19 Febbraio 2019

Usura sopravvenuta e apertura di credito

di Fabio Fiorucci, Avvocato Scarica in PDF

Come noto, con la sentenza n. 24675/2017, le Sezioni Unite hanno stabilito quanto segue: «allorché il tasso degli interessi concordato tra mutuante e mutuatario superi, nel corso dello svolgimento del rapporto, la soglia dell’usura come determinata in base alle disposizioni della legge n. 108 del 1996, non si verifica la nullità o l’inefficacia della clausola contrattuale di determinazione del tasso degli interessi stipulata anteriormente all’entrata in vigore della predetta legge, o della clausola stipulata successivamente per un tasso non eccedente tale soglia quale risultante al momento della stipula».

Non appare scontata l’applicazione del principio di diritto enunciato dalle Sezioni Unite in materia di usura sopravvenuta a forme di finanziamento diverse dal mutuo. In particolare, occorre verificare come nelle aperture di credito in conto corrente – in cui il TEGM è rilevato da Bankitalia avuto riguardo a «tutti i rapporti di finanziamento intrattenuti nel trimestre di riferimento» (interesse ‘praticato’) – possa essere proficuamente applicata la soluzione fornita dalle Sezioni Unite. Al momento della stipula di un’apertura di credito non è possibile conoscere ex ante quale sarà il capitale utilizzato dal cliente e il periodo di tale utilizzo; peraltro, il TEG applicato non dipende soltanto dall’interesse pattuito, ma dalla combinazione di interessi e oneri commissionali che sono determinati in funzione dell’utilizzo e sono verificabili soltanto a rendiconto e a posteriori, ad esempio la CIV (in arg. Astuni, Usura sopravvenuta. Note per l’utilizzo di Cass., sez. un., n. 24675/2017 (slides), 2017, in www.studibancari.it; Fiorucci, Anatocismo, usura e TAEG/ISC nei mutui bancari, Milano, 2019, p. 120).

Nonostante quanto precede, la prevalente giurisprudenza ha sancito l’applicabilità della decisione delle Sezioni Unite n. 24675/2017 (non configurabilità dell’usura sopravvenuta) anche al contratto di apertura di credito in conto corrente (Trib. Roma 6.12.2017, 19.2.2018 e 26.1.2018; App. Milano 21.12.2017; Trib. Cassino 23.4.2018 e 18.9.2018; Trib. Brescia 23.2.2018; Trib. Modena 27.2.2018; Trib. Monza 13.6.2018; Trib. Milano 27.9.2018; Trib. Padova 9.11.2018).

Alcune decisioni hanno opportunamente evidenziato che il principio di diritto enunciato dalle Sezioni Unite è applicabile anche ai rapporti di conto corrente, ma in relazione a tali contratti l’accertamento dell’usurarietà deve tenere conto delle peculiarità proprie di tale tipologia di contratti: l’usurarietà genetica del rapporto andrà verificata sia con riferimento al momento della stipula del contratto sia con riguardo alle eventuali successive pattuizioni modificative, concordate od unilaterali che siano (Trib. Monza 13.6.2018; Trib. Padova 23.1.2018). È infatti rilevato che «concentrare l’analisi al solo momento genetico a fronte delle particolarità del rapporto di conto corrente consentirebbe all’istituto di credito di pattuire contrattualmente un tasso debitore entro soglia salvo poi, il trimestre successivo, operare una modifica unilaterale manifestamente usuraria senza che il correntista possa reagire se non recedendo dal rapporto. Ma se il correntista su quel conto avesse ottenuto una apertura di credito … integralmente utilizzata, il recesso passerebbe necessariamente attraverso il rimborso integrale della somma anticipata. Tale situazione potrebbe portare, se la variazione unilaterale fosse irrilevante, a “segregare” il correntista in un rapporto usurario senza la possibilità di sciogliersene. In tal senso devono assumere rilevanza anche le variazioni unilaterali operate dalla banca» (Trib. Padova 9.11.2018).