14 Gennaio 2020

Il curatore fallimentare è legittimato a chiedere la revoca del sequestro preventivo a fini di confisca e ad impugnare i provvedimenti cautelari reali

di Chiara Zamboni, Assegnista di ricerca presso l’Università degli Studi di Ferrara Scarica in PDF

Cass. Pen., sez. un., 16 novembre 2019, n. 45936

Parole chiave

Curatore fallimentare – Legittimazione attiva – Sequestro preventivo – Impugnazione misure cautelari reali – Dichiarazione fallimento – Disponibilità beni fallimentari

Massima

Il curatore fallimentare è legittimato a domandare la revoca del sequestro preventivo finalizzato alla confisca e ad impugnare i provvedimenti in materia cautelare reale. Tale legittimazione deriva dal combinato disposto dell’art. 322-bis c.p.p., che individua i soggetti legittimati a chiedere la revoca del sequestro preventivo, e dell’art. 42 L.F., secondo il quale dalla dichiarazione di fallimento la disponibilità dei beni del fallito, esistenti alla dichiarazione di fallimento, si trasferisce agli organi della procedura fallimentare. 

Riferimenti normativi

Art. 322 c.p.p.; Art. 322-bis c.p.p.; Art. 618 comma 1-bis c.p.p.; Art. 42 L.F; Art. 43 L.F.; Art. 320 Cod. Crisi d’impresa.

Caso

Successivamente alla presentazione della domanda di ammissione al concordato preventivo da parte della società Alfa s.r.l., le somme giacenti sul conto corrente della società venivano sottoposte a sequestro preventivo, finalizzato alla confisca, per il reato di omesso versamento dell’imposta sul valore aggiunto, ex art. 12-bis d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74. In seguito alla convalida del sequestro, è stato dichiarato il fallimento della società Alfa s.r.l. Il curatore fallimentare ha proposto istanza di dissequestro delle somme di denaro oggetto di sequestro preventivo, l’istanza è stata rigettata dal Giudice per le indagini preliminari che ne ha dichiarato l’inammissibilità per carenza di legittimazione. Il Fallimento Alfa s.r.l. ricorreva in appello avverso l’ordinanza di inammissibilità pronunciata dal Giudice per le indagini preliminari, tuttavia anche il ricorso in appello aveva esito negativo. Il Fallimento Alfa s.r.l. ha impugnato così, dinanzi la Suprema Corte, l’ordinanza di rigetto dell’appello.

Con ordinanza pronunciata ai sensi dell’art. 618, comma 1-bis, c.p.p., la Terza Sezione penale ha chiesto alle Sezioni Unite di pronunciarsi in merito alla legittimazione del curatore fallimentare ad impugnare i provvedimenti relativi a sequestri preventivi disposti prima della dichiarazione di fallimento, ritenendola una questione preliminare.

Soluzione

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con riferimento alla legittimazione del curatore fallimentare ad impugnare i provvedimenti di sequestro preventivo e le misure cautelari reali disposte su beni che compongono il compendio fallimentare, hanno enunciato il seguente principio di diritto: “il curatore fallimentare è legittimato a chiedere la revoca del sequestro preventivo a fini di confisca e ad impugnare i provvedimenti in materia cautelare reale”.

Questioni

La questione sottoposta all’attenzione della Sezioni Unite riguarda la legittimazione del curatore fallimentare ad impugnare i provvedimenti in tema di sequestro preventivo finalizzato alla confisca e di misure cautelari reali disposti sui beni fallimentari.

Trattandosi di una remissione alle Sezioni Unite ex art. 618 comma 1-bis c.p.p. per la revisione di un principio di diritto precedentemente formulato da queste ultime, le Sezioni Unite, prima di esaminare il quesito posto, hanno ripercorso i precedenti giurisprudenziali per individuarne la validità e la portata.

La pronuncia cardine in materia è la sentenza Sez. Un.  25 settembre 2014, n. 11170/2015 in cui le Sezioni Unite hanno affermato la carenza di legittimazione del curatore fallimentare a proporre impugnazione avverso il provvedimento di sequestro preventivo finalizzato alla confisca dei beni della società fallita adottato ex art. 19 d.lgs. 231/2001. Tra gli argomenti a sostegno della ricostruzione offerti dalle Sezioni Unite vi è, anzitutto, la mancanza di titolarità di diritti sui beni oggetto della procedura concorsuale del curatore fallimentare e, in secondo luogo, dei creditori da cui deriva l’impossibilità di vantare titoli restitutori. Ciò in ragione del fatto che la dichiarazione di fallimento non comporta il trasferimento dei diritti di proprietà dei beni che costituiscono il compendio fallimentare. Il principio affermato dalle Sezioni Unite nel 2014, fondato su ragioni di carattere sistematico, è allora stato ritenuto applicabile anche con riferimento a misure cautelari reali che esulano dalle ipotesi di responsabilità degli enti ex d.lgs. 231/2001.

Successivamente si è affermato un secondo orientamento giurisprudenziale che ha distinto la legittimazione del curatore fallimentare a seconda che il sequestro sia intervenuto prima o dopo la dichiarazione di fallimento (Cass. Pen., Sez. III, 12 luglio 2016, n. 42469). Secondo tale ricostruzione, la legittimazione deriva dall’effettiva disponibilità dei beni. Pertanto, nel caso in cui la dichiarazione di fallimento sia successiva rispetto al provvedimento di sequestro, il curatore non sarebbe legittimato ad impugnare i provvedimenti non avendo mai avuto la disponibilità degli stessi. A contrario, la dichiarazione di fallimento fa sorgere un potere di fatto della curatela sui beni appartenenti alla massa fallimentare da cui deriva la legittimazione a domandare la revoca o ad impugnare il provvedimento cautelare.

Così, ricostruiti gli orientamenti, le Sezioni Unite prendono in considerazione il principio di consecuzione tra le procedure fallimentari per valutare se sia possibile retrodatare gli effetti della dichiarazione di fallimento della Alfa s.r.l. al momento della proposizione della domanda di ammissione al concordato preventivo. In caso di risposta affermativa, il sequestro sarebbe successivo rispetto alla costituzione di un potere di fatto del curatore sui beni fallimentari. Il principio di consecuzione è stato elaborato dalla giurisprudenza civilistica e trova la propria fonte normativa nell’art. 69-bis, comma 2, L.F. che prevede che i termini per l’individuazione degli atti dispositivi soggetti a revocatoria decorrano dalla data di pubblicazione della domanda di concordato nel registro delle imprese, anteriore rispetto alla dichiarazione di fallimento. La norma ed il principio sono dettati con riferimento alla sola individuazione del termine per la revocatoria, come si evince dall’esame degli effetti della retrodatazione ex art. 69-bis L.F. che sono espressamente limitati alle finalità per le quali non rileva la disponibilità dei beni del fallito. Questa ricostruzione, marcando ulteriormente il passaggio della disponibilità dei beni dal fallito al curatore, quale effetto della dichiarazione di fallimento, avvalora ulteriormente l’orientamento che distingue la legittimazione del curatore a seconda che il provvedimento cautelare sia stato emesso prima o dopo la dichiarazione di fallimento.

Secondo le Sezioni Unite per rispondere al quesito posto è dirimente partire dal dato normativo dell’art. 322-bis c.p.p. che annovera tra i soggetti legittimati a proporre l’impugnazione dei provvedimenti in materia di sequestro preventivo, la persona a cui le cose sono state sequestrate e quella che avrebbe diritto alla loro restituzione. La formulazione della norma consente di ritenere i due soggetti (i.e. la persona a cui i beni sono stati sequestrati e la persona che avrebbe diritto alla restituzione) distinti e portatori di autonomi interessi meritevoli di tutela.

Secondo l’orientamento maggioritario, la persona che ha diritto alla restituzione dei beni sequestrati può essere individuata sulla base di un autonomo rapporto di fatto tra la persona ed il bene, giuridicamente tutelato dall’Ordinamento, senza che sia necessario che sia titolare di un diritto reale. Si pensi, ad esempio, alle ipotesi di possesso o detenzione qualificata del bene.

Le Sezioni Unite riconoscono che, ai sensi dell’art. 42 L.F., con la dichiarazione di fallimento il curatore fallimentare ottiene la disponibilità dei beni fallimentari, qualificata dalla giurisprudenza civilistica quale una detenzione qualificata, soddisfacendo i requisiti di cui all’art. 322-bis c.p.p. per poter impugnare i provvedimenti cautelari avendo diritto alla restituzione dei beni sequestrati.

La legittimazione così riconosciuta non incontrerebbe limitazioni a seconda che il sequestro sia anteriore o successivo alla dichiarazione di fallimento, poiché investe necessariamente la totalità dei beni fallimentari.

La pronuncia in esame risulta, dunque, di particolare interesse perché anticipa a livello interpretativo le novità introdotte dall’art. 320 Cod. Crisi, che entreranno in vigore il prossimo 15 agosto 2020. La novella legislativa prevede, infatti, l’attribuzione al curatore fallimentare della legittimazione ad impugnare i provvedimenti cautelari reali, proponendo richiesta di riesame e appello nei casi, nei termini e con le modalità di cui al c.p.p.