4 Luglio 2023

Pluralità di ricorsi monitori e abusivo frazionamento del credito

di Silvia Romanò, Dottoranda in Scienze giuridiche europee e internazionali presso l'Università degli Studi di Verona Scarica in PDF

Cassazione civile, Sez. II, Ordinanza 12/06/2023, n. 16508. Pres. D’Ascola, Estensore Carrato

Procedimento monitorio – plurime procedure monitorie – contratto normativo – spese processuali civili – abusivo frazionamento del credito

Massima: “Costituisce violazione del divieto di indebito frazionamento del credito la proposizione di numerosi ricorsi monitori per altrettanti incarichi di difesa derivanti da una convenzione che dia conto della riconducibilità delle singole prestazioni ad una relazione unitaria”.

CASO

Lo studio legale Alfa instaurava plurime procedure monitorie, ottenendo altrettanti decreti ingiuntivi, avanti il giudice di pace di Caserta contro la debitrice Beta per l’attività professionale svolta in favore di quest’ultima in virtù di una specifica convenzione tariffaria, e mai onorata. Beta proponeva altrettante opposizioni le quali, riunite in un unico processo, venivano rigettate a spese compensate. Il giudice del primo grado, pur ritenendo sussistenti i presupposti di un illegittimo frazionamento del credito spettante allo studio legale, attesa la proposizione di 250 procedure monitorie e la loro riconducibilità alla medesima convenzione tariffaria, riteneva di avere sciolto la questione riunendo i giudizi.

La decisione veniva appellata da Beta, mentre lo studio legale, non ritenendo sussistente la parcellizzazione del credito, proponeva appello incidentale per il riconoscimento delle spese legali di tutti i giudizi di opposizione. Il giudice d’appello, rigettato l’appello principale e incidentale a spese compensate, affermava l’abusivo frazionamento della domanda monitoria dello studio legale, in quanto le prestazioni professionali erano state rese nell’ambito di una convenzione che, qualora fosse venuta meno, avrebbe caducato tutti gli incarichi, anche qui concludendo che la disposta riunione aveva sanato il vizio dell’attività processuale del creditore.

Ricorreva per cassazione lo studio professionale. Resisteva con controricorso Beta.

SOLUZIONE

Riprendendo un proprio consolidato orientamento, la Corte di Cassazione afferma l’abusivo frazionamento del credito concretizzatosi nella proposizione di plurimi ricorsi monitori aventi ad oggetto diversi e distinti diritti di credito relativi ad un medesimo rapporto di durata tra le parti in difetto di uno specifico interesse meritevole di tutela del creditore alla trattazione separata delle pretese. Dall’accertamento dell’abusività della condotta processuale della parte deriva l’improponibilità delle domande separatamente proposte e, comunque, l’eliminazione di tutti gli effetti distorsivi del frazionamento.

QUESTIONI

La questione principale riguarda la configurabilità della proposizione di 250 procedure monitorie nascenti da una stessa convenzione tariffaria tra le medesime parti come un abusivo frazionamento del credito professionale.

La Suprema Corte rileva, innanzitutto, come tutti gli incarichi difensivi intercorrenti tra le parti fossero attratti e disciplinati dalla medesima convenzione tariffaria, configurabile alla stregua di un contratto normativo, sia per quanto riguarda gli incarichi futuri, che per quelli pregressi (fatturati successivamente), chiarendo che tale convenzione permetteva la riconducibilità delle singole prestazioni entro una relazione unitaria.

Tanto premesso, la Corte di cassazione si riporta a un proprio consolidato orientamento, secondo il quale, in linea generale, non è consentito al creditore di una determinata somma di denaro, dovuta in forza di un “unico rapporto obbligatorio”, proporre plurime richieste giudiziali di adempimento (Cass. SU n. 23726/2007; Cass. n. 19898/2018; Cass. n. 15398/2019; Cass. n. 26089/2019; Cass. n. 9398/2017; Cass. 17019/2018). Per quanto concerne domande aventi ad oggetto diversi e distinti diritti di credito, anche se relativi ad un medesimo rapporto di durata tra le parti, queste possono essere proposte in separati processi, ma a certe condizioni: infatti, qualora tali pretese creditorie, oltre a far capo ad un medesimo rapporto tra le stesse parti, siano anche, in proiezione, inscrivibili nel medesimo ambito oggettivo di un possibile giudicato o, comunque, fondate sullo stesso fatto costitutivo, sì da non poter essere accertate separatamente se non a costo di una duplicazione di attività istruttoria e di una conseguente dispersione della conoscenza dell’identica vicenda sostanziale, le relative domande possono essere autonomamente proposte soltanto se sia ravvisabile in capo al creditore un interesse oggettivamente valutabile alla tutela processuale frazionata (Cass. SU n. 4090/2017).

Precisato che “medesimo rapporto di durata” deve essere inteso in senso storico/fenomenologico, quale “relazione di fatto” realizzatasi tra le parti nella specifica vicenda da cui deriva la controversia, e che nell’espressione “medesimo fatto costitutivo”, l’aggettivo “medesimo” va inteso come sinonimo di “analogo” e non di “identico”, la Suprema Corte riconosce il frazionamento abusivo del credito nel caso di specie, nel quale non soltanto i ricorsi monitori separatamente azionati, sebbene riconducibili a fatti costitutivi storicamente distinti, si sono tuttavia verificati nel contesto di un medesimo rapporto di durata, ma ove anche l’interesse alla trattazione separata del creditore era stato escluso motivatamente dal giudice di primo grado.

Viene, peraltro, accolto l’unico motivo di ricorso incidentale, nel quale si deduce che il Tribunale, dopo aver accertato l’abusivo frazionamento del credito, non poteva limitarsi a compensare le spese dei giudizi di opposizione, ma doveva regolare anche quelle dei relativi decreti ingiuntivi (ovvero riguardanti le rispettive fasi monitorie).

Contrariamente a quanto svolto dal giudice del primo grado, la Suprema Corte precisa che le conseguenze dell’abusivo frazionamento del credito non si esauriscono unicamente nella regolazione delle spese processuali, ma comportano l’inammissibilità delle domande separatamente proposte, ferma restando la possibilità di riproporle in cumulo oggettivo ex art. 104 c.p.c.: sebbene la contraria soluzione adottata dal Tribunale non sia oggetto di ricorso, la mancata declaratoria di improponibilità delle domande separatamente proposte non esonera il giudice dal compito di eliminare tutti gli effetti distorsivi del frazionamento e, dunque, di valutare la vicenda processuale nell’ottica dell’unitarietà sostanziale e fattuale del rapporto in cui si inscrivevano i singoli incarichi, dovendosi escludere, anche a prescindere dalla soccombenza, la ripetizione delle spese causate da condotte processuali contrarie a buona fede; compiti, tutti, che spettano al giudice del rinvio.

Segue la cassazione della sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, con rinvio della causa al Tribunale competente in persona di altro magistrato, anche per le spese del giudizio di legittimità.

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