11 Ottobre 2016

Indennizzo ex legge Pinto: la CEDU boccia i formalismi diretti a eluderlo

di Giovanni Anania Scarica in PDF

Corte europea dei diritti dell’uomo, Sez. I, sent. 25 febbraio 2016 – Olivieri ed altri c. Italia

Indennizzo ex l. Pinto – mancata presentazione dell’istanza di prelievo – diritto all’equa riparazione per l’irragionevole durata dei processi ai sensi dell’art. 6 CEDU – sussiste

La presentazione dell’istanza di prelievo, prevista dall’art. 71 comma 2 del codice del processo amministrativo, non costituisce un rimedio effettivo ai sensi dell’art. 13 CEDU idoneo a garantire, o quantomeno a favorire, l’accelerazione dei processi. Ne consegue che il diritto all’equa riparazione per l’irragionevole durata dei processi ai sensi dell’art. 6 della Convenzione Europea dei Diritti dell’uomo – e dunque secondo la L. 89/2001 – non può essere negato sulla base della mancata presentazione dell’istanza de qua.

CASO

Il caso sottoposto al vaglio dei giudici di Strasburgo riguardava quattro richieste di indennizzo ex legge Pinto presentate da altrettanti pubblici impiegati alle dipendenze del Comune di Benevento che, prima della devoluzione al giudice ordinario di tutte le controversie inerenti ai rapporti di lavoro di pubblico impiego ex d. lgs. 29 ottobre 1998, n. 387 e s.m.i  (d.Lgs. n. 29/1993 e 63 d.lgs 165/2001), avevano adito il Tar Campania per ottenere il pagamento di asserite differenze retributive. Sia il Tar Campania che, nelle successive fasi di impugnazione, la Corte di Appello di Napoli e la Suprema Corte, malgrado l’abnorme durata del processo (oltre 18 anni), dichiaravano irricevibili/inammissibili i ricorsi perché, nelle more del giudizio amministrativo, i ricorrenti non avevano chiesto di anticipare l’udienza presentando l’istanza di prelievo. I ricorrenti ricorrevano al Corte europea dei diritti dell’uomo, lamentando la violazione dell’articolo 6 della CEDU.

SOLUZIONE

La Corte ha dato ragione ai lavoratori, osservando che l’istanza di prelievo non offre alcuna effettiva garanzia alle parti che il processo si svolga in tempi ragionevoli. Le nostre statistiche giudiziarie, infatti, dimostrano, secondo i giudici europei, che l’anticipazione dell’udienza richiesta con l’istanza di prelievo, dipende, ed è subordinata (soprattutto nei tempi) alle superiori esigenze di ogni ufficio giudiziario.

Rebus sic stantibus, la mancata proposizione dell’istanza di prelievo non costituisce comportamento dilatorio, imputabile alla parte, ostativo alla liquidazione dell’indennizzo per irragionevole durata del processo.

Anzi, con la presente pronuncia la Corte europea dei diritti dell’uomo coglie l’occasione per “bacchettare” il nostro legislatore, sottolineando come condizionare la proponibilità della domanda di indennizzo ex legge Pinto alla presentazione dell’istanza di prelievo, così come prevede l’art. 54 comma 2 del d.l. n.112/2008, vale, addirittura, ad ostacolare il diritto all’equa riparazione dovuta alle parti che restano impantanate nella palude giudiziaria, e che il nostro ordinamento, in realtà, non mette a disposizione alcuno strumento efficace per accelerare la fine del processo.

Queste, in sintesi, le motivazioni e le conclusioni della decisione in esame, che in accoglimento dei separati ricorsi nn. 17708/12, 17717/12, 17729/12, 22994/12, poi riuniti, ha accordato, a ciascun ricorrente, un indennizzo pari ad € 22.000.

La presente decisione non è priva di precedenti, in quanto anche i rimedi compensativi e preventivi previsti dall’ordinamento belga contro l’irragionevole durata dei processi sono stati ritenuti non effettivi dalla Corte europea diritti dell’uomo (Sez. II, 28 ottobre 2014, Panju c. Belgio, in Dir. Pen. Proc., 2014, 11, 1384).

QUESTIONI

La presente sentenza nel caso Olivieri ed altri c. Italia, probabilmente non resterà priva di ricadute sull’assetto appena disegnato dal legislatore italiano con la L. n. 208 del 28.12.2015 (legge di stabilità 2016).

La nuova disciplina, ispirata ad evidenti finalità di contenimento della spesa pubblica (paradossalmente imposte, almeno in parte, della stessa Unione Europea) prevede che il mancato esperimento di alcuni rimedi preventivi quali, in particolare, l’introduzione del giudizio nelle forme del procedimento sommario di cognizione di cui agli artt. 702 bis e segg. c.p.c. e l’istanza di decisione a seguito di trattazione orale ex art. 281 sexies c.p.c.  sbarra la strada alla domanda di equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole del processo. Nel processo amministrativo tali rimedi preventivi alla violazione del diritto alla ragionevole durata del processo si racchiudono nell’istanza di prelievo, con la quale la parte segnala al Presidente l’urgenza del ricorso, appena delegittimata dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, con argomentazioni (in particolare, dove i giudici europei ritengono illegittimo ostacolare l’accesso ai procedimenti “ex legge Pinto”, chiaramente tranne che nei casi di comportamenti dilatori delle parti) che sembrano agevolmente replicabili anche con riferimento ai nuovi rimedi preventivi escogitati dal legislatore della recente novella.

Facile prevedere, a questo punto, che un’ondata di nuovi ricorsi investirà la Corte europea.

D’altro canto, può qui aggiungersi infine, che condizionare la richiesta di indennizzo in caso di irragionevole durata del processo all’adozione di una determinata strategia processuale sembra anche difficilmente compatibile con l’art. 24 della Costituzione, laddove scolpisce il principio dell’inviolabilità del diritto di difesa.

In letteratura, cfr. Negri, Stabilità 2016: modifiche alla L. n. 89/2001, c.d. Legge Pinto, in Il Corriere Giuridico n. 1/2016; Angioi Raimondi, La ragionevole durata del processo in Europa. Genesi, effetti e sviluppi della legge Pinto, Editoriale Scientifica, 2012, Salvato, La disciplina dell’equa riparazione per irragionevole durata del processo nella morsa della Corte di Strasburgo e delle specificità del nostro ordinamento, in Corr. giur., 2012, 993 ss.