21 Luglio 2020

È inammissibile e integra un’ipotesi di abuso del processo il regolamento di competenza avverso un provvedimento cautelare ante causam, inidoneo a consolidare la competenza ai fini del successivo giudizio di merito

di Silvia Romanò, Dottoranda in Scienze giuridiche europee e internazionali presso l'Università degli Studi di Verona Scarica in PDF

Cassazione civile, Sez. 6 – 3, Ordinanza 24 giugno 2020, n. 12403. Pres. Frasca, Estensore D’Arrigo

Procedimenti cautelari – Provvedimenti d’urgenza – Competenza – Mancata contestazione in sede cautelare – Conseguenze – Consolidamento della competenza anche ai fini del giudizio di merito – Esclusione – Fondamento.

Procedimenti cautelari – Regolamento di competenza – inammissibilità – Lite temeraria – Difetto di normale diligenza e di sforzi argomentativi – Abuso del processo ex art. 96, comma 3, c.p.c.

L’omessa rilevazione dell’incompetenza (derogabile od inderogabile) da parte del giudice nel procedimento cautelare ante causam non determina il definitivo consolidamento della competenza in capo all’ufficio adìto anche ai fini del successivo giudizio di merito, non operando nel giudizio cautelare il regime delle preclusioni relativo alle eccezioni e al rilievo d’ufficio dell’incompetenza, stabilito dall’art. 38 cod. proc. civ., in quanto applicabile esclusivamente al giudizio a cognizione piena. Ne consegue che il giudizio di merito instaurato all’esito della fase cautelare ante causam, può essere validamente instaurato davanti al giudice competente, ancorché diverso da quello della cautela.

Sussistono i presupposti per condannare parte ricorrente d’ufficio al pagamento in favore della controparte – ai sensi dell’art. 96, comma terzo, cod. proc. civ. – di una somma, equitativamente determinata nella misura indicata in dispositivo in base al valore della controversia, in quanto essa ha agito in giudizio senza adoperare la normale diligenza e comunque senza compiere alcun apprezzabile sforzo interpretativo, deduttivo o argomentativo per sostenere la tesi proposta, in presenza di un risalente e consolidato orientamento della Cassazione di segno opposto.

CASO

Alfa S.r.l. e Tizio ricorrevano ex art. 700 c.p.c. dinanzi al Tribunale di Napoli Nord, chiedendo la cancellazione di Tizio dall’archivio della Centrale d’Allarme Interbancaria (d’ora in avanti: CAI), archivio al quale era stato segnalato dalla Banca Beta, oltre alla riduzione dell’iscrizione ipotecaria effettuata da quest’ultima.

Banca Beta, costituitasi in giudizio, eccepiva l’incompetenza territoriale del Tribunale napoletano, in quanto tutti i contratti da cui traeva origine il debito inadempiuto – che avevano comportato la segnalazione alla CAI – contenevano una clausola che assegnava la competenza esclusiva per ogni controversia al foro di Venezia.

Il Tribunale, respinta l’eccezione preliminare di incompetenza, accoglieva in parte la domanda cautelare.

Banca Beta ha proposto ricorso per regolamento di competenza. Alfa S.r.l. e Tizio hanno depositato memorie difensive ex art. 47, ultimo comma, c.p.c. Banca Beta ha depositato memorie.

SOLUZIONE

È inammissibile e integra un’ipotesi di lite temeraria la proposizione del regolamento di competenza con cui parte ricorrente eccepisca l’incompetenza del giudice adito in via cautelare: la Corte di cassazione, confermando un proprio orientamento, ribadisce che l’omessa rilevazione dell’incompetenza da parte del giudice o la mancata proposizione della relativa eccezione a opera delle parti nel procedimento cautelare ante causam non determina il definitivo consolidamento della competenza in capo al giudice adìto anche ai fini del successivo giudizio di merito. Non opera, infatti, nel giudizio cautelare il regime delle preclusioni stabilito dall’art. 38 c.p.c., riferibile esclusivamente al giudizio a cognizione piena. Ne consegue che il giudizio proposto ex artt. 669-octies e novies c.p.c. può essere validamente instaurato davanti al giudice effettivamente competente, ancorché diverso da quello della cautela.

QUESTIONI

La questione principale verte sulla proponibilità o meno del regolamento di competenza per giudizi cautelari. La Corte di cassazione dichiara inammissibile il regolamento per due ragioni: la prima è da ritenersi insita nella natura dei provvedimenti cautelari, inidonei a dare luogo a regolamento di competenza, in quanto provvisori e privi di carattere decisorio; la seconda, invece, risulta dal fatto che l’eventuale decisione sul regolamento di competenza sarebbe priva del requisito della definitività per via del peculiare regime giuridico del procedimento cautelare nel quale va a inserirsi (cfr. anche Cass. Sez. Un. Ord. 29 luglio 2013, n. 18189; Cass. Sez. Un. Ord. 9 luglio 2009, n. 16091).

La Corte di cassazione continua poi ribadendo l’insegnamento per cui l’omessa rilevazione dell’incompetenza (derogabile o inderogabile) da parte del giudice adito nel procedimento cautelare ante causam non determina il definitivo consolidamento della competenza in capo a tale autorità giurisdizionale anche ai fini del futuro giudizio di merito, dal momento che non opera, in sede cautelare, il regime delle preclusioni di cui all’art. 38 c.p.c.

L’art. 38 c.p.c. individua, invero, un regime processuale delle varie ipotesi di incompetenza –d’ufficio o su eccezione di parte – che la Suprema Corte ha già affermato in passato (v. Cass. Ord. 3 febbraio 2010, n. 2505) essere applicabile al solo giudizio a cognizione piena, non operando nel giudizio cautelare le preclusioni relative alle eccezioni e al rilievo d’ufficio dell’incompetenza stabilite dalla norma indicata.

Ne consegue che il giudizio di merito instaurato all’esito della fase cautelare ante causam, può essere validamente instaurato davanti al giudice competente, quand’anche questo fosse diverso da quello adito per la tutela d’emergenza, strategia processuale che, anzi, la Corte di cassazione afferma costituire la corretta modalità per dedurre, in un giudizio a cognizione piena, la questione della competenza territoriale.

Da ciò deriva l’inammissibilità del ricorso e, inoltre, la condanna della parte ricorrente ai sensi dell’art. 96, comma 3, c.p.c., al pagamento di una somma equitativamente determinata nell’importo indicato nel dispositivo in base al valore della controversia, in quanto, riprendendo testualmente la sentenza, «essa ha agito in giudizio senza adoperare la normale diligenza e comunque senza compiere alcun apprezzabile sforzo interpretativo, deduttivo o argomentativo per sostenere la tesi proposta, in presenza di un risalente e consolidato orientamento di questa Corte di segno opposto».

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