21 Giugno 2022

Vendita forzata e opposizione agli atti esecutivi: la sospensione feriale è inapplicabile al termine per il versamento del prezzo di aggiudicazione

di Stefania Volonterio, Avvocato Scarica in PDF

Cassazione civile, Sez. III, sent. 8 giugno 2022, n. 18421, Pres. Vivaldi, Est. Saija

Espropriazione immobiliare – vendita forzata – aggiudicazione – versamento del prezzo – inadempienza dell’aggiudicatario – opposizione agli atti esecutivi (Cod. Proc. Civ. artt. 585, 586, 587, 617; L. n. 742 del 1969, art. 1)

 Massima: “Il termine di venti giorni per la proposizione dell’opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c. avverso il decreto di trasferimento di cui all’art. 586 c.p.c. decorre dalla conoscenza legale o di fatto del provvedimento, ovvero dal momento in cui la conoscenza del vizio da cui è affetto il bene (qualora integrante gli estremi del c.d. aliud pro alio), si è conseguita o sarebbe stata conseguibile secondo la diligenza ordinaria, non rilevando di per sé né la data di deposito (neppure essendo prescritto da alcuna norma che debba darsene comunicazione a cura della cancelleria o del professionista delegato ex art. 591-bis c.p.c.), né quella di trascrizione nei RR.II., avente mera funzione di pubblicità dichiarativa”.

[II] “In tema d’espropriazione forzata, il giudice dell’esecuzione, nel fissare le condizioni di vendita, può esercitare i poteri discrezionali che la legge implicitamente o esplicitamente gli attribuisce, nel rispetto delle disposizioni “minime” cogenti ovvero – ove la legge stessa non disponga diversamente – coniando le regole particolari che ritenga idonee a disciplinare il subprocedimento liquidatorio (ad es., in tema di pubblicità dell’avviso ex art. 490 c.p.c., contenuto dell’offerta, entità della cauzione, ecc.). Qualora, tuttavia, il giudice dell’esecuzione disponga contra legem, costituisce onere delle parti interessate – ferma restando l’eventuale responsabilità disciplinare del giudice stesso – proporre tempestivamente opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c. avverso il provvedimento illegittimo, pena la sua inoppugnabilità, la necessità di darvi pedissequa attuazione (in attuazione del principio di immutabilità delle condizioni di vendita, fatta salva l’eventuale revoca o modifica prima dell’esperimento di vendita stesso), nonché l’impossibilità di impugnare il successivo decreto di trasferimento, non potendo farsi valere l’invalidità derivata in caso di mancata reazione processuale avverso l’atto presupposto, salvo che l’opponente abbia incolpevolmente ignorato l’esistenza di quest’ultimo

[III] “In tema di vendita forzata, il termine di versamento del saldo del prezzo da parte dell’aggiudicatario è di natura sostanziale, in quanto è posto a presidio del relativo ius ad rem circa l’emissione del decreto di trasferimento ex art. 586 c.p.c., attenendo all’adempimento dell’obbligazione pecuniaria assunta dall’aggiudicatario stesso, attività che non necessita di difesa tecnica, ma che costituisce esecuzione di un atto dovuto e non negoziale; ne consegue che esso non è soggetto alla sospensione dei termini processuali nel periodo feriale, ex art. 1 della legge n. 742 del 1969

[IV] “In tema di vendita forzata, le disposizioni adottate dal giudice dell’esecuzione nell’ordinanza di vendita o di delega circa gli adempimenti, le modalità, i termini e, in generale, le condizioni cui l’esperimento di vendita è soggetto sono posti a presidio delle esigenze di certezza, legittimità, trasparenza, correttezza ed efficienza che sovraintendono al sistema dell’espropriazione forzata. Ne consegue che le parti del procedimento esecutivo (in primo luogo, il debitore esecutato) hanno pieno interesse a farne valere l’eventuale violazione mediante opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c., non dovendo dimostrare di aver da ciò subito uno specifico pregiudizio

CASO

Uno dei due soggetti ai quali era stato espropriato un immobile, poi trasferito ad un aggiudicatario a seguito di vendita forzata, proponeva opposizione ex art. 617 c.p.c. avverso il decreto di trasferimento pronunciato dal giudice dell’esecuzione, lamentando che l’aggiudicatario aveva provveduto al versamento del prezzo in una data successiva a quella a suo tempo fissata nell’avviso di vendita.

Il giudice dell’opposizione respingeva le doglianze del debitore opponente sostenendo che, anche prescindendo da quanto indicato nell’avviso di vendita, il termine per il versamento del prezzo di aggiudicazione doveva considerarsi automaticamente soggetto alla sospensione feriale dei termini ai sensi della legge 742/1969, considerata la natura processuale di detto termine. Il versamento fatto dall’aggiudicatario doveva quindi considerarsi tempestivo e, aggiungeva peraltro il giudice dell’opposizione, il debitore espropriato doveva considerarsi carente di interesse all’impugnazione perché non aveva chiarito “quale fosse il concreto pregiudizio patito per effetto della denunciata violazione”.

Il debitore opponente ha quindi proposto impugnazione dinanzi alla Suprema Corte di cassazione sostenendo, da un lato, la natura perentoria del termine assegnato all’aggiudicatario per il versamento del prezzo e la non sottoposizione del medesimo termine alla sospensione feriale, e sostenendo altresì, dall’altro lato, che l’aver in tal modo ampliato il termine per il versamento previsto nell’avviso di vendita ha determinato una illegittima sopravvenuta modifica delle condizioni a suo tempo fissate per la partecipazione alla vendita forzata.

Il creditore esecutante ha a sua volta proposto ricorso incidentale lamentando l’errore nel quale sarebbe incorso il giudice dell’opposizione nel considerare tempestivamente proposta l’opposizione da parte del debitore esecutato.

SOLUZIONE

La Suprema Corte prende preliminarmente in considerazione la doglianza del ricorrente incidentale circa la tempestività dell’opposizione ex art. 617 c.p.c.

Il ricorrente incidentale, infatti, sostiene che il dies a quo per la proposizione dell’opposizione era da individuarsi nel deposito del decreto di trasferimento pronunciato del giudice dell’esecuzione e non, come invece ritenuto dal giudice dell’opposizione, nel deposito, da parte del notaio delegato, di un atto denominato “attestazione di avvenuto pagamento”.

La Corte richiama innanzitutto il proprio consolidato orientamento in forza del quale il termine per l’impugnazione ex art. 617 c.p.c. non decorre automaticamente dal deposito di un provvedimento da parte del giudice – viepiù considerando che, nel caso specifico del decreto di trasferimento, la legge non prevede che esso sia comunicato alle parti -, bensì dal momento in cui la parte dimostra di aver avuto conoscenza legale o di fatto del provvedimento viziato, così confermando la necessità di una conoscenza effettiva e completa dell’atto da impugnare.

Di conseguenza, prosegue la Corte, non può considerarsi “valido” dies a quo né l’inserimento nel fascicolo dell’esecuzione dell’attestazione del notaio dell’avvenuto pagamento del prezzo di aggiudicazione, né la data di effettivo versamento di tale prezzo a mani del professionista, né il deposito del decreto di trasferimento e neppure la data di trascrizione di tale provvedimento nei Registri Immobiliari (incombente che ha peraltro solo natura pubblicitaria e non costitutiva).

Nel caso di specie, quel dies a quo deve individuarsi nel giorno in cui risulta che il difensore del debitore esecutato (poi opponente) ha effettuato un accesso nel fascicolo telematico del procedimento esecutivo, perché è da quel momento che il debitore si considera venuto a conoscenza del deposito del decreto di trasferimento e da quello stesso momento egli risulta allora onerato di verificare “ogni profilo idoneo ad incidere sulla propria posizione processuale” e, nel caso, di denunciare irregolarità e vizi entro verti giorni.

I Supremi Giudici, ritenuta quindi tempestiva l’opposizione, passano ad esaminare le questioni relative al termine di versamento del prezzo da parte del terzo aggiudicatario.

Il primo profilo di esame attiene alla lamentata modifica, ex post, delle regole della vendita, modifica che il giudice dell’opposizione avrebbe consentito ritenendo applicabile al termine di versamento del prezzo il periodo di sospensione feriale che, invece, era esplicitamente escluso nell’avviso di vendita e in una circolare interna del tribunale, alla quale detto avviso si era attenuto.

La Cassazione concorda con il ricorrente nel ritenere che l’avviso di vendita rappresenti una sorta di lex specialis nell’ambito del sub-procedimento liquidatorio di un bene esecutato ma, precisa, ciò “non significa certo che esso possa ritenersi come una sorta di ‘isola’, indifferente alle previsioni delle norme primarie e regolamentari, talché queste possano trovare applicazione solo se dal bando stesso richiamate o fatte proprie”. Il giudice dell’esecuzione quindi, può ben coniare, nell’avviso di vendita, regole specifiche e maggiormente adatte al caso specifico, ma ciò sempre nel rispetto di quanto prevede la legge.

In caso diverso, la parte interessata ha l’onere di impugnare l’atto abnorme o contra legem ai sensi e nei termini di cui all’art. 617 c.p.c.. Se ciò non avviene, o non avviene tempestivamente, il provvedimento diviene definitivo ed immutabile, e non potranno per lo stesso motivo essere impugnati i provvedimenti successivi. Nel caso in esame, già il provvedimento con il quale era stata disposta la delega di vendita al notaio prevedeva espressamente l’esclusione della sospensione feriale per il termine di versamento del prezzo, ed essa non era stata impugnata, sicché, giusta o sbagliata che fosse la non applicazione del periodo di sospensione feriale, la questione non poteva più essere oggetto di doglianza, neppure attraverso l’impugnazione, per questo stesso motivo, del successivo provvedimento di assegnazione.

Il termine di versamento del prezzo da parte dell’aggiudicatario non era quindi soggetto alla sospensione feriale in forza di quanto previsto nel provvedimento, non impugnato, che aveva disposto la vendita.

La Corte passa quindi a valutare la questione sotto un altro, più radicale, profilo: l’applicabilità, in termini generali, del periodo di sospensione feriale al termine concesso all’aggiudicatario per il versamento del prezzo.

I Supremi Giudici compiono un’ampia disamina volta a sostenere quello che viene definito “fermo convincimento”: la natura sostanziale e non processuale del termine in questione, con la conseguenza che ad esso non è applicabile il periodo di sospensione feriale.

In estrema sintesi (la motivazione, su questo punto, è molto estesa ed articolata), la Corte ritiene che natura processuale possa essere riconosciuta ai termini previsti per la fase “selettiva” dell’aggiudicatario, e quindi per tutti quei termini che scandiscono la fase tesa alla provocatio ad offerendum, mentre una volta che l’aggiudicatario è stato individuato si passa ad una fase diversa, volta all’adempimento di una obbligazione pecuniaria che detto aggiudicatario si è volontariamente assunto, sicchè “il termine in discorso ha valenza sostanziale perché incide, direttamente e immediatamente, sulla situazione giuridica sostanziale dell’aggiudicatario e non sulle sue facoltà e potestà processuali”.

La Corte, sul punto, osserva infine, in un’ottica di generale tutela dei terzi (perché l’aggiudicatario è “terzo” rispetto al processo esecutivo) che, ritenendo applicabile la sospensione feriale dei termini (che peraltro, dice la Corte, nasce per consentire un periodo di riposo ai soli avvocati), si finirebbe “col concedere agli offerenti ‘primaverili o estivi’ un maggior spazio temporale per l’adempimento, rispetto agli offerenti ‘autunnali o invernali’il che pare, in verità, ancor più privo di giustificazione, già nella prospettiva del quisque de populo, non potendo a ciò frapporsi, oggigiorno, l’idea che nel periodo estivo ci sia maggiore difficoltà nell’ottenere il supporto del sistema bancario se l’acquisto dell’aggiudicatario viene finanziato.  

In ultimo, la Corte affronta il tema della rilevata carenza di interesse concreto all’opposizione da parte del debitore esecutato, per non avere quest’ultimo allegato il concreto pregiudizio subito. Sul punto, la Corte ritiene che sia preciso interesse dell’esecutato quello a che le operazioni di vendita “si svolgano nell’egida dei canoni della certezza, legittimità, trasparenza, correttezza ed efficienza”.

In esito, la Corte, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., cassa la sentenza impugnata e, in accoglimento dell’opposizione del debitore, tempestiva e sorretta da interesse, annulla il decreto di trasferimento a suo tempo pronunciato, essendo l’aggiudicatario decaduto dal termine per il versamento del prezzo.

QUESTIONI

La sentenza in commento affronta molti temi e lo fa in modo, come più volte detto, ampio e analitico.

La questione relativa al dies a quo per la proposizione dell’opposizione ex art. 617 c.p.c. si allinea con l’ormai consolidato principio in base al quale il decorso di un termine di impugnazione non può che farsi coincidere con l’effettiva e piena conoscenza dell’attività provvedimentale alla quale si vuole reagire, in particolare ove per esso non siano previste comunicazioni o notificazioni che ne comportino comunque uno stato di conoscenze legale. Sul punto, la Corte richiama esplicitamente un tema di natura sostanziale quale quello dell’azione nel caso di vendita di aliud pro alio, caso nel quale è ormai noto che il termine per la denuncia non decorre “dalla data in cui si verifica l’effetto traslativo, ma dal momento in cui, rispettivamente, ha luogo l’inadempimento e si concreta la manifestazione oggettiva del danno, avendo comunque riguardo all’epoca di accadimento del fatto lesivo, per come obiettivamente percepibile e riconoscibile” (così, ex multis, Cass. 627/2020).

Quanto al termine per il versamento del prezzo da parte dell’aggiudicatario, la Corte, come visto, chiarisce che si tratta di un termine sostanziale, non essendo sufficiente, per qualificarlo diversamente, il fatto che esso sia inserito “in una determinata sequenza procedimentale”. Diversamente opinando, dice la Corte, “se ne dovrebbe inferire che, giocoforza, tutti i termini previsti dal codice di rito … resterebbero connotati da tale veste”, mentre è ad esempio noto che il termine per adempiere ai sensi dell’art. 482 c.p.c. ha natura sostanziale e non è quindi soggetto a sospensione feriale dei termini.

Sempre in relazione al termine in esame, può essere interessante rilevare che la Corte conferma la sua natura perentoria e non prorogabile. Era infatti invalsa in diversi tribunale la prassi di prorogare il termine a richiesta dell’aggiudicatario, prassi già da tempo censurata dalla Cassazione in ragione “dell’immediata e diretta funzionalizzazione del subprocedimento alla trasparente correttezza dell’individuazione del miglior offerente possibile in base a condizioni non mutate per nessun partecipante dopo l’inizio della gara”, considerando che l’”apparente sacrificio del singolo aggiudicatario … tutela invece l’affidamento della platea indifferenziata ed indistinta dei potenziali acquirenti” (così Cass. 11171/2015). Si conferma quindi, anche sotto questo profilo, la necessità che le “regole del gioco” rimangano ferme ed immutate, e non modificate ex post, con un vantaggio a quel punto sopravvenuto solo per l’aggiudicatario.

La sentenza in commento si pone poi anche nel solco di precedenti pronunce, che garantiscono l’immutabilità di quanto previsto nel provvedimento di delega e/o nell’avviso di vendita che non siano stati impugnati, e ciò anche laddove contengano previsioni non aderenti al dettato normativo: Cass. 37705/2021, ad esempio, ha considerato rispettato il versamento del prezzo fatto dall’aggiudicatario entro otto mesi dall’aggiudicazione poiché, nonostante questo termine fosse superiore ai centoventi giorni previsti dalla legge, nell’avviso di vendita il termine de quo era individuato come quello “indicato in offerta” (e il partecipante alla gara, poi aggiudicatario, nell’offerta aveva appunto indicato il termine di otto mesi) e tale avviso non era stato impugnato.

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