Condominio le spese liquidate relative al primo grado di giudizio. La Corte infine compensava tra le parti le spese sostenute nel giudizio di cassazione.

QUESTIONI

La controversia oggetto della sentenza in commento verte sulla questione della responsabilità del Condominio derivante da un malfunzionamento degli impianti condominiali.

Tizio, invero, con il primo motivo oggetto del ricorso lamentava la violazione dell’art. 112 c.p.c. e dell’art 1117 c.c., non essendosi la Corte d’Appello pronunciata sulla domanda di condanna del Condominio al ripristino ed alla messa a norma dell’impianto elettrico condominiale.

Come noto, ai sensi dell’art. 1117, comma 3, c.c. sono oggetto di proprietà comune dei proprietari delle singole unità immobiliari dell’edificio, tra le altre cose, i sistemi centralizzati di distribuzione e di trasmissione per l’energia elettrica.

In tal senso, i Giudici di Piazza Cavour affermano come «l’articolo 1117 c.c., n. 3, delimita chiaramente quale sia l’estensione dell’impianto condominiale di distribuzione e trasmissione dell’energia elettrica e quale, sia quindi, il suo “confine” rispetto all’inizio degli impianti rientranti nelle proprietà esclusive delle rispettive unità immobiliari, avendo riguardo al “punto di diramazione ai locali di proprietà individuale dei singoli condomini”. Sicché una responsabilità del condominio per i danni cagionati dal cattivo funzionamento dell’impianto elettrico si limita a quella parte del sistema che sia posto prima delle diramazioni negli appartamenti, rimanendo i singoli condomini tenuti alla manutenzione degli impianti interni».

Sul punto il Supremo Collegio risulta granitico, giacché, in un caso relativo a delle infiltrazioni causate dalla rottura della chiave di stacco dell’acqua sita nella cucina dell’appartamento sovrastante di proprietà esclusiva di un condomino, i giudici di legittimità hanno ritenuto che la presunzione di proprietà comune dell’impianto idrico di un immobile condominiale, ex art. 1117, comma 3, c.c., non può estendersi a quella parte dell’impianto ricompresa nell’appartamento dei singoli condomini, cioè nella sfera di proprietà esclusiva di questi e, di conseguenza, nemmeno alle diramazioni che, innestandosi nel tratto di proprietà esclusiva, anche se questo sia allacciato a quello comune, servono ad addurre acqua negli appartamenti degli altri proprietari[1].

Nel caso di specie, essendo la rottura della chiave di stacco dell’impianto idrico avvenuta nella cucina dell’appartamento in proprietà esclusiva recando pregiudizio ad un altro condomino sottostante, i danni sono stati posti in capo al primo e non al Condominio.

Delimitate, pertanto, le proprietà comuni e le proprietà esclusive dei singoli condomini, gli Ermellini sono fermi nel sostenere come il singolo condomino non sia, in ogni caso, titolare verso il Condominio di un diritto di natura sinallagmatica relativo al buon funzionamento degli impianti condominiali, che possa essere esercitato mediante un’azione di condanna della stessa gestione condominiale all’adempimento corretto della relativa prestazione contrattuale, trovando causa l’uso dell’impianto che ciascun partecipante vanta nel rapporto di comproprietà ai sensi degli artt. 1117 e ss. c.c..

Tale pronuncia della Suprema Corte risulta conforme a due precedenti sentenze[2] in cui i giudici di legittimità, anche in questi casi, reputavano la mancanza da parte del singolo condomino della titolarità verso il condominio di un diritto di natura sinallagmatica, atteso che il pagamento degli oneri relativi trova causa nella disciplina del condominio e non in un rapporto di natura contrattuale. Ne consegue che lo stesso non può sottrarsi al pagamento delle spese relative all’impianto comune eccependo la mancata o inadeguata erogazione del servizio, potendo, invece, avanzare verso il Condominio una pretesa risarcitoria nel caso di colpevole omissione dello stesso nel provvedere alla riparazione o all’adeguamento dell’impianto.

Conseguentemente, in capo al Condominio non sussiste alcun obbligo di facere in tal senso e il condomino non ha azione per richiedere la condanna del condominio consistente nella messa a norma dell’impianto comune. Tuttavia, lo stesso potrà avanzare verso il Condominio una pretesa risarcitoria nel caso di colpevole omissione dello stesso nel provvedere alla riparazione o all’adeguamento dell’impianto o utilizzare, qualora se ne ravvisi l’opportunità, altri strumenti di tutela come le impugnazioni delle deliberazioni assembleari (art. 1137 c.c.), il ricorso contro i provvedimenti dell’amministratore (1133 c.c.), la domanda di revoca giudiziale dell’amministratore (art. 1129, comma 11, c.c.), ovvero il ricorso all’autorità giudiziaria in caso di inerzia nell’adozione dei provvedimenti necessari (art. 1105, comma 4, c.c.).

Peraltro, nell’esame del ricorso la corte riteneva non sindacare il secondo motivo attinente le censure del ricorrente sulle valutazioni della CTU, in quanto in sede di legittimità, tali giudizi non rientrano nella competenza della cassazione, che non può riesaminare il fatto storico già oggetto di valutazione del giudice di merito.

Alla luce di quanto sopra esposto, pertanto, la Cassazione rigettava tale motivo di ricorso ritenendolo manifestamente infondato, giacché Tizio non poteva vantare alcuna pretesa circa la condanna del Condominio alla riparazione e alla messa in regola dell’impianto elettrico.

[1] Cfr. Cass. Civ., Sez. II, Sent. 26.10.2018 n. 27248.

[2] Cass. Civ., Sez. II, Sent. 31.5.2006 n. 12956 e Cass. Civ., Sez. II, Sent. 15.12.1993 n. 2420.

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