6 Giugno 2017

Credito del lavoratore e fallimento: l’accertamento è sempre sottratto alla regola della sospensione feriale dei termini

di Alessandro Petronzi Scarica in PDF

Cass., Sez. Un., sent., 5 maggio 2017, n. 10944 – Pres. Di Palma – Cons. Rel. Cristiano – P.M. Jacoviello (diff.)

Fallimento – Sospensione dei termini nel periodo feriale – Applicabilità – Eccezioni – Accertamento di crediti di lavoro – Inapplicabilità – Fondamento (l. 7 ottobre 1969, n. 742, Sospensione dei termini processuali nel periodo feriale, art. 3; r.d. 30 gennaio 1941, n. 12, Ordinamento giudiziario, art. 92, primo comma; cod. proc. civ., art. 409)

[1] Benché, ai sensi dell’art. 1 della legge 7 ottobre 1969, n. 742, i giudizi per l’ accertamento dei crediti concorsuali non si sottraggano, in via generale, alla regola della sospensione dei termini durante il periodo feriale, nondimeno la sospensione non opera in quelli in cui si controverta dell’ammissione allo stato passivo di crediti nascenti dal rapporto di lavoro, che, pur dovendo essere trattati con il rito fallimentare, sono assoggettati al diverso regime previsto dal combinato disposto dell’art. 92 del r.d. 30 gennaio 1941, n. 12 ed l’art. 3 della 1. n. 742/69 cit. in ragione della materia che ne forma oggetto.

CASO

[1] La corte di appello territorialmente competente ha dichiarato inammissibile, ritenendolo tardivo, il giudizio di appello promosso da due lavoratori avverso il decreto emesso dal tribunale di primo grado di rigetto della opposizione allo stato passivo, con il quale i lavoratori avevano richiesto l’ammissione allo stato passivo della società fallita dei rispettivi crediti privilegiati vantati, a titolo di retribuzioni, indennità e TFR, in forza del rapporto di lavoro intrattenuto con la società poi fallita.

Il giudice del gravame ha ritenuto tardivo l’appello ritenendo inapplicabile al giudizio de quo la sospensione feriale dei termini in ragione della materia (laburistica) trattata, in forza del disposto normativo di cui all’art. 3 della legge 742/1969.

Interposto ricorso per cassazione, i lavoratori lamentavano che il giudizio il giudizio di primo grado si era svolto secondo il rito ordinario e che pertanto, in virtù del principio dell’affidamento, anche l’appello doveva ritenersi soggetto a tale rito, con applicazione del regime di sospensione feriale dei termini e conseguente tempestività del gravame.

La Prima Sezione della Corte di Cassazione ha chiesto la rimessione alle Sezioni Unite ritenendo di discostarsi dal consolidato principio già espresso dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 24665 del 24 novembre 2009 in base al quale le controversie aventi ad oggetto l’ammissione al passivo non si sottraggono al principio della sospensione dei termini durante il periodo feriale, fatta eccezione per quelle riguardanti crediti di lavoro, le quali, pur dovendo essere trattate con il rito fallimentare, sono assoggettate al regime previsto dal citato art. 3, che, escludendo l’applicabilità della sospensione alle controversie previste dagli artt. 409 e ss. cod. proc. civ., fa riferimento alla natura specifica della controversia, avente ad oggetto un rapporto individuale di lavoro.

In particolare l’ordinanza interlocutoria della sezione semplice ha messo in discussione il principio muovendo dalla considerazione che la sottrazione delle controversie di cui all’art. 409 c.p.c. alla regola della sospensione feriale dei termini si giustifica con l’intento di dare attuazione al dettato dell’art. 35 Cost. anche in sede contenziosa, garantendo una più rapida definizione dei procedimenti in cui vengono in esame i diritti che nascono dal rapporto di lavoro subordinato; mentre nei procedimenti di ammissione allo stato passivo del fallimento tali esigenze, di immediatezza e di concentrazione proprie del rito laburistico, non dovrebbero ritenersi più sussistenti, in quanto, quali che siano i tempi di definizione del giudizio di accertamento del credito nella procedura di fallimento, all’accoglimento della domanda, consegue sempre il diritto del lavoratore a partecipare alla regola concorsuale, secondo la disciplina propria della par condicio creditorum. 

SOLUZIONE

[1] Le Sezioni Unite della Suprema Corte, nel rigettare il ricorso, hanno confermato il consolidato orientamento che sottrae alla regola della sospensione feriale dei termini ogni procedimento, che indipendentemente dal rito adottato, ha ad oggetto una controversia in materia di lavoro, così disattendendo i dubbi avanzati dalla sezione semplice.

Il giudice di legittimità evidenzia tra l’altro che l’art. 3 della 1. n. 742 del 1969 fa espresso richiamo all’art. 92 primo comma dell’ordinamento giudiziario (R.D. n. 12 del 1941), che, a sua volta, espressamente prevede che «durante il periodo feriale i magistrati trattano le cause civili relative [….] alla materia del lavoro». Sicché la lettera della norma rende inequivoco e palese che l’esonero dalla sospensione è previsto in ragione delle esigenze di speditezza e di concentrazione connesse all’oggetto sostanziale di tali cause, indipendentemente dal regime processuale applicabile.

QUESTIONI

[1] La sentenza in commento ha il pregio di affermare che il consolidato orientamento già espresso in materia (Cass. Sez. Un. 24665/2009; Cass. 17044/2011; Cass. 16494/2013; Cass. 24862/2015) risulta applicabile anche alle procedure fallimentari aperte dopo la riforma fallimentare del 2006 (di cui d.lgs. 5/2006).

Essa chiarisce ancora una volta che la sospensione feriale dei termini non si applica a qualunque controversia che abbia ad oggetto la materia laburistica, e ciò in ragione della natura oggettiva del credito, attinente al rapporto di lavoro, ed indipendentemente dal rito processuale con cui la controversia è trattata, e quindi anche ai procedimenti di insinuazione al passivo fallimentare, in ogni grado di giudizio, davanti al Giudice delegato ovvero davanti al giudice delle impugnazioni allo stato passivo (opposizione, impugnazione, revocazione).

Con grande concretezza, la sentenza non manca di rilevare, e ciò assume un riverbero pratico di notevole portata, che i maggiori effetti sul piano sostanziale, e non solo processuale, del principio affermato dalla Suprema Corte si producono non tanto e non solo sul regime temporale delle impugnazioni allo stato passivo, ma soprattutto, nella prima fase di accertamento del passivo innanzi al giudice delegato.

Infatti, nel caso in cui il termine che intercorre fra la data della sentenza dichiarativa e quella fissata per l’esame delle domande di insinuazione ricada nel periodo di sospensione feriale, l’inoperatività della sospensione feriale per le domande aventi ad oggetto crediti di lavoro si risolve in un vantaggio per il lavoratore, atteso che (poiché il termine per la presentazione delle domande va calcolato a ritroso dalla seconda data) la sua domanda risulterà tempestiva purché depositata trenta giorni prima dell’adunanza. Al contrario, la domanda di insinuazione al passivo presentata dal lavoratore anche un solo giorno dopo la scadenza del termine di dodici mesi (o di diciotto mesi nel caso di particolare complessità della procedura) dal deposito del decreto di esecutività dello stato passivo non potrà essere considerata tardiva, ma la sua ammissibilità andrà valutata in base agli stringenti e rigorosi presupposti di cui all’art. 101 ultimo comma l.f.

Grande attenzione va dunque posta da parte dei professionisti nella predisposizione delle domande di insinuazione al passivo allorché il credito fatto valere discenda da un rapporto di lavoro e…… l’estate si avvicini!