16 Novembre 2021

Onere di deposito documentale in sede di opposizione allo stato passivo: natura del procedimento

di Federico Callegaro, Cultore di Diritto Commerciale presso l' Università degli Studi di Verona Scarica in PDF

Cass. Civ. Sez. 1, Sentenza 27 aprile 2021, n. 21826, Pres. Cristiano – Rel. Vannucci

Parole chiave: opposizione allo stato passivo – onere documentale –  non necessità deposito della decisione del giudice delegato – onere di sollecitare la collaborazione delle parti ovvero accesso diretto al fascicolo della procedura.

Riferimenti normativi: Legge Fallimentare artt. 90, 96, 99 secondo comma n. 4; Cod. proc. civ. artt. 339, 347 in relazione all’art. 360 n. 3.

CASO

L’opposizione allo stato passivo di un fallimento, proposta da una creditrice in ragione della parziale ammissione del proprio credito, veniva respinta dal Tribunale la cui decisione trovava “motivazione fondante”  nella sola produzione del provvedimento del giudice delegato ma non del progetto di stato passivo, “al cui contenuto il medesimo provvedimento aveva rinviato per il rigetto di detta domanda”. Tale mancato deposito, secondo il Tribunale, aveva reso impossibile la verifica: a) del contenuto della decisione impugnata, b) delle ragioni della dichiarata inopponibilità del credito alla curatela e dello stesso interesse dell’opponente, c) della fondatezza dei motivi dell’opposizione[2].

SOLUZIONE

In primis si riporta, brevemente, l’esposizione dell’evoluzione di legittimità fin qui sviluppatasi come declinata dalla Corte nella Pronuncia in esame.

Sottolineando come la giurisprudenza di legittimità abbia “ripetutamente affermato che l’opposizione allo stato passivo del fallimento (come disciplinata a seguito del d. Igs. n. 169 del 2007), ancorché abbia natura impugnatoria, costituendo il rimedio avverso la decisione del giudice delegato interna a procedimento sommario, non è un giudizio di appello” ribadisce che “il relativo procedimento è dunque integralmente disciplinato dagli artt. 98, secondo comma e 99 l.fall.; non anche dalle disposizioni del codice di rito relative al giudizio di cognizione in appello[3]. Da quanto precede, quindi, viene fatto derivare che “la mancata produzione da parte dell’opponente di copia autentica del provvedimento giudiziale impugnato non costituisce causa di improcedibilità della domanda coltivata nel giudizio di opposizione, non trovando applicazione l’art. 339 cod. proc. civ.”.[4]

La Corte rileva come “invero” la disciplina normativa[5] non faccia alcun riferimento alla “ necessaria allegazione del provvedimento giudiziale impugnato” facendone derivare che “il deposito di copia autentica del decreto del giudice delegato, indispensabile ai fini della decisione” sia, nel procedimento di opposizione, “consentita in qualsiasi momento fino alla decisione e anche nel giudizio di rinvio” (in questo senso, cfr.[6]).

La Corte, nel sottolineare come “tale orientamento non appare tuttavia univoco” offre un’analisi puntuale dell’evoluzione di legittimità fin qui sviluppatasi sul punto, excursus che si ritiene qui di seguito richiamare, seppur succintamente:

viene richiamata un proprio precedente (Cass. n . 2677 del 2012), con cui veniva “affermato con decisione” che la disciplina di cui agli artt. 339 e segg. cod. proc. civ. non trova applicazione al giudizio camerale di opposizione in quanto l’art. 99 l. fall. “indica chiaramente qual è il contenuto del ricorso e l’unico richiamo all’allegazione di documenti attiene a quelli che la parte può discrezionalmente sottoporre al giudice”.

Atteso come nel ricorso in opposizione risulti testualmente riportato il contenuto del provvedimento del giudice delegato, come tratto dalla comunicazione del curatore, la Corte ne fa seguire come la “mancata menzione del deposito” non determina l’improcedibilità dell’appello se, al momento della decisione, la sentenza risulti comunque allegata agli atti, ovvero quando nulla impedisce al giudice del gravame di disporre di elementi di giudizio sufficienti ad esprimere la propria decisione[7];

viene richiamato un altro precedente (Cass. n. 6804 del 2012) secondo cui, in materia di procedimenti di carattere impugnatorio, non possa configurarsi “una decisione del giudice che annulli o modifichi un provvedimento giudiziario senza averne conosciuto il contenuto in un documento che ne garantisca l’autenticità; sicché il precetto contenuto nella norma trova applicazione anche nel giudizio di reclamo avverso lo stato passivo del fallimento[8];

a conclusione di tale fase analitica dell’excursus giurisprudenziale di Legittimità, sottolineando come la “contraddittorietà interna” dell’orientamento dianzi riportato sia stata precedentemente già evidenziata da propri precedenti[9], trovando precisazione come “la conoscenza del contenuto del decreto giudiziale impugnato in tale procedimento deve essere officiosamente acquisita dal giudice dell’opposizione mediante consultazione del fascicolo della procedura medesima[10] derivandone, quale conseguenza, “che il collegio incaricato nella trattazione dell’opposizione può acquisire tutti i documenti contenuti nell’unico fascicolo della procedura[11].

La Corte ritiene come tale ultimo orientamento, “caratterizzato da razionalità giuridica interna”, debba essere ribadito precisandosi, peraltro, che “l’acquisizione al fascicolo del giudizio di opposizione del decreto del giudice delegato e, ove necessario ai fini della decisione sull’opposizione medesima, anche della proposta dal curatore formulata nel progetto di stato passivo, ben può avvenire ad opera di parte a ciò officiosamente sollecitata dal giudice dell’opposizione”.

A conclusione del complessivo ed articolato excursus eseguito, viene formulato il seguente principio di diritto[12]:

  • premettendo “l’opposizione al decreto che rende esecutivo lo stato passivo di fallimento[13] ha natura di impugnazione di decisione del giudice delegato alla procedura, di segno anche solo parzialmente negativo, di domanda di ammissione al passivo e il procedimento, incidentale alla formazione del passivo della procedura, che con essa si instaura ha la sua intera disciplina nell’art. 99 l.fall.”;
  • evidenziando “in tale procedimento non trova dunque applicazione la disciplina recata dagli artt. 339 e segg. cod. proc. civ. in tema di appello secondo il rito ordinario di cognizione e, in particolare, dall’art. 347, secondo comma, cod. proc. civ[14].”;
  • precisa “nel caso di mancato deposito da parte dell’opponente di copia della decisione del giudice delegato (non rientrante fra i documenti da depositare, ovvero da indicare, a pena di decadenza, ai sensi dell’art. 99, secondo comma, n. 4), l.fall.) ritenuta indispensabile ai fini della decisione sull’impugnazione, il tribunale non potrà legittimamente definire l’opposizione con pronuncia, di rito ovvero di merito, fondata solo su tale omissione; dovendo, invece, sollecitare officiosamente la cooperazione delle parti costituite nell’acquisizione di tale atto ovvero, in alternativa, accedere direttamente al fascicolo d’ufficio della procedura per riscontrarne il contenuto”.

QUESTIONI

Risulta di chiaro interesse di Parte Impugnante provvedere, comunque, al deposito degli Atti indicati dalla Corte nel dianzi citato Principio Giuridico apparendo opportuno anche al fine di favorire una definizione del giudizio nei termini più brevi possibili, evitando rinvii determinati da ulteriori oneri di produzione, ovvero acquisizione – in applicazione del Principio di Diritto formulato dalla Corte di Cassazione – presso i competenti Uffici Giudiziari.

[1] Data pubblicazione 29 luglio 2021.

[2] Citando la Decisione di merito, a sostegno, il principio affermato da Cass. n. 19802 del 2015 e da Cass. n. 2677 del 2012.

[3]  Richiamando “in questo senso, cfr., fra le molte” : Cass. n. 4708 del 2011; Cass. n. 2677 del 2012; Cass, n. 24972 del 2013; Cass. n. 9617 del 2016; Cass. n. 21581 del 2018.

[4] Richiamando “in questo senso” Cass. n. 2677 del 2012, cit.; cui adde: Cass. n. 6804 del 2012; Cass. n. 19802 del 2015; Cass. n. 17086 del 2016).

[5] Art. 99, secondo comma, l.f.

[6] Citando propri precedenti: Cass. n. 2677 del 2012; Cass. n. 6804 del 2012.

[7]in quanto il giudice del gravame era perfettamente in grado di comprendere il tenore e la motivazione del provvedimento impugnato

[8] Con riferimento a tale “netta affermazione di applicabilità dell’art. 347, secondo comma, cod. proc. civ.”, la Corte richiama, in particolare Cass. n. 19802 del 2015, secondo la quale “… il mancato deposito del decreto impugnato da parte dell’opponente impedisce al giudice dell’opposizione di accertare «la soccombenza prospettata dal reclamante a giustificazione del suo interesse» e «la fondatezza della censura sulla motivazione»; la conseguenza di tale mancato deposito è il rigetto nel merito dell’opposizione e non anche la relativa improcedibilità…”.

[9] Come “evidenziata da Cass. 23138 del 2020 (cui ha fatto seguito Cass. 9339 del 2021)”.

[10] Richiamando gli artt. 90 e 96, quarto comma, l. fall.

[11] Con riferimento a quelli già prodotti nel corso della verifica dello stato passivo innanzi al giudice delegato, la Pronuncia richiama propri precedenti (Cass. n. 12549 del 2017, Cass. n. 25663 del 2020), per i quali “in mancanza del deposito di uno di essi, il tribunale deve disporne l’acquisizione dal fascicolo d’ufficio della procedura fallimentare ove esso è custodito”.

[12] Qui declinato in termini da evidenziarne il percorso logico interpretativo che lo ha generato.

[13] Con riferimento all’applicazione dell’Art. 98, primo e secondo comma, l.fall.

[14]dispositivo dell’obbligo per l’appellante di depositare copia autentica della sentenza appellata”.