7 Settembre 2021

Mutui: alcune questioni operative

di Fabio Fiorucci, Avvocato Scarica in PDF

Nei mutui, il problema dell’anatocismo riguarda soprattutto gli interessi moratori, cioè gli interessi previsti in caso di ritardo nel pagamento di ciascuna rata (composta da una quota capitale e da una quota interessi). La banca non può esigere – al di fuori della regola generale imposta dall’art. 1283 c.c. e in assenza di espresse previsioni normative – il pagamento automatico e immediato degli interessi moratori anche sulla quota degli interessi corrispettivi che compongono le rate scadute di un mutuo bancario; gli interessi di mora devono dunque essere calcolati esclusivamente sulla quota capitale anziché sull’intero importo della rata ovvero, citando la Cassazione, « la banca mutuante non può pretendere il pagamento degli interessi moratori sul credito scaduto per interessi corrispettivi » (Cass. n. 11400/2014; Cass. n. 18275/2021).

Le somme anatocistiche illegittimamente addebitate dalla banca potranno essere recuperate attraverso la tradizionale azione di ripetizione di indebito ex art. 2033 c.c.

Secondo un isolato orientamento giurisprudenziale di merito (Trib. Lecce 18.8.2014), che intende valorizzare quanto affermato da Cass., Sez. Un., n. 24418/2010 (versamenti solutori e ripristinatori), essendo nei contratti di mutuo il pagamento sempre di natura solutoria – in quanto destinato ad estinguere un debito e non a ripristinare una linea di credito utilizzata dal cliente – l’azione di ripetizione degli eventuali interessi anatocistici si prescrive in dieci anni decorrenti dal pagamento di ogni singola rata prevista dal piano di ammortamento finanziario.

Sul punto, è preferibile confermare l’orientamento tradizionale, secondo cui il pagamento di ratei del mutuo configura un’obbligazione unica ed il relativo debito non può considerarsi scaduto prima della scadenza dell’ultima rata (Cass. n. 17798/2011; Cass. n. 19291/2010; Cass. n. 2301/2004; Trib. Salerno 1.7.2020 (inedita); Trib. Rimini 21.7.2020; Trib. Padova 28.6.2016; Trib. Varese 29.11.2016). È infatti diffuso il convincimento giurisprudenziale secondo cui il pagamento delle singole rate costituisce l’adempimento parziale dell’unica obbligazione restitutoria derivante dal mutuo e conseguentemente per i ratei già scaduti non opera il termine prescrizionale di cui all’art. 2948 c.c. relativo alla prescrizione delle prestazioni periodiche. La data di decorrenza dalla prescrizione deve quindi essere individuata con riferimento alla scadenza dell’ultima rata del mutuo e non prendendo in considerazione la data di stipula dello stesso.

L’unicità del debito, seppur ratealmente frazionato, impone la decorrenza di un unitario termine di prescrizione che, trattandosi di debito rateizzato, decorre dal termine contrattualmente statuito per il pagamento dell’ultima rata dato che prima di detta scadenza il mutuante non può legittimamente pretendere il pagamento e quindi non ha azione per costringere il debitore all’adempimento. L’unitarietà della prestazione e l’unicità della causa debendi determinano l’inapplicabilità anche per gli interessi dell’art. 2948 c.c. (Cass. n. 1110/1994).

Il criterio informatore dell’art. 2948 c.c., nn. 1-4, è quello di liberare il debitore dalle prestazioni scadute, non richieste tempestivamente dal creditore, quando le prestazioni siano periodiche, in relazione ad una causa debendi continuativa; perciò, dalla previsione della citata norma resta esclusa l’ipotesi di debito unico, rateizzato in più versamenti periodici: e quando nei versamenti rateizzati siano inclusi gli interessi sulla somma dovuta, anche il debito di interessi si sottrae all’applicazione della prescrizione quinquennale, giacché identica è la causa debendi sia della prestazione principale che di quella degli interessi (Cass. n. 1546/1965; Cass. n. 17798/2011).