30 Maggio 2023

Imposte sulle successioni: l’esenzione può applicarsi anche per le partecipazioni in società residenti in altro Stato dell’UE

di Corrado De Rosa, Notaio Scarica in PDF

Cass. Civ. Sez. trib., 23 febbraio 2023, n. 5674 – PAOLITTO – Presidente – MONDINI – Relatore.

(Art. 3, comma 4-ter d.lgs. 346/1990)

Massima:In tema di imposta sulle successioni e donazioni, l’esenzione di cui all’art. 3, comma 4-ter, terzo periodo, del d.lgs. n. 346 del 1990 si applica anche per le partecipazioni in società residenti in altro Stato nell’Unione Europea alle stesse condizioni normativamente stabilite per il passaggio di quote o azioni di società residenti in Italia e, cioè, che col trasferimento sia integrato o mantenuto, da parte degli aventi causa, il controllo di diritto sulla società partecipata e che gli stessi si impegnino a mantenere il controllo societario per un periodo non inferiore a cinque anni dalla data del trasferimento, rendendo apposita dichiarazione contestuale alla presentazione della dichiarazione di successione o all’atto di donazione

Fonte: Giustizia Civile Massimario 2023

CASO

Il 20 aprile 2016, con atto notarile, B.A. trasferiva a titolo di liberalità, a due figli e tre nipoti, azioni della società di diritto lussemburghese “San Faustin s.a.”, donazioni ritenute esenti dall’imposta di successione e donazione ai sensi dell’art. 3, comma 4-ter, d.lgs. n. 346 del 1990, disposizione agevolativa del passaggio generazionale di aziende e società.

L’Agenzia delle entrate emetteva avvisi di liquidazione dell’imposta di successione e donazione, rilevando la mancata integrazione dei requisiti richiesti dalla menzionata disposizione per il godimento dell’agevolazione ivi disposta.

Avverso i detti avvisi il donante e i donatari proponevano ricorsi alla Commissione Tributaria Provinciale di Lodi. I ricorsi, riuniti, venivano accolti.

Con sentenza n. 3189 del 28 dicembre 2020, la Commissione Tributaria Regionale di Milano ribaltava la decisione di primo grado, ritenendo l’esenzione fruibile anche in rapporto al trasferimento di azioni di società non residenti nel territorio dello Stato, ma solo al ricorre della duplice condizione – pacificamente non integrata nel caso di specie – che le azioni donate consentano il controllo della società e che i donatari abbiano reso una dichiarazione di impegno a mantenere le azioni acquisite per i cinque anni successivi al trasferimento.

Per la cassazione di quest’ultima sentenza, i contribuenti proponevano ricorso sulla base di un unico motivo, lamentando la violazione o falsa applicazione dell’art. 3 comma 4 ter del d.lgs. n. 346 del 1990 e dell’art. 12 preleggi, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Nella specie, ad avviso dei ricorrenti dall’interpretazione letterale e teleologica dell’art. 3, comma 4-ter d.lgs. n. 346 del 1990 emergerebbe che l’esenzione spetta per le donazioni di partecipazioni di società non residenti pure in assenza delle condizioni che sono richieste, invece, dalla seconda e dalla terza proposizione del medesimo articolo, per il trasferimento di azioni di società residenti.

L’Agenzia delle entrate ha resistito con controricorso.

La Procura Generale ha richiesto il rigettarsi del ricorso.

SOLUZIONE

L’art. 3, comma 4-ter, del d.lgs. n. 346 del 1990 dispone che «I trasferimenti (…) a favore dei discendenti e del coniuge, di aziende o rami di esse, di quote sociali e di azioni non sono soggetti all’imposta. In caso di quote sociali e azioni di soggetti di cui al testo unico delle imposte sui redditi, di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 73, comma 1, lett. a) il beneficio spetta limitatamente alle partecipazioni mediante le quali è acquisito o integrato il controllo ai sensi dell’art. 2359 c.c., comma 1, n. 1). Il beneficio si applica a condizione che gli aventi causa proseguano l’esercizio dell’attività d’impresa o detengano il controllo per un periodo non inferiore a cinque anni dalla data del trasferimento, rendendo, contestualmente alla presentazione della dichiarazione di successione o all’atto di donazione, apposita dichiarazione in tal senso».

Specificato il contenuto precettivo della disposizione controversa, i Giudici di legittimità affrontano la questione della sua applicabilità alle società non residenti nel territorio dello Stato, le quali potrebbero sembrare escluse, stante il riferimento ai soli soggetti passivi dell’imposta sui redditi delle società (di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 73, comma 1, lettera a, ivi citato) in essa contenuto.

Richiamando la propria giurisprudenza[1], la Corte premette poi, individuando la ratio della norma, che tale disposizione agevolativa realizza nell’ordinamento interno l’oggetto della raccomandazione n. 94/1069 del 7 dicembre 1994, con la quale la Commissione Europea richiedeva ai singoli Stati membri di adottare misure idonee a facilitare il passaggio generazionale delle piccole e medie imprese, al fine di assicurarne la sopravvivenza e di salvaguardarne i livelli occupazionali, considerando che uno dei principali ostacoli al buon esito della successione familiare è costituito dal correlativo onere fiscale, e che il pagamento delle imposte di successione o di donazione rischia di mettere in pericolo l’equilibrio finanziario dell’impresa e quindi la sua sopravvivenza.

Ciò posto, la Corte procede nel rilievo che l’estraneità al beneficio dei trasferimenti diretti o indiretti (ossia tramite cessioni di azioni) di aziende situate all’estero potrebbe riflettere un disinteresse dell’ordinamento per le sorti di aziende situate al di fuori del suo territorio, ancorché controllate da soggetti residenti in Italia, e tuttavia tale disinteresse non può in realtà riguardare aziende e società con sede in altri Paesi dell’Unione Europea giacché, se così fosse, l’inapplicabilità ad esse della esenzione verrebbe a contrastare con la libertà di stabilimento di iniziative economiche nel territorio dell’Unione, di cui all’art. 49 T.F.U.E. poiché i residenti in Italia, che esercitano direttamente o indirettamente – cioè mediante società controllate – attività di impresa nel territorio di un altro Stato membro verrebbero a trovarsi in una posizione deteriore rispetto a quella dei residenti che esercitano detta attività in Italia.

Così evidenziata l’origine eurounitaria della disposizione, da un lato, e il potenziale contrasto con la libertà di stabilimento, la Corte statuisce che l’espressione «non residenti nel territorio dello Stato» deve essere letta come in realtà dicente «non residenti nel territorio dello Stato né nel territorio di un altro Stato membro dell’Unione Europea».

Tutto ciò considerato, viene avallata l’affermazione di fondo – unico elemento su cui possono dirsi concordi i giudici di tutti e tre i gradi di giudizio – secondo la quale l’esenzione è, astrattamente, applicabile alla società “San Faustin s.a.”, pur se non residente nel territorio dello Stato italiano, in quanto residente nell’Unione Europea.

Nondimeno, la Suprema Corte, con riguardo al tema posto dai ricorrenti con l’unico motivo di ricorso, dichiara la sentenza impugnata conforme a diritto.

Infatti, la tesi dei ricorrenti, secondo la quale ai trasferimenti di partecipazioni in società non residenti nel territorio dello Stato sarebbero non si applicherebbe l’imposta di successione e donazione a prescindere dal rispetto delle condizioni disposte dalla disposizione agevolativa è disconosciuta dai Giudici di legittimità sulla base dei due rilievi seguenti.

Da un lato sarebbe violata la ratio della norma, non essendo ammissibile ritenere che il termine «trasferimenti» – utilizzato nella prima parte della disposizione – sia riferito a trasferimenti di titoli partecipativi che non consentano il controllo della partecipata: infatti, ricorda la Corte richiamando nuovamente la sua giurisprudenza, la cessione contestuale del disponente di più quote societarie, per usufruire dell’esenzione, deve consentire che sia realizzato l’effettivo passaggio generazionale dell’impresa conservandone l’unitarietà e la funzionalità mediante il totale trasferimento del controllo di diritto dai disponenti ai discendenti.

D’altro lato, motiva la Corte questa volta richiamandosi alla dottrina, riconoscere l’agevolazione alle partecipazioni in società non residenti nel territorio dello Stato in modo incondizionato definirebbe per queste partecipazioni un regime più favorevole di quello valevole per le partecipazioni in società residenti nel territorio dello Stato; regime che sarebbe privo di logica dal punto di vista interno rispetto ai principi di ragionevolezza e di capacità contributiva (artt. 3 e 52 Cost.) e dal punto di vista unionale rispetto al ricordato principio di libertà di stabilimento.

Per queste ragioni, conclude la Corte, deve ritenersi che l’agevolazione di cui all’art. 3, comma 4-ter, d.lgs. n. 346 del 1990, pur applicabile alle partecipazioni di società non residenti in Italia se comunque residenti nell’Unione, non spetta nel caso sottoposto al suo esame, essendo subordinata in ogni caso al rispetto delle ulteriori condizioni stabilite dalla disposizione agevolativa in esame, ed in particolare all’acquisto o all’integrazione del controllo di diritto – ai sensi dell’art. 2359, comma 1, n. 1) c.c. – in capo all’avente causa del trasferimento, nonché al mantenimento di tale controllo per non meno di cinque anni dalla data del trasferimento, con apposita dichiarazione di impegno in tal senso da rendersi da parte degli aventi causa  contestualmente al trasferimento medesimo (coincidente, a seconda dei casi con l’atto di donazione o con la presentazione della dichiarazione di successione).

In considerazione di tutto quanto ora detto, la Suprema Corte ha rigettato il ricorso.

QUESTIONI

Con la sentenza n. 5674 del 6 febbraio 2023 la Cassazione affronta una questione, quella dell’applicabilità dell’art. 3, comma 4-ter, del d.lgs. n. 346 del 1990 a società estere, connotata dal tratto della novità, con riferimento alla sua giurisprudenza, come essa stessa afferma in chiusura della sentenza, compensando le spese.

Cionondimeno, l’ambito di applicazione dell’agevolazione disposta all’art. 3, comma 4-ter, del d.lgs. n. 346 del 1990 potrebbe quasi dirsi una vexata quaestio, in ragione del fatto che, complice anche la tecnica redazionale non del tutto chiara utilizzata dal legislatore, la dottrina ha avuto modo di misurarsi, sin dalla prima introduzione dell’agevolazione medesima[2], con numerosi dubbi e quesiti interpretativi in relazione agli esatti confini soggettivi ed oggettivi del beneficio ivi disposto.

Non potendoci dilungare in questa sede con riguardo al profilo soggettivo, relativo beneficiari dell’agevolazione, si darà invece evidenza delle questioni interpretative affrontate in dottrina con riguardo al profilo oggettivo, relativo ai possibili oggetti del trasferimento beneficiato, ed in particolare del trasferimento di partecipazioni societarie, che qui interessa.

Come già osservato, l’art. 3 comma 4-ter del d.lgs. n. 346 del 1990 isola le “quote sociali e azioni di soggetti di cui all’ articolo 73, comma 1, lettera a), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917”, vale a dire i soggetti passivi dell’imposta sul reddito delle società, ossia “le società per azioni e in accomandita per azioni, le società a responsabilità limitata, le società cooperative e le società di mutua assicurazione, nonché le società europee di cui al regolamento (CE) n. 2157/2001 e le società cooperative europee di cui al regolamento (CE) n. 1435/2003 residenti nel territorio dello Stato”; in breve, le società di capitali.

La disposizione agevolativa richiama questi tipi societari al fine di limitare la fruibilità del beneficio esclusivamente al trasferimento delle loro “partecipazioni mediante le quali è acquisito o integrato il controllo ai sensi dell’articolo 2359, primo comma, numero 1), del Codice civile”.

Quest’ulteriore rinvio richiama la disposizione che definisce la nozione di controllo interno di diritto, fattispecie che ricorre allorquando taluno detiene la maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria di una società[3].

Fatte queste premesse, in dottrina le questioni più controverse relativamente al profilo oggettivo della disposizione agevolativa in esame è l’individuazione delle condizioni di accesso al regime agevolativo con riferimento a due possibili oggetti di trasferimento: partecipazioni in società di persone e le partecipazioni in società non residenti, quest’ultima, sulla quale ci concentreremo, affrontata dalla Corte di Cassazione con la sentenza in esame.

La questione sorge in entrambi i casi a causa della mancanza di specificazioni, ad opera del legislatore, in ordine alle due fattispecie ora individuate; se infatti la dottrina scioglie pacificamente in senso positivo il dubbio circa l’estensibilità del regime agevolativo anche ai trasferimenti di partecipazioni in società non residenti nel territorio dello Stato – ora operando un’interpretazione teleologica a partire dalla presunta intenzione del legislatore ricavata dai lavori preparatori[4], ora portando l’attenzione sul fatto che questo presunto disinteresse dell’ordinamento per le per le sorti delle società residenti al di fuori del suo territorio, benché controllate da soggetti residenti in Italia, potrebbe configurare «una restrizione alla libertà di stabilimento assicurata dal Trattato CE (art. 43), collocando i residenti in Italia, che esercitano direttamente o indirettamente (mediante società controllate) attività d’impresa nel territorio di un altro Stato membro in una posizione deteriore rispetto a quella dei residenti che le medesime attività svolgono direttamente o indirettamente nel territorio italiano»[5] – lo stesso non può dirsi in merito alle condizioni alle quali è sottoposta tale estensione.

Accade infatti che un’autorevole parte della dottrina ritenga che i detti trasferimenti sono esenti dall’imposta di successione e donazione a prescindere dalle condizioni poste dall’art. 3 comma 4-ter del corrispondente testo unico – ciò principalmente a partire dal dato testuale, non richiedendo tale disposizione che le partecipazioni in società non residenti siano qualificate, come invece fa espressamente con quelle in società residenti – sostenendo che il regime esonerativo spetti anche laddove le partecipazioni trasferite non comportino l’acquisizione o l’integrazione di una posizione di maggioranza in capo al beneficiario[6]; in aperto contrasto rispetto a tale interpretazione si pone invece altra parte della dottrina, la quale ritiene foriero di conseguenze inaccettabili il riconoscimento incondizionato dell’agevolazione alle partecipazioni in società non residenti, bastando osservare a tal fine che ciò «definirebbe per queste partecipazioni un regime più favorevole di quello valevole per le partecipazioni in società residenti , conducendo, ad esempio, a detassare, palesemente fuori dagli intenti dell’agevolazione, il valore di poche azioni di una grande multinazionale statunitense»[7].

In questo quadro di disaccordo dottrinale, l’Amministrazione Finanziaria ha preso posizione statuendo che il trasferimento per successione o per donazione di quote di società estere è esente dall’imposta di successione e donazione solo al ricorrere delle medesime condizioni dettate dalla disposizione agevolativa con riferimento alle partecipazioni in società residenti in Italia[8]; la dottrina concorde reputa necessaria, a tal fine, un’indagine da svolgersi caso per caso nell’ordinamento di appartenenza della società partecipata, e tuttavia su quest’ultimo punto si riscontrano opinioni divergenti, dal momento che alcuni individuano quale oggetto di tale indagine la verifica che le partecipazioni oggetto di trasferimento siano considerabili come di controllo, alla stessa stregua di quelle delle società italiane, così estendendo il requisito stabilito dalla norma nazionale alle partecipazioni non residenti[9], mentre altri sostengono che tale oggetto sia la nozione di  “partecipazione di controllo” nell’ordinamento straniero in cui ha sede la società[10].

[1] Cass. Civ. Sez. trib., ordinanza n. 32823 del 19 dicembre 2018; Cass. Civ. Sez. trib., sentenza n. 7429 del 17 marzo 2021

[2] Ad opera del comma 78 dell’articolo unico della legge 27 dicembre 2006 n. 296 “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (finanziaria 2007)”

[3] Invero, la distinzione tra assemblea ordinaria e straordinaria è prevista dal legislatore per le sole s.p.a., ragion per cui – ferma la pacifica applicabilità del regime in parola anche alle s.r.l., pur non essendo ivi prevista un’assemblea ordinaria – si può individuare il consesso al quale la disposizione agevolativa fa riferimento tramite il raffronto delle disposizioni dedicate ai due tipi societari: sovrapponendo gli artt. 2364 (assemblea ordinaria di s.p.a.) e 2479 (decisioni dei soci di s.r.l.) c.c., se ne ricava che le deliberazioni rilevanti ai fini della qualificazione di una partecipazione come “di controllo” sono l’approvazione del bilancio, la destinazione degli  utili, la nomina e la revoca degli organi di amministrazione e di controllo, cfr. a tal proposito A. Busani, L’agevolazione per il passaggio generazionale delle azioni e delle quote di partecipazione al capitale di società, in Le Società, 2018, 1354; R. Sansoni, l’agevolazione patto di famiglia “in cammino”: questioni interpretative vecchie e nuove, in Contratti, 2022, 582-583.

Conferma di ciò sembra giungere anche dalla Commissione studi tributari del Consiglio Nazionale del Notariato, la quale afferma che la nozione di controllo, come delineata dall’art. 2359 c.c. è «strettamente connessa alla possibilità di condizionare le determinazioni dell’assemblea, considerate le competenze attribuite a tale organo nell’ambito del sistema tradizionale delle società di capitali, in materia di approvazione del bilancio d’esercizio, di destinazione degli utili, di nomina dell’organo di controllo e di nomina e revoca dell’organo amministrativo», estrinsecandosi il potere di controllo proprio nella possibilità di condizionare il contenuto delle menzionate deliberazioni, cfr. A. Maistrello, Il controllo “di diritto” nell’art. 3, comma 4-ter, del t.u.s., Studio n.114-2021/T.

[4] M. Basilavecchia – A. Pischetola, Tassazione dei patti di famiglia e dei trasferimenti di cui all’art. 1 comma 78 legge 27 dicembre 2007 n. 296 (cd Finanziaria 2007), Studio n. 43-2007/T, «non pare che la pregressa residenza nel territorio dello Stato italiano della società interessata al trattamento al vaglio sia stata mai valutata specificamente dal legislatore della novella quale ‘conditio sine qua non’ per l’accesso al trattamento stesso. Di tanto si può trovare conferma nei lavori preparatori ove non è mai fatto cenno a questa presunta condizione; del resto in tal senso depongono anche considerazioni di carattere logico fondate sul favor legislativo in ordine al ‘tipo’ di trasferimenti gratuiti (che abbiano ad oggetto quote ed azioni) e non certo sulla nazionalità della società che quelle quote o azioni abbia emesso».

[5] G. Zizzo, I trasferimenti di azienda e partecipazioni sociali per successione o donazione, in Corr. Trib., 2007,1353, riportato in termini in B. Ianniello, Passaggi familiari dell’azienda “leggeri” anche per il coniuge dell’imprenditore defunto, in Corr. Trib., 2008, 605.

[6] È la tesi interpretativa sostenuta con costanza dalla Commissione studi tributari del CNN a partire da U. Friedmann – S. Ghinassi – V. Mastroiacovo – A. Pischetola, Prime note a commento della nuova imposta sulle successioni e donazioni, Studio n. 168-2006/T; cfr. anche M. Basilavecchia – A. Pischetola, Tassazione dei patti di famiglia e dei trasferimenti di cui all’art. 1 comma 78 legge 27 dicembre 2007 n. 296 (cd Finanziaria 2007), Studio n. 43-2007/T, cit. e D. Fasano, “Esenzione dall’imposta sulle successioni e donazioni – art 3 comma 4-ter d.lgs. n° 346/1990: casi e questioni di interesse notarile, Studio n. 17-2020/T. Va da sé che, per un’esigenza logica, non ritenendosi necessario il conseguimento del controllo, parimenti non si ritiene necessario il suo mantenimento quinquennale successivamente al trasferimento.

[7] G. Zizzo, I trasferimenti di azienda e partecipazioni sociali per successione o donazione, cit., loc. cit., 1353, al quale aderisce A. Busani, L’agevolazione per il passaggio generazionale delle azioni e delle quote di partecipazione al capitale di società, cit., loc. cit., 1367.

[8] Risposta della DRE Lombardia n. 904-86017/2011, cit., inedita ma di cui ha dato notizia Il Sole 24 Ore del 15 dicembre 2013; in dottrina cfr. In dottrina A. Busani, L’agevolazione per il passaggio generazionale delle azioni e delle quote di partecipazione al capitale di società, cit., loc. cit., 1367; Id., Il patto di famiglia cit., 668.

[9] A. Busani, L’agevolazione per il passaggio generazionale delle azioni e delle quote di partecipazione al capitale di società, cit., loc. cit., 1367, per cui «si rende agevolabile ai sensi dell’art. 3, comma 4 ter, TUSD, sia il trasferimento di quote di partecipazione (come quelle al capitale sociale di società di persone italiane) cui sia connesso un “consenso determinante” all’adozione delle decisioni societarie sia il trasferimento di quote di partecipazione (come quelle al capitale sociale di società di capitali italiane) che attribuiscano la maggioranza sufficiente per assumere decisioni in ordine all’approvazione del bilancio sociale e all’elezione degli organi societari».

[10] S. Loconte, Passaggi generazionali dell’azienda senza imposta di successione: a quali condizioni?, in IPSOA quotidiano, 29 dicembre 2020.

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