15 Novembre 2022

In mancanza di comunicazione o notificazione si applica il termine semestrale per impugnare le ordinanze ex art. 702 ter c.p.c., quand’anche emesse in udienza

di Stefania Volonterio, Avvocato Scarica in PDF

Cassazione civile, Sez. VI, sent. 3 novembre 2022, n. 32349, Pres. Orilia, Est. Besso Marcheis

Rito sommario – termine di impugnazione c.d. breve – termine di impugnazione c.d. lungo (Cod. Proc. Civ. artt. 702 bis e ss. – 327)

Massima:L’introduzione di una specifica disciplina attinente al termine breve e agli effetti del suo decorso non può assorbire in modo meramente implicito la via dell’art. 327 c.p.c., potendo tale conclusione essere raggiunta solo in presenza di una espressa scelta da parte del legislatore, che nella fattispecie non si ravvisa, avendo l’art. 702-quater c.p.c. semplicemente inteso introdurre l’accelerazione del termine di impugnazione, di norma correlato alla notificazione del provvedimento, anche al caso della sua comunicazione, prescindendosi da uno specifico impulso di parte

CASO

Un avvocato proponeva opposizione avverso il decreto con il quale la Corte di Appello gli aveva negato la liquidazione delle competenze maturate in una difesa d’ufficio. L’opposizione veniva però dichiarata inammissibile per tardività, essendo stata proposta oltre i sei mesi, di cui all’art. 327 c.p.c., dal deposito del provvedimento gravato. L’avvocato proponeva quindi ricorso in cassazione sostenendo, da un lato, di aver proposto l’impugnazione entro trenta giorni dalla comunicazione del provvedimento da parte della cancelleria, comunicazione che era stata effettuata oltre sei mesi dopo il deposito del provvedimento; dall’altro lato, sostenendo (così pare emergere dal testo della pronuncia) che la giurisprudenza prevalente della Suprema Corte fosse orientata nel ritenere non applicabile l’art. 327 c.p.c. all’ordinanza emessa a seguito del rito sommario di cognizione di cui agli artt. 702 bis ss. c.p.c.

SOLUZIONE

La Suprema Corte chiarisce immediatamente che la giurisprudenza della medesima (che il ricorrente qualifica come “prevalente”) che ritiene inapplicabile l’art. 327 c.p.c. “in ordine alla individuazione del termine per proporre appello avverso l’ordinanza emessa all’esito del processo sommario di cognizione di cui agli artt. 702-bis e ss. c.p.c.” rappresenta in realtà una corrente isolata e, in ogni caso, ormai superata.

La Corte ritiene di dare continuità ai precedenti in base ai quali non è condivisibile l’argomento, che avrebbe un fondamento sistematico, secondo il quale “l’ordinanza ex art. 702­-ter c.p.c., per la presenza di una norma speciale in ordine al termine breve per appellare, sfuggirebbe al termine lungo dettato dall’art. 327 c.p.c.”. Sempre secondo la Corte, infatti, un istituto come il rito sommario, proprio perché inserito dal legislatore nel Codice di Procedura Civile e non in una autonoma legge speciale, non può essere isolato dal sistema processuale del quale fa parte, non potendosi quindi condividere l’idea che “la sua disciplina sia decontestualizzata dal sistema processuale nel quale si innesta, dovendosi quindi fare ricorso a tutti quegli istituti presenti nel sistema e connotati da un carattere generale”.

Tra questi principi generali, proseguono i Supremi Giudici, deve annoverarsi “anche il termine impugnatorio c.d. lungo previsto dall’art. 327 c.p.c.”, del quale la giurisprudenza ha da tempo riconosciuto tale generale applicabilità.

Da qui il principio in base al quale la presenza della speciale previsione di cui all’art. 702 quater c.p.c. (che introduce un termine breve il cui dies a quo non è legato, eccezionalmente, solo ad un impulso di parte – la notificazione – ma anche ad una attività d’ufficio – la comunicazione di cancelleria) non può con ciò stesso interpretarsi come implicito assorbimento e superamento della disciplina dell’art. 327 c.p.c.

Diversamente opinando, prosegue la Corte, in mancanza della comunicazione della cancelleria si creerebbe una “situazione di impasse” che, teoricamente, lascerebbe aperto sine die il termine per impugnare, situazione che il sistema non può accettare, viepiù rispetto ad un rito, quello sommario, che ha forte vocazione acceleratoria.

Del resto, conclude la Corte, “la decadenza da un termine processuale, ivi compreso quello per impugnare, non può ritenersi incolpevole e giustificare, quindi, la rimessione in termini, ove sia avvenuta per errore di diritto”, tale essendo la doglianza di una omessa comunicazione di cancelleria, visto che il termine di cui all’art. 327 c.p.c. decorre dalla pubblicazione della sentenza indipendentemente dall’assolvimento o meno, da parte della cancelleria, dei relativi oneri di comunicazione.

QUESTIONI

La sentenza in esame, pubblicata il 3 novembre 2022, è stata pronunciata il 13 maggio 2022, e quindi anteriormente alla pronuncia della Sezioni Unite n. 28975/2022 del 13 settembre/5 ottobre 2022 che pure ha affrontata il tema dei termini di impugnazione del provvedimento reso in esito a procedimento sommario.

Il tema ha in effetti impegnato dottrina e giurisprudenza sin dall’esordio, nel 2009, del rito sommario di cui agli artt. 702 bis e ss. c.p.c..

Ai molti dubbi il giudice della nomofilachia pare aver dato oggi alcune risposte che può essere utile riassumere, anche alla luce del caso qui esaminato, nel quale la Suprema Corte coglie l’occasione per ribadire l’indubbia applicabilità anche al provvedimento di cui all’art. 702 ter c.p.c. del termine c.d. “lungo” per l’impugnazione.

Pertanto, l’ordinanza che chiude il rito sommario continua ad essere sottoposta al regime speciale di cui all’art. 702 quater c.p.c. che determina il decorso del termine c.d. breve per l’impugnazione (30 giorni) dalla sua comunicazione di cancelleria (che, come noto, non è invece adempimento idoneo a far decorrere il termine, sia esso lungo o breve, di impugnazione della sentenza, come esplicitamente ci dice il secondo comma dell’art. 133 c.p.c.) oppure dalla sua notificazione ad opera della controparte, se avvenuta anteriormente alla comunicazione di cancelleria. Qualora, invece, il provvedimento non venga né comunicato dalla cancelleria né notificato dalle parti, la sua impugnazione potrà avvenire, ai sensi dell’art. 327 c.p.c., entro (e però non oltre) i 6 mesi dalla sua pubblicazione. Si chiude così il sistema, garantendo che anche per l’ordinanza che definisce il rito sommario venga a formarsi il giudicato in un tempo certo.

Alla luce della sentenza in esame, si può poi aggiungere, a chiarimento, che qualora i 6 mesi di cui all’art. 327 c.p.c. decorrano prima che la cancelleria effettui la comunicazione oppure la controparte notifichi, si sarà ormai e comunque irreversibilmente formato il giudicato (e quindi l’inimpugnabilità con mezzi ordinari), non potendosi riconoscere alla comunicazione, ormai tardiva, una sorta di effetto di rimessione in termini.

Come precisato dalla giurisprudenza, tuttavia, la comunicazione di cancelleria di cui all’art. 702 quater c.p.c. è idonea a fare decorrere il termine breve di impugnazione solo laddove sia completa, e cioè contenga il provvedimento nella sua integralità e non, ad esempio, il solo estratto della parte dispositiva.

La comunicazione di cancelleria è invece esclusa, per ovvi motivi, nel caso in cui la parte convenuta sia rimasta contumace, parte che, quindi, dovrà impugnare entro 30 giorni dalla notificata del provvedimento nei suoi confronti ad opera della controparte, oppure nel termine di 6 mesi dalla pubblicazione del provvedimento ex art. 327 c.p.c..

Ancora, e a chiusura, vi è il caso particolare affrontato dalle sopra citate Sezioni Unite, che sono state chiamate e rispondere al quesito “se, anche quando la cancelleria abbia provveduto alla sua comunicazione integrale, il termine di impugnazione dell’ordinanza ai sensi dell’art. 702 quater c.p.c. decorra, per la parte costituita nelle controversie regolate dal rito sommario, dal giorno in cui essa sia stata pronunciata e letta in udienza, senza alcuna rilevanza delle circostanze dell’avvenuta lettura alla fine dell’udienza, in assenza della parte e non contestualmente alla trattazione della singola causa, né di alcun avviso previo ai difensori”. Le Sezioni Unite, in questo caso, ritengono che il termine breve di impugnazione decorra comunque dalla comunicazione del provvedimento ad opera della cancelleria (che quindi, nel rito sommario, rimane incombente necessario e indefettibile anche se l’ordinanza sia stata pronunciata alla presenza delle parti) o dalla sua notificazione, se anteriore, fermo restando che qualora entrambe manchino, l’impugnazione dovrà avvenire entro 6 mesi dalla pubblicazione. Pertanto, a differenza di quanto accade nel caso in cui la pronuncia sia resa nelle forme di cui all’art. 281 sexies c.p.c., nel rito sommario la comunicazione “lungi dal poter essere (nonostante la positiva previsione di legge) pretermessa, [è] anzi essenziale nel microsistema impugnatorio istituito dall’art. 702 quater c.p.c. … essa è pertanto necessaria anche laddove l’ordinanza sia stata pronunciata in udienza” (e, a maggior ragione, aggiungiamo noi, nel caso in cui, come si evidenziava nel quesito, le parti non siano state effettivamente presenti in udienza alla lettura del provvedimento).

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