9 Gennaio 2018

Arbitrato societario e modalità di nomina degli arbitri

di Giacinto Parisi Scarica in PDF

Cass., Sez. II, 9 ottobre 2017, n. 23550

Arbitrato societario – Clausola compromissoria – Modalità di nomina degli arbitri – Contrasto con l’art. 34 d.leg. 5/2003 – Nullità – Sussiste (D.leg. 17 gennaio 2003, n. 5, Definizione dei procedimenti in materia di diritto societario e di intermediazione finanziaria, nonché in materia bancaria e creditizia, art. 34, comma 2°) [1]

[1] In tema di arbitrato societario, la previsione di modalità di nomina degli arbitri diverse da quella disciplinata dall’art. 34 d.leg. 5/2003 comporta la nullità della clausola compromissoria, anche se stipulata prima dell’entrata in vigore della predetta norma.

CASO

[1] La Corte di appello di Trieste confermava la decisione del giudice di prime cure, che aveva dichiarato improponibile la domanda proposta dal socio V.M. per la restituzione della somma corrisposta a titolo di mutuo alla F. s.r.l., in ragione della presenza nello statuto della società di una clausola compromissoria per arbitrato irrituale.

La decisione del giudice di prima istanza era stata tra l’altro impugnata per la pretesa nullità della clausola compromissoria in questione, la quale, stabilendo che «il collegio arbitrale sarà composto da tre arbitri, nominati uno da ciascuna delle parti in causa ed il terzo dai due arbitri nominati per primi», si poneva in contrasto con il disposto dell’art. 34, comma 2°, d.leg. 5/2003, secondo cui, nell’arbitrato societario, «[l]a clausola deve prevedere il numero e le modalità di nomina degli arbitri, conferendo in ogni caso, a pena di nullità, il potere di nomina di tutti gli arbitri a soggetto estraneo alla società».

Avverso la pronuncia della Corte di appello, V.M. proponeva ricorso per cassazione.

SOLUZIONE

[1] La Suprema Corte ha accolto il ricorso, enunciando il principio sopra massimato, e ha quindi dichiarato la nullità della clausola compromissoria contenuta nello statuto della F. s.r.l. in quanto non conforme al disposto dell’art. 34 d.leg. 5/2003.

Secondo la Corte, la clausola compromissoria contenuta nello statuto societario, la quale non prevedeva che la nomina degli arbitri spettasse ad un soggetto estraneo alla società, era da considerarsi senz’altro affetta, sin dall’entrata in vigore del d.leg. 5/2003, da invalidità sopravvenuta rilevabile d’ufficio.

Ciò perché la nullità comminata dall’art. 34 cit. è volta a garantire il principio di ordine pubblico dell’imparzialità della decisione e, dunque, non potrebbe essere accolta la tesi del c.d. doppio binario, secondo cui l’arbitrato previsto da clausole del tenore di quella esaminata nel caso di specie si convertirebbe da arbitrato societario in arbitrato di diritto comune.

Inoltre, se è vero che l’art. 41 d.leg. 5/2003 rende inapplicabile la nuova normativa processuale «ai giudizi pendenti», poiché nel caso di specie si trattava di una clausola di arbitrato irrituale, ci si trovava al di fuori dall’ambito operativo della norma poc’anzi citata. Come è noto, infatti, l’arbitrato irrituale ha natura negoziale e, quindi, dal momento dell’entrata in vigore del d.leg. 5/2003, l’attività posta in essere dagli arbitri nominati dalle parti verrebbe ad essere fulminata da nullità per contrarietà ad una norma imperativa sopravvenuta.

Alla luce delle considerazioni sopra esposte, la Suprema Corte ha dunque concluso nel senso che il giudice di appello avrebbe dovuto rilevare la sopravvenuta inefficacia della clausola compromissoria contenuta nello statuto della F. s.r.l., e, conseguentemente, decidere la controversia nel merito.

QUESTIONI

[1] La pronuncia in commento, inserendosi nell’ormai nutrito dibattito relativo alle sorti delle clausole compromissorie per arbitrato societario difformi dalle prescrizioni di cui all’art. 34 d.leg. 5/2003, mostra di aderire all’orientamento dominante, secondo cui, il d.leg. 5/2003 disciplina l’unica forma di arbitrato ammissibile in ambito societario, con conseguente nullità della clausola compromissoria che non affidi la scelta degli arbitri ad un soggetto estraneo alla società.

A sostegno di tale orientamento, vi sarebbe innanzitutto il tenore letterale dell’art. 34, comma 2°, cit., che, da un lato, evidenzia la doverosità della previsione del particolare potere di nomina e, dall’altro lato, la sanzione della nullità, che colpisce non solo il conferimento del potere di nomina degli arbitri, ma l’intera clausola compromissoria difforme: scopo di tale norma sarebbe infatti quello di garantire il principio di ordine pubblico dell’imparzialità della decisione.

D’altra parte, si dovrebbe considerare che la normativa delegata in tema di arbitrato è stata pacificamente dettata per superare le difficoltà applicative e i contrasti giurisprudenziali riguardanti l’applicazione dell’arbitrato in materia societaria e tale finalità sarebbe certamente frustrata dalla possibilità di avvalersi di clausole compromissorie recanti previsioni divergenti da quelle del d.leg 5/2003.

Peraltro, la circostanza che l’art. 34 cit. preveda che gli atti costitutivi delle società che non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio «possono» contenere clausole compromissorie che rispondano a determinati requisiti dovrebbe essere intesa nel senso che le parti possono o meno decidere di devolvere la controversia in arbitrato, ma non che l’eventuale opzione per la giustizia arbitrale possa essere compiuta sulla base di clausole che abbiano requisiti diversi da quelli prescritti dal medesimo articolo.

Nel senso sopra esposto, si vedano, ex multis, Cass., 24 ottobre 2016, n. 21422, Riv. Arb., 2017, 353, con nota di E. Zucconi Galli Fonseca, richiamata in motivazione; 28 luglio 2015, n. 15841, Foro it., Rep. 2015, voce Società (procedimenti), n. 8, richiamata in motivazione; 17 febbraio 2014, n. 3665, ivi, Rep. 2014, voce Arbitrato, n. 95; 20 settembre 2012, n. 17287, ivi, Rep. 2012, voce cit., n. 108; nella giurisprudenza di merito, Trib. Roma, 6 luglio 2017, n. 13721, in DeJure; App. Milano, 13 febbraio 2013, in www.ilcaso.it; App. Torino, 4 agosto 2006, Corr. merito, 2006, 1259. Nella dottrina, v. E. Zucconi Galli Fonseca, Note sulla nullità della clausola compromissoria statutaria con nomina binaria e sulla sua opponibilità all’usufruttuario, in Riv. Arb., 2017, 356; P. Biavati, Arbitrato societario, in Arbitrati speciali, a cura di F. Carpi, Bologna, 2008, 58; L. Salvaneschi, Arbitrato, Bologna, 2014, 77 e 125; F. Corsini, La nullità della clausola compromissoria statutaria e l’esclusività del nuovo arbitrato societario, in Giur. comm., 2005, 809.

Al contrario, secondo un orientamento minoritario l’arbitrato societario non rappresenterebbe un modello vincolante, ma una semplice opzione verso la quale le parti potrebbero orientarsi in alternativa all’arbitrato di diritto comune (tesi del c.d. doppio binario).

Secondo l’opzione ermeneutica da ultimo citata, a suffragio della concorrenza dei due istituti si porrebbe, in primo luogo, l’assenza di un esplicito divieto in tal senso da parte dell’art. 34 d.leg. 5/2003.

Inoltre, i più ampi poteri attribuiti agli arbitri (ad esempio, sulla sospensione dell’efficacia delle delibere assembleari) e le limitazioni stabilite dalla legge (ad esempio, l’obbligo per gli arbitri di decidere secondo diritto, anche quando la clausola autorizzi a decidere secondo equità, le questioni non compromettibili incidenter tantum ovvero le controversie afferenti alla validità delle delibere assembleari) renderebbero la nuova disciplina necessariamente facoltativa rispetto a quella codicistica.

Ciò in quanto, le differenze evidenziate verrebbero a riservare ai soci un trattamento «diverso ed irrazionale rispetto a quello riservato dalle norme generali a tutti gli altri soggetti» sicché, ove si ritenesse che la scelta dell’arbitrato societario di cui al d.leg. 5/2003 fosse l’unica praticabile dai soci, si dovrebbe concludere per l’incostituzionalità della norma per violazione dell’art. 3 Cost. (così R. Guidotti, L’arbitrato di diritto comune in materia societaria, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2010, 675).

Peraltro, si è osservato che la legge delega autorizzava il governo a consentire che gli statuti contenessero clausole compromissorie eventualmente in deroga agli artt. 806 e 808 c.p.c., senza però prevedere una generale esclusione della validità delle regole codicistiche per le controversie societarie.

Nel senso sopra esposto, si vedano Cass., 4 giugno 2010, n. 13664, Giur. comm., 2011, II, 1080, che ha ritenuto ammissibile il concorso tra arbitrato societario irrituale e arbitrato comune in materia societaria; App. Torino, 8 marzo 2007, Giur. it., 2007, 906, con nota di S.A. Cerrato; Trib. Bologna, 25 maggio 2005, ivi, 2006, 1640, con nota di F. Restano; Trib. Genova, 7 marzo 2005, Giur. comm., 2006, II, 500, con nota di S.A. Cerrato. In dottrina, in tal senso, cfr. S.A. Cerrato, La clausola compromissoria nelle società. Profili sostanziali, Torino, 2012, 15; R. Guidotti, L’arbitrato di diritto comune, cit., 675; P.L. Nela, in Il nuovo processo societario, a cura di S. Chiarloni, Bologna, 2008, 1156.