7 Novembre 2023

La diligenza del buon padre di famiglia nell’utilizzo della cosa locata

di Saverio Luppino, Avvocato Scarica in PDF

Cassazione civile, sez. III, Ordinanza del 15.4.2022, Presidente D. Sestini, Estensore F. M. Cirillo

Massima: “In materia di locazione, il conduttore risulta sempre obbligato ad osservare, nell’utilizzo della cosa locata, la diligenza del buon padre di famiglia, ai sensi dell’art. 1587 n. 1 c.c., con il conseguente divieto di effettuare innovazioni che ne modifichino la destinazione e la natura, indipendentemente dall’obbligo, ex art. 1590 c.c., di restituire al termine del rapporto la cosa locata nello stesso stato in cui essa è stata consegnata, sicché il locatore ha diritto di esigere in ogni tempo l’osservanza dell’obbligazione di cui al citato art. 1587 n. 1 c.c. e di agire nei confronti del conduttore inadempiente”.

CASO

Tizio ricorreva al Tribunale di Foggia, Sezione specializzata agraria, contro Caio chiedendo la risoluzione del contratto di affitto tra di essi stipulato per grave inadempimento del convenuto con condanna dello stesso al rilascio del terreno e al risarcimento dei danni subiti.

In particolare, Tizio lamentava la demolizione, effettuata da Caio, di una parte del muro a secco di recinzione e parte dei muri a secco di contenimento, lo sradicamento di dieci alberi d’ulivo dovuto ai mezzi meccanici utilizzati per l’asportazione, nonché l’ostruzione dei solchi naturali di scorrimento delle acque piovane.

Il Tribunale dichiarava la risoluzione del contratto per colpa del conduttore, condannando lo stesso al risarcimento dei danni e alle spese di lite.

Caio impugnava la sentenza del giudice di prime cure e la Corte d’Appello di Bari accoglieva il gravame presentato, rigettando interamente le domande di Tizio e condannando questi al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio.

La Corte pugliese basava il proprio giudizio anche sulla sentenza di archiviazione del procedimento penale, che contestualmente si era aperto a seguito di una denuncia da parte di Tizio, nella quale il giudice precisava come dagli elementi emersi in sede civile non vi fosse “certezza in ordine alla attribuibilità del danneggiamento dei muretti e della sottrazione di pietrame e di alberelli di ulivo” in capo a Caio.

Il giudice di seconde cure riteneva, infatti, che dagli atti non risultasse quale fosse l’effettivo stato dei luoghi al momento della stipulazione del contratto, così come non poteva desumersi dalle piantine catastali l’esistenza e la precisa collocazione dei muri a secco. Ugualmente, la testimonianza escussa in primo grado di giudizio, dalla quale era emerso che il teste aveva all’epoca visto tracce di pietrame lungo il confine e segni di mezzi meccanici, non consentiva di affermare con certezza che tali elementi fossero conseguenza di attività svolte dal conduttore.

Contro tale pronuncia della Corte d’Appello, Sempronio, erede di Tizio, proponeva ricorso in Cassazione, fondato su quattro motivi; Caio non svolgeva alcuna attività difensiva.

SOLUZIONE

La Corte di Cassazione accoglieva il ricorso e rinviava alla Corte d’appello di Bari, in diversa composizione, affinché procedesse ad un nuovo giudizio tenendo conto dei principi di diritto suindicati e valutando se sussistano o meno gli estremi per la risoluzione del contratto di affitto per inadempimento del conduttore.

QUESTIONI

Con il primo motivo di ricorso Tizio lamentava la violazione e falsa applicazione degli artt. 1588, 1590, comma 2, e 1177 c.c. in relazione ad un errata ripartizione dell’onere probatorio. In particolare, il ricorrente sosteneva che i danni derivanti dalla distruzione dei muretti a secco, dall’asportazione degli alberi e dall’ostruzione dei solchi di deflusso delle acque sarebbero stati accertati dall’istruttoria compiuta in primo grado. Ciò posto, la sentenza in esame avrebbe violato l’art. 1590, comma 2, c.c. poiché il buono stato di manutenzione della cosa locata si deve ritenere presunto, nonché gli artt. 1588 e 1177 c.c. in riferimento agli obblighi di custodia gravanti sul conduttore.

Con la seconda doglianza si rappresentava la violazione e falsa applicazione dell’art. 1587 c.c. e dell’art. 1590 c.c., comma 2, in relazione al rigetto della domanda risarcitoria del proprietario senza considerare che le citate norme pongono in capo al conduttore l’obbligo di usare la cosa locata con la dovuta diligenza, con conseguente diritto del locatore di esigere in ogni momento quella diligenza e di agire contro l’inadempimento.

Con il terzo motivo di ricorso Tizio asseriva la violazione e falsa applicazione degli articoli 2697, 2727 e 2729 c.c., nonché degli articoli 115 e 116 c.p.c., per avere la Corte pugliese rigettato la propria domanda risarcitoria senza fare corretto uso della prova per presunzioni. Il ricorrente, nello specifico, analizzava che dall’istruttoria sarebbe emerso che i muretti a secco erano stati danneggiati e che in prossimità degli stessi vi erano tracce di passaggio di mezzi meccanici e autocarri. Facendo, pertanto, un uso corretto della prova presuntiva, la Corte di merito avrebbe dovuto accogliere la domanda risarcitoria.

La quarta ed ultima censura rilevava la violazione e falsa applicazione degli artt. 1453 e 1455 c.c., L. 3 maggio 1982, n. 203, art. 5, in relazione all’art. 1588 c.c. e articolo 1590 c.c., comma 2, per non aver la Corte pugliese pronunciato la risoluzione del contratto per il deterioramento della cosa locata, il quale costituisce un inadempimento tale da comportare la risoluzione del contratto da parte del locatore.

La Corte di Cassazione decideva di trattare congiuntamente i quattro motivi di ricorso, benché differenti, in quanto tra loro strettamente connessi.

La Corte afferma, coerentemente alla precedente giurisprudenza di legittimità,  che, in relazione al combinato disposto dell’art. 1587 e dell’art. 1590, comma 2, c.c., l’obbligo del conduttore di osservare, nell’uso della cosa locata, la diligenza del buon padre di famiglia con il conseguente divieto di effettuare innovazioni che ne mutino la destinazione e la natura, è sempre operante nel corso della locazione, indipendentemente dall’altro obbligo, sancito dall’art. 1590 c.c., di restituire, al termine del rapporto, la cosa locata nello stesso stato in cui è stata consegnata.

Secondo gli Ermellini, infatti, in tema di risarcimento del danno per l’inadempimento o l’inesatto adempimento dell’obbligo del conduttore, previsto dall’art. 1590 c.c., di restituire la cosa locata nel medesimo stato in cui l’aveva ricevuta (salvo deterioramento o il consumo risultante dall’uso della stessa in conformità del contratto, relativamente ai criteri di riparto dell’onere della prova), incombe sul locatore fornire la prova del fatto costitutivo del vantato diritto, e cioè del deterioramento intervenuto tra il momento della consegna e quello della restituzione dell’immobile, mentre sul conduttore grava l’onere di dimostrare il fatto impeditivo della sua responsabilità, e cioè che il deterioramento si sia verificato per uso conforme al contratto o per fatto a lui non imputabile[1].

La Cassazione ha sostenuto ad ogni modo che la presunzione di cui all’art. 1590 c.c., comma 2, c.c., secondo la quale in mancanza di descrizione delle condizioni dell’immobile alla data della consegna, si presume che il conduttore abbia ricevuto la cosa in buono stato locativo, può essere vinta solo attraverso una prova rigorosa[2].

Oltretutto, l’obbligazione di restituzione dell’immobile locato gravante sul conduttore, ai sensi dell’art. 1590 c.c., deve considerarsi inadempiuta secondo i giudici di Piazza Cavour ogni qualvolta il locatore non ne riacquisti la competa disponibilità, così da poterne fare uso secondo la sua destinazione.

Pertanto, stando a quanto stabilito dalla Suprema Corte, a nulla rileva la circostanza per cui il locatore torni formalmente in possesso dell’immobile (indifferentemente che tale immissione nel possesso avvenga coattivamente o spontaneamente mediante consegna dell’immobile da parte conduttore) se lo stesso risulti inutilizzabile in quanto occupato da oggetti del conduttore che ne ostacolino la fruizione da parte del locatore. Di conseguenza, la mancata rimozione dall’immobile dei beni del conduttore produce una responsabilità in capo a quest’ultimo ai sensi dell’art. 1591 c.c. In aggiunta, risulta irrilevante che tali beni siano di proprietà di un terzo se il conduttore vanti su di essi un diritto godimento o un qualunque titolo giuridico che attribuisca allo stesso il potere di disporne materialmente[3].

Da tale circostanza discende che “anche se il rapporto locatizio viene risolto – sia contrattualmente, sia giudizialmente – l’obbligo del conduttore di corrispondere il corrispettivo convenuto, ai sensi dell’articolo 1591 c.c., non richiede la sua costituzione in mora e continua fino al momento dell’effettiva riconsegna, che può avvenire mediante formale restituzione dell’immobile al proprietario ovvero con il rilascio dello stesso in condizioni tali da essere per quello disponibile. Conseguentemente va esclusa l’avvenuta restituzione e permane l’obbligo del conduttore di pagare il corrispettivo qualora nei locali già tenuti in fitto vi siano ancora dei mobili appartenenti al conduttore[4].

Orbene, laddove il conduttore abbia arrecato gravi danni all’immobile locato o abbia compiuto innovazioni e miglioramenti non consentiti, tali da rendere necessario, per l’esecuzione delle opere di ripristino, l’esborso di somme di notevole entità, in base all’economia del contratto e tenuto comunque conto delle condizioni delle parti, il locatore può legittimamente rifiutare di ricevere in restituzione il bene locato, non essendo cessati gli effetti sostanziali del rapporto di locazione.

 Il conduttore, in mora, agli effetti dell’art. 1220 c.c., rimane tenuto altresì al pagamento del canone ex art. 1591 c.c., quand’anche abbia smesso di servirsi dell’immobile, a meno che non si accerti un comportamento colposo del locatore, ai sensi dell’art. 1227 c.c., il quale avrebbe potuto, senza lo svolgimento di un’attività gravosa e straordinaria, provvedere a rimuovere i danni o le difformità dell’immobile locato[5].

Ad ogni modo, l’attuazione di tale prassi non risulta automatica ma differisce a seconda del caso concreto.

Il locatore, infatti, non potrà rifiutare la riconsegna ma potrà soltanto pretendere il risarcimento del danno cagionato all’immobile, tra cui le spese necessarie per la rimessione in pristino e per la mancata percezione del reddito nel periodo occorrente a tali lavori, nel caso in cui il deterioramento dipenda da inadempimento del conduttore all’obbligo di provvedere alle riparazioni di piccola manutenzione, ai sensi dell’art. 1576 c.c.[6].

Potrà, invece, rifiutare la consegna del bene locato nell’ipotesi in cui il conduttore non abbia adempiuto all’obbligo contrattuale di provvedere alle riparazioni eccedenti l’ordinaria manutenzione o abbia apportato trasformazioni o innovazioni senza il consenso del locatore.

[1] Cass. civ., Ord. n. 6387/2018

[2] Cass. civ., Sent. n. 15361/2016

[3] Cass. civ., Ord. n. 20146/2018

[4] Cass. civ., Sent. n. 8675/2017, come già Cass. civ, Sent. n. 2452/1982

[5] Cass. civ., Sent, n. 27932/2022

[6]Cass. Civ., Sent. n. 5600/2004

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