27 Febbraio 2018

Il regime delle vendite (forzate) nella procedura di liquidazione di cui alla legge n. 3 del 2012

di Pasqualina Farina Scarica in PDF

Trib. Velletri, ord. 16 novembre 2017– rel. F. Aratari

Proposta di liquidazione – Sussistenza di beni commerciabili – Attuazione delle vendite ad opera del liquidatore – Necessità del decreto di trasferimento – Esclusione – Mancato versamento somme per accertamento conformità – Rigetto dell’istanza (L. n. 3 del 2012, art. 14 ter)

[1] Nella procedura di liquidazione le vendite sono attuate direttamente dal liquidatore e non occorre che il giudice emetta il decreto di trasferimento. Pertanto, in caso di mancato versamento dell’importo necessario al completamento dell’accertamento di conformità, il giudice rigetta l’istanza, stante l’incommerciabilità dell’unico bene messo a disposizione dei creditori.

CASO

Davanti al Tribunale di Velletri, il debitore proponeva, con l’ausilio dell’organismo di composizione della crisi, ricorso per la procedura di liquidazione ex art. 14 ter della l. n. 3 del 2012.

Dopo aver premesso che, in forza della l. n. 3 del 2012, le vendite non seguono le norme del codice di procedura civile e, pertanto, non necessitano della pronuncia del decreto di trasferimento, il medesimo Tribunale, ha rigettato la domanda. Ciò in quanto la procedura aveva ad oggetto un unico immobile per il quale non risultavano versati dal sovraindebitato gli importi (pari a 14.0000 euro circa) per il completamento della cd. procedura di conformità, ritenuta necessaria dal perito per la commerciabilità del bene.

SOLUZIONE

La soluzione proposta dal Tribunale di Velletri non sembra possa condividersi per due diversi ordini di ragioni.

La prima. Tutte le vendite poste in essere nel procedimento di liquidazione di cui alla l. n. 3 del 2012 hanno natura intrinsecamente forzata, indipendentemente dalla mancanza di un rinvio esplicito al codice di procedura civile.

A conferma della correttezza di tale assunto va segnalato che la dottrina e la giurisprudenza di legittimità hanno affermato che le vendite fallimentari – regolate dall’art. 107 l. fall. – presentano natura forzata nonostante l’abrogazione del rinvio, contenuto nel vecchio art. 105 l. fall., alle norme del c.p.c. Si tratta, in ogni caso, di vendite attuate in forza del principio della responsabilità patrimoniale di cui all’art. 2740 c.c. Proprio tale disposizione giustifica, difatti, l’attribuzione del potere di disposizione a soggetto diverso dal debitore sottoposto alla procedura, in funzione della destinazione del ricavato della vendita alla soddisfazione dei creditori; fermo restando che simile potere è esercitabile a mezzo di vari strumenti e con varie forme. Il riferimento è, dunque, non solo al professionista delegato o al commissionario nell’espropriazione singolare ma anche al curatore nel fallimento (in arg. Cass. 20 dicembre 2011, n. 27667) ovvero al liquidatore concordatario nella procedura di concordato preventivo.

La seconda. Non possono certo trascurarsi le forti analogie esistenti tra  la procedura di liquidazione ed il fallimento. Ed infatti, proprio come il fallimento la procedura di liquidazione comporta la sospensione ai soli fini del concorso, degli interessi convenzionali o legali; il divieto di azioni esecutive o cautelari; lo spossessamento dei beni facenti parte del patrimonio del debitore e la formazione dell’inventario di tali beni;
 l’accertamento del passivo del ceto creditorio;
 la predisposizione di un programma di liquidazione ecc.

In questo stato di cose non è dato comprendere le ragioni che hanno indotto il Giudice di Velletri ad optare per la natura volontaria delle vendite eseguite nell’ambito della procedura di liquidazione e, quindi per la non necessità del decreto di trasferimento, quando, sia in dottrina, sia in giurisprudenza, è ormai unanimemente accolta la tesi della natura coattiva delle vendite fallimentari.

QUESTIONE

Il provvedimento in commento disattende, inoltre, il principio che nella vendita forzata, se l’immobile è stato realizzato o modificato in violazione della normativa urbanistico-edilizia, è il perito ad indicare analiticamente la tipologia degli abusi che ha riscontrato e la possibilità di sanare l’illecito in virtù del combinato disposto degli artt. 46, comma 5, del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 e 40, comma 6, della legge n. 47/1985. Parimenti viene trascurato che: a) il giudice (o il curatore o il professionista delegato) valuta la possibilità di sanatoria (come pure, all’opposto, la necessaria demolizione) ed i relativi costi al momento in cui individua il prezzo base; b) i relativi costi ed oneri sono sostenuti dall’aggiudicatario debitamente edotto, attraverso la pubblicità della vendita, di tali informazioni.

Per vero nelle vendite forzate immobiliari non trovano applicazione le norme contenute nel Testo unico in materia di edilizia, che vietano gli atti di trasferimento degli immobili realizzati senza permesso di costruire o senza permesso in sanatoria; ed infatti, in virtù del combinato disposto dagli artt. 46, comma 5, del d.P.R. n. 380 del 6 giugno 2001 e 40, comma 6, della legge n. 47 del 28 febbraio 1985, qualora gli abusi possano essere sanati, l’aggiudicatario è rimesso nei termini per la presentazione della domanda di concessione in sanatoria (Così espressamente Cass. 01 ottobre 2015, n. 19658, secondo la quale è valida la vendita di un immobile abusivo eseguita nell’ambito di una procedura esecutiva individuale oppure concorsuale, come il fallimento, non trovando per essa applicazione, a norma dell’art. 40, comma 5, della l. n. 47 del 1985, le nullità previste dal comma 2 dello stesso articolo).

A conferma della correttezza di tale orientamento della Suprema Corte va richiamata altra, più recente giurisprudenza di legittimità (Cass. 25 ottobre 2016, n. 21480) secondo la quale la vendita forzata rimane validamente conclusa qualora la situazione urbanistica e l’esistenza di una sentenza civile di condanna alla parziale demolizione dell’immobile risultassero chiaramente dalla perizia (e non anche dall’avviso di vendita), senza che l’aggiudicatario possa legittimamente invocare l’aliud pro alio.

Per approfondimenti si rinvia alla giurisprudenza richiamata nel testo dell’ordinanza ed in dottrina a: A. Castagnola, La natura delle vendite fallimentari dopo la riforma delle procedure concorsuali, in Studi in onore di Carmine Punzi, Torino 2008, V, 73; P. Farina, L’aggiudicazione nel sistema delle vendite forzate, Napoli 2012, 373 ss.; A. Nigro-D. Vattermoli, Diritto della crisi delle imprese, Bologna 2017; D. Vattermoli La procedura di liquidazione del patrimonio del debitore alla luce del diritto «oggettivamente» concorsuale, in Dir. Fall., 2013, 765