21 Dicembre 2021

L’interesse economico di un esercizio commerciale alla visibilità soccombe rispetto al “diritto collettivo” di manutenzione e messa in sicurezza dell’immobile a preservazione del decoro e degrado urbano

di Saverio Luppino, Avvocato

TAR Lombardia, Sezione 1, Sentenza del 15 ottobre 2021 n. 2244. Presidente Giordano, Consigliere Estensore Gatti

“L’occupazione del suolo pubblico può essere vietata per motivi di interesse generale, per contrasto con disposizioni di legge o regolamento, nonché per eventuali prescrizioni, a tutela del decoro, della viabilità, della sicurezza e pertanto, a tutela di interessi pubblicistici. Gli interessi economici soggettivi dell’esercizio commerciale, sito contiguamente ad un immobile sul quale si  eseguono lavori di ristrutturazione, si configurano come recessivi a fronte del diritto collettivo all’esecuzione dei lavori necessari alla manutenzione e messa in sicurezza di tale immobile, tenuta altresì in considerazione la durata limitata e circoscritta della loro compressione”.

CASO

Una società che gestiva un bar ristorante ubicato nell’area della Darsena in Milano, ricorreva al TAR Lombardia contro il Comune di Milano, nonché nei confronti del Condominio, al fine di ottenere l’annullamento della concessione per l’occupazione temporanea del suolo pubblico rilasciata dal Comune di Milano in favore del Condominio e di tutti gli atti ad esso presupposti e conseguenti. La ricorrente chiedeva altresì la declaratoria dell’interesse al ripristino dei luoghi nello stato anteriore alla concessione illegittimamente emessa e la condanna del Comune al risarcimento del danno dalla stessa subito.

Con il provvedimento impugnato, il Comune infatti accoglieva la domanda di occupazione del suolo pubblico per la collocazione di un ponteggio, ai fini dello svolgimento dei lavori di manutenzione ordinaria delle facciate e di rifacimento del manto di copertura del Condominio ubicato contiguamente all’esercizio gestito dalla ricorrente. L’occupazione del suolo pubblico e la collocazione dei ponteggi si protraevano per la durata di circa sei mesi.

Il Condominio ed il Comune di Milano si costituivano in giudizio, insistendo per il rigetto del ricorso. Con ordinanza il TAR respingeva la domanda cautelare.

Nelle more del giudizio, il Condominio ultimava i lavori di manutenzione ed alla scadenza prevista rimuoveva i ponteggi. Successivamente il Comune rilasciava in favore della ricorrente una concessione per l’occupazione suolo pubblico per tavoli, sedie, fioriere e faretti, nell’area oggetto del provvedimento impugnato nel presente giudizio.

Con ricorso ex art. 702 bis c.p.c., la ricorrente adiva il Condominio ed il Comune davanti il Tribunale Civile di Milano, chiedendo il risarcimento dei danni subiti. Il predetto Tribunale ordinario, ritenuta la pregiudizialità del giudizio ex art. 295 c.p.c., con ordinanza ne dichiarava la sospensione, fino alla definizione della controversia pendente al T.A.R.

SOLUZIONE

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia pronunciava definitivamente sul ricorso, respingendolo. Condannava la società ricorrente al pagamento delle spese, in ossequio al criterio della soccombenza.

QUESTIONI

Tramite l’analisi dei motivi di ricorso, verranno in questa sede poste in rilievo le principali questioni che emergono dalla sentenza presa in esame.

Con il primo motivo, l’istante deduceva la violazione dell’art. 7 L. n. 241/90, per aver il Comune omesso di comunicare l’avvio del procedimento amministrativo, e dell’art. 3 L. n. 241/1990, per non essere il provvedimento impugnato adeguatamente motivato.

Il T.A.R. tuttavia osservava in proposito – come correttamente già rimarcato dalla difesa comunale – che il Regolamento Edilizio del Comune impone uno specifico obbligo di manutenzione a carico dei proprietari degli immobili, stabilendo all’articolo 11, che essi “hanno l’obbligo di mantenere le costruzioni in condizioni di agibilità, di decoro, di idoneità igienica e di sicurezza socio-ambientale, assicurando tutti i necessari interventi”. Il successivo articolo 12 dispone il “recupero urbano, la riqualificazione sociale e funzionale delle aree e/o degli edifici, sono valori di interesse pubblico da tutelare mediante attività a difesa della qualità urbana, del decoro e dell’incolumità pubblica”, dovendo a tal fine “provvedere alla custodia, alla manutenzione e al decoro degli stessi, anche al fine di evitare fenomeni di degrado urbano, occupazioni abusive, nonché situazioni di pericolo per l’ordine pubblico, l’integrità fisica della popolazione e la sicurezza urbana”.

Con riferimento al caso di specie, al momento di emissione del provvedimento impugnato, lo stato di forte degrado in cui si trovava il Condominio, che la società ricorrente peraltro neanche negava, rendeva necessario l’avvio dei lavori di manutenzione, quale preciso e specifico dovere della compagine condominiale, in ottemperanza alle disposizioni normative in epigrafe.

Il TA.R. ha osservato come, conformemente al consolidato insegnamento della Suprema Corte di Cassazione, l’occupazione di suolo pubblico possa essere vietata per motivi di interesse generale, per contrasto con disposizioni di legge o regolamento, nonché per eventuali prescrizioni, a tutela del decoro, della viabilità, della sicurezza (Cass. Civ. Sez. V, 5.7.2017 n. 3285) e pertanto, a tutela di interessi pubblicistici, nel caso concreto correttamente tutelati dal provvedimento impugnato.

La società istante sosteneva inoltre che l’atto oggetto di impugnazione avrebbe dovuto salvaguardare il “diritto di affaccio”, evitando l’oscuramento del locale.

Il T.A.R. rilevava in tal senso che la ricorrente si era basata sull’erronea assunzione per la quale la disposizione che fa salvi i diritti dei terzi sarebbe stata una “mera clausola di stile”.

In realtà, proseguiva il Giudice amministrativo, per giurisprudenza pacifica, l’esistenza di un’autorizzazione che faccia salvi i diritti dei terzi, esplica i suoi effetti solo nel rapporto tra la pubblica amministrazione ed il richiedente, essendo invece priva di rilevanza tra privati, suscettibili ad essere tutelati mediante il ricorso ai rimedi civilistici, con la proposizione di un’azione risarcitoria, o la riduzione in pristino (Cass. Civ. Sez. II, sentenza del 25.9.2013, n. 21947; in senso conforme, Cass. Civ. Sez. II, sentenza del 6.2.2009 n. 3031).

La stessa ricorrente asseriva poi che il Condominio l’avesse danneggiata e avesse al contempo tratto un vantaggio economico dallo sfruttamento a fini pubblicitari degli spazi occupati dai ponteggi: ciò atteneva tuttavia all’eventuale lesione di un suo diritto soggettivo, esulando conseguentemente dalla giurisdizione del giudice amministrativo, in favore di quello ordinario.

Con il secondo mezzo di impugnazione, la ricorrente lamentava il difetto di istruttoria, per non avere l’Amministrazione procedente operato alcuna valutazione dei suoi interessi presenti sull’area oggetto del provvedimento impugnato.

Il T.A.R. riteneva anche tale motivo infondato, essendo gli interessi commerciali della ricorrente recessivi a fronte di quello collettivo all’esecuzione dei lavori necessari alla manutenzione e messa in sicurezza di un immobile, considerata peraltro la temporaneità della loro compressione.

L’istante deduceva altresì la disparità di trattamento rispetto ad altre situazioni del tutto simili ovvero quelle degli esercizi commerciali adiacenti prospicienti la pubblica via, la cui visibilità non sarebbe stata pregiudicata dall’Amministrazione procedente. Il T.A.R. reputava tale doglianza inammissibile in quanto generica, considerata la diversità delle fattispecie allegate dall’istante rispetto a quelle oggetto del giudizio de quo.

Infine, con l’ultimo motivo di impugnazione, la ricorrente lamentava la violazione dell’art 12 comma 3 del Regolamento del Comune di Milano, secondo cui, “in caso di più domande aventi ad oggetto l’occupazione della medesima area, se non diversamente disposto da altre norme specifiche, costituiscono condizione di priorità, oltre alla data di presentazione della domanda, la maggior rispondenza all’interesse pubblico, o il minor sacrificio imposto alla collettività”, avendo la stessa presentato al Comune di Milano una richiesta di occupazione di suolo pubblico, al fine di esercitare la propria attività di ristorazione. Anche tale ultimo motivo non veniva ritenuto meritevole di accoglimento dal Giudice amministrativo, il quale argomentava che, secondo lo stesso art. 12 citato da parte ricorrente, la priorità veniva attribuita alle richieste in ragione della “maggior rispondenza all’interesse pubblico” dell’occupazione, e non solo pertanto alla loro data di presentazione. Veniva quindi rimarcato ancora una volta che gli interessi collettivi alla messa in sicurezza e al mantenimento del decoro degli immobili, prevalgono su quelli commerciali della ricorrente, peraltro solo parzialmente compressi e per un periodo di tempo circoscritto.

Appaiono condivisili tutte le argomentazioni addotte dal TAR a sostegno del rigetto del ricorso, così come di interesse appare il pervicace accanimento processuale della ricorrente, anche nell’interposizione di altro giudizio ordinario – procedimento sommario di cognizione ex articolo 702 bis cpc – poi sospeso dal giudice civile, sino alla conclusione del processo amministrativo ed in ossequio al disposto dell’articolo 295 cpc, anch’esso correttamente applicato alla fattispecie.

Centro Studi Forense - Euroconference consiglia

Diritto immobiliare e real estate