5 Novembre 2024

Il decreto ingiuntivo è opponibile alla massa dei creditori, soltanto se l’opposizione è stata rigettata o dichiarata estinta con provvedimento passato in giudicato prima del fallimento

di Paolo Cagliari, Avvocato Scarica in PDF

Cass. civ., sez. I, 5 agosto 2024, n. 22125 – Pres. Cristiano – Rel. Vella

Fallimento – Decreto ingiuntivo – Opposizione del debitore poi fallito – Rigetto o estinzione – Opponibilità alla massa fallimentare – Condizioni

Massima: “Il decreto ingiuntivo che sia stato opposto dal debitore poi fallito è opponibile alla massa dei creditori, a condizione che la sentenza di rigetto dell’opposizione o l’ordinanza di estinzione sia divenuta non più impugnabile – per decorso del relativo termine – prima della dichiarazione di fallimento [ora di apertura della liquidazione giudiziale], restando irrilevante che con i detti provvedimenti sia stata o meno dichiarata l’esecutorietà del decreto monitorio ai sensi dell’art. 653 c.p.c., ovvero che sia stato pronunciato, prima dell’apertura del concorso tra i creditori, il decreto di esecutività di cui all’art. 654 c.p.c.”

CASO

Una banca otteneva un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo, in forza del quale iscriveva ipoteca su un’immobile di proprietà della società debitrice, che successivamente lo alienava a un’altra società.

Il giudizio di opposizione avverso il decreto ingiuntivo era interrotto a seguito della dichiarazione di fallimento della società debitrice e riassunto dai soli fideiussori, pure loro destinatari dell’ingiunzione: il Tribunale di Pordenone, definendo l’opposizione, condannava i fideiussori, mentre dichiarava estinto il giudizio nei confronti della fallita. Sebbene la sentenza fosse stata emessa nel 2014, poco prima che fosse dichiarato il fallimento (anche) della società che aveva acquistato l’immobile ipotecato, il decreto ingiuntivo veniva dichiarato definitivamente esecutivo, ai sensi dell’art. 654 c.p.c., solamente nel 2017.

La domanda della banca di partecipare alla distribuzione del ricavato dalla vendita del bene su cui aveva iscritto ipoteca veniva respinta dal giudice delegato, che reputava non opponibile il decreto ingiuntivo in quanto divenuto definitivamente esecutivo, con la pronuncia del decreto di cui all’art. 654 c.p.c., solo dopo la dichiarazione di fallimento della società proprietaria dell’immobile.

L’opposizione proposta dalla banca avverso il provvedimento del giudice delegato era respinta con decreto, che veniva impugnato mediante ricorso per cassazione.

SOLUZIONE

[1] La Corte di cassazione ha accolto il ricorso, affermando che è opponibile al fallimento il decreto ingiuntivo divenuto definitivo per effetto dell’estinzione del giudizio di opposizione intervenuta e dichiarata prima del fallimento, indipendentemente dal fatto che il decreto che gli conferisce l’esecutività ai sensi dell’art. 654 c.p.c. sia stato pronunciato in un momento successivo, dal momento che ciò non influisce sulla formazione del giudicato formale e sostanziale.

QUESTIONI

[1] Le problematiche che si incontrano nell’ambito dell’accertamento del passivo del fallimento (ora liquidazione giudiziale) attengono spesso e volentieri all’opponibilità alla massa dei creditori del titolo fatto valere da chi chiede di potere partecipare al concorso.

Ciò si verifica, in particolare, quando si tratti di un decreto ingiuntivo, che, per il particolare procedimento di formazione – essenzialmente unilaterale e a contraddittorio differito – che lo caratterizza, sconta un altrettanto peculiare regime di opponibilità: la regola generale, infatti, vuole che possa ammettersi al passivo il credito portato dal provvedimento monitorio quando questo sia divenuto ovvero dichiarato definitivo prima del fallimento del debitore, associandosi a tale definitività l’effetto preclusivo, quanto all’accertamento del credito, ricollegabile alla formazione del giudicato formale e sostanziale.

Per questo motivo, quando il decreto ingiuntivo – pure munito della clausola di provvisoria esecuzione fin dalla sua pronuncia, ai sensi dell’art. 642 c.p.c. – non sia stato fatto oggetto di opposizione, il creditore ha interesse a chiedere che ne venga dichiarata l’esecutorietà ai sensi dell’art. 647 c.p.c., onde provocare la cristallizzazione della propria pretesa e poterla insinuare al passivo senza che sia consentito al curatore formulare rilievi in punto di opponibilità.

La regola in questione, tuttavia, dev’essere declinata in funzione delle modalità attraverso le quali il decreto ingiuntivo viene ad assumere efficacia di accertamento preclusiva di ogni successiva contestazione ed è proprio su questo aspetto che si concentra l’ordinanza che si annota.

Nel caso di specie, il curatore aveva eccepito che il decreto ingiuntivo era stato dichiarato definitivamente esecutivo, a seguito del rigetto dell’opposizione avverso di esso proposta, diversi anni dopo la dichiarazione di fallimento della società debitrice e di quella che aveva acquistato la proprietà dell’immobile su cui, in forza della provvisoria esecutività del provvedimento monitorio, era stata iscritta ipoteca.

La Corte di cassazione ha disatteso questa impostazione, affermando che il decreto ingiuntivo che sia stato opposto dal debitore poi fallito è opponibile alla massa fallimentare quando la sentenza di rigetto dell’opposizione o l’ordinanza di estinzione del relativo giudizio siano divenute inoppugnabili – per decorso del relativo termine – prima della dichiarazione di fallimento.

È questo, dunque, l’elemento o il riferimento temporale al quale bisogna avere riguardo per stabilire l’opponibilità o meno del titolo alla curatela, mentre non assume rilievo il fatto che con i suddetti provvedimenti sia stata dichiarata l’esecutorietà del decreto ingiuntivo ai sensi dell’art. 653 c.p.c., ovvero che sia stato pronunciato, prima della dichiarazione di fallimento, il decreto di esecutività di cui all’art. 654 c.p.c.

In considerazione di ciò, occorre distinguere due ipotesi, a seconda che il decreto ingiuntivo sia stato opposto oppure no.

In quest’ultimo caso, ossia in assenza di opposizione, il decreto ingiuntivo acquista efficacia di giudicato formale e sostanziale solo nel momento in cui il giudice, dopo averne controllato la rituale notificazione e averne accertato il perfezionamento, lo dichiara esecutivo ai sensi dell’art. 647 c.p.c., all’esito di quella che va qualificata come vera e propria attività giurisdizionale di verifica della regolare instaurazione del contraddittorio (seppure nella forma attenuata e sui generis propria del procedimento monitorio, dovendosi rammentare che l’art. 643 c.p.c. fa coincidere proprio con la notificazione del decreto ingiuntivo, unitamente al ricorso, la pendenza della lite), cui non può surrogarsi quella del giudice delegato in sede di accertamento del passivo. Di conseguenza, il decreto ingiuntivo che non sia stato munito, prima della dichiarazione di fallimento, del decreto di esecutorietà, non può considerarsi passato in giudicato e non è opponibile al fallimento, neppure se il decreto di cui all’art. 647 c.p.c. sia stato successivamente emesso, visto che, intervenuto il fallimento, ogni credito va accertato nel concorso dei creditori ai sensi dell’art. 52 l.fall. (ora art. 151 CCII).

Nel primo caso, invece, cioè quando il destinatario dell’ingiunzione abbia proposto opposizione, occorre fare riferimento al combinato disposto degli artt. 653 (a norma del quale l’estinzione del giudizio di opposizione produce un effetto conservativo dell’efficacia esecutiva di cui fosse già stato munito il provvedimento monitorio ai sensi degli artt. 642 o 648 c.p.c., ovvero un effetto acquisitivo di tale efficacia, ove non ne fosse ancora munito) e 308 c.p.c. (a mente del quale – ma solo relativamente ai giudizi riservati alla cognizione del collegio – contro l’ordinanza che dichiara l’estinzione del giudizio è ammesso reclamo): da esso si ricava che la dichiarazione di estinzione del giudizio di opposizione conferisce efficacia esecutiva al decreto ingiuntivo opposto dopo che sono scaduti i termini per impugnarla (mediante appello, in caso di giudizio riservato alla cognizione del giudice monocratico).

Pertanto, all’inoppugnabilità del provvedimento di estinzione del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo si associa l’acquisizione, da parte di quest’ultimo, non solo dell’esecutività, ma pure dell’efficacia di giudicato sostanziale: in quanto il giudizio di opposizione si sia già estinto nel momento in cui è stato dichiarato il fallimento dell’opponente e, a quella data, sia già decorso il termine per impugnare il provvedimento che tale estinzione ha dichiarato, si viene così a costituire un titolo inoppugnabile per l’ammissione al passivo.

In senso contrario, non rileva il fatto che l’esecutorietà del decreto ingiuntivo sia stata eventualmente dichiarata, con il decreto previsto dall’art. 654 c.p.c., una volta che sia già intervenuto il fallimento del debitore, visto che essa ha carattere meramente ricognitivo e dichiarativo di un fenomeno già verificatosi, in relazione alla funzione svolta ai fini della formazione del titolo esecutivo.

D’altra parte, è lo stesso tenore letterale dell’art. 654 c.p.c. – che prevede la pronuncia del suddetto decreto di esecutività in via del tutto eventuale, solo quando non sia stata in precedenza dichiarata l’esecutorietà del decreto monitorio (con la sentenza di rigetto dell’opposizione o con l’ordinanza di estinzione del relativo giudizio) e allorché lo stesso non ne fosse già munito (ai sensi degli artt. 642 e 648 c.p.c.) – a escludere che il visto del giudice costituisca requisito indefettibile per la formazione della cosa giudicata in senso formale e sostanziale. Ne è ulteriore riprova il fatto che il decreto previsto dall’art. 654 c.p.c. può intervenire anche soltanto a seguito della pronuncia della sentenza di rigetto dell’opposizione di primo grado provvisoriamente esecutiva, ancora suscettibile di essere integralmente riformata: un tanto dimostra che, a differenza del decreto ex art. 647 c.p.c., esso non costituisce presupposto indefettibile per agire in revocazione ai sensi dell’art. 656 c.p.c. (avvalendosi dello strumento di cui all’art. 404, comma 2, c.p.c., che, come affermato da Cass. civ., sez. I, 16 settembre 2024, n. 24753, rappresenta l’unico strumento che ha a disposizione l’avente causa o il creditore di una delle parti che voglia sottrarsi all’efficacia del decreto ingiuntivo esecutivo ex art. 647 c.p.c., allegando la collusione tra le parti a suo danno, che non può essere utilmente spesa dal terzo in via incidentale o in via di semplice eccezione per difendersi nel corso di un successivo processo, ovvero dalla curatela nell’ambito del giudizio di verifica del credito fondato su titolo divenuto irrevocabile).

Da ultimo, va precisato che l’accoglimento dell’opposizione determina la revoca del decreto ingiuntivo, che non rivive qualora la sentenza di accoglimento venga riformata; pertanto, qualora, successivamente alla revoca, il giudizio di opposizione si estingua, non trova applicazione l’art. 653 c.p.c., secondo cui all’estinzione si associa l’acquisto dell’efficacia esecutiva da parte del decreto ingiuntivo che non ne fosse già munito, ma l’art. 310, comma 2, c.p.c. (a mente del quale l’estinzione rende inefficaci gli atti compiuti), ovvero l’art. 393 c.p.c. (secondo cui la mancata riassunzione del processo determina l’estinzione dell’intero procedimento e, quindi, anche l’inefficacia del decreto ingiuntivo opposto), qualora l’estinzione si verifichi in sede di rinvio, a seguito della cassazione della sentenza che abbia accolto l’opposizione (Cass. civ., sez. I, 16 agosto 2024, n. 22874).

Nel caso di specie, dunque, il giudice delegato aveva errato nell’escludere dal concorso la banca che chiesto di partecipare alla distribuzione del ricavato dalla vendita dell’immobile su cui aveva iscritto ipoteca in forza di un decreto ingiuntivo divenuto definitivo in virtù della sentenza che, dopo il fallimento della società debitrice principale ma prima che venisse dichiarata fallita quella divenuta nel frattempo proprietaria dell’immobile ipotecato, aveva dichiarato l’estinzione del giudizio di opposizione al provvedimento monitorio, essendo irrilevante il momento in cui quest’ultimo, in forza del decreto pronunciato ai sensi dell’art. 654 c.p.c., era stato munito (anche) dell’esecutività.

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