27 Aprile 2021

L’ordine di cancellazione delle ipoteche in sede di vendita concordataria è subordinato all’esperimento di una procedura competitiva

di Paolo Cagliari, Avvocato Scarica in PDF

Cass. civ., sez. I, 22 ottobre 2020, n. 23139 – Pres. Genovese – Rel. Pazzi

Parole chiave: Concordato preventivo – In continuità aziendale – Assegnazione onerosa a socio della cooperativa – Cancellazione delle iscrizioni pregiudizievoli – Esclusione

[1] Massima: In tema di concordato preventivo con continuità aziendale, l’assegnazione dell’immobile al socio di una cooperativa, che avvenga in esecuzione di un piano gestionale teso all’ultimazione degli alloggi rimasti incompiuti, non può essere accompagnata dalla cancellazione, ex art. 108 l.fall., delle iscrizioni pregiudizievoli, dal momento che i detti effetti purgativi si giustificano solo qualora la vendita si compia in esito ad una procedura competitiva ad evidenza pubblica secondo le regole di cui agli artt. 105 e seguenti l.fall., richiamate dall’art. 182, comma 5, l.fall., non anche quando essa sia il frutto della continuazione dell’attività di impresa.

Disposizioni applicate: r.d. 267/1942, artt. 105, 108, 182, 186-bis

CASO

Una società cooperativa che svolgeva attività di costruzione e assegnazione ai soci di beni immobili veniva ammessa alla procedura di concordato preventivo sulla base di un piano che prevedeva, oltre alla liquidazione dei beni di proprietà, un piano di continuità gestionale dell’attività edile volta a completare gli interventi in corso e a definire l’assegnazione ai soci degli alloggi così realizzati.

A seguito di una delle assegnazioni disposte in esecuzione di tale piano, il giudice delegato disponeva, ai sensi dell’art. 108, comma 2, l.fall., la cancellazione dell’ipoteca iscritta sull’immobile in forza di decreto ingiuntivo da un creditore della società.

Il reclamo avverso tale provvedimento proposto dal creditore ipotecario veniva respinto, sicché, contro il decreto di rigetto emesso dal Tribunale di Siena, veniva interposto ricorso per cassazione, con il quale veniva lamentato che nel caso di specie, non trattandosi di vendita forzata ovvero di procedura concordataria liquidatoria, ma di assegnazione disposta nell’ambito dell’attività gestionale dell’impresa, non era applicabile il disposto dell’art. 182, comma 5, l.fall. e, per esso, dell’art. 108, comma 2, l.fall.

SOLUZIONE

[1] La Corte di cassazione ha accolto il ricorso, cassando con rinvio il decreto impugnato, in ragione del fatto che la regola in base alla quale il giudice delegato, una volta avvenuta la vendita del bene, ordina con decreto la cancellazione delle iscrizioni e delle trascrizioni pregiudizievoli, è applicabile solo quando la dismissione, indipendentemente dal fatto che sia avvenuta nell’ambito di un concordato liquidatorio ovvero in continuità, sia stata effettuata secondo procedure competitive che assicurino la massima partecipazione e concorrenza tra gli interessati, nell’ottica di assicurare il migliore soddisfacimento delle ragioni dei creditori.

QUESTIONI

La sentenza che si annota fornisce importanti elementi per perimetrare l’ambito di applicabilità della disposizione recata dall’art. 108, comma 2, l.fall. – a mente del quale, a seguito della vendita di un bene immobile o di altro bene iscritto in pubblici registri e dopo l’integrale riscossione del prezzo, il giudice delegato ordina la cancellazione delle iscrizioni relative ai diritti di prelazione, delle trascrizioni dei pignoramenti e dei sequestri conservativi e di ogni altro vincolo – nell’ambito di una procedura concordataria.

Nel caso esaminato, non era in discussione il fatto che quella cui era stata ammessa la società cooperativa presentasse anche una componente di continuità, ossia di prosecuzione dell’attività aziendale in affiancamento alla liquidazione di una parte dei beni dell’impresa, con conseguente applicabilità dell’art. 186-bis l.fall.

Tale disposizione, peraltro, non disciplina espressamente il modo in cui deve avvenire la liquidazione dei beni non funzionali all’esercizio dell’impresa, dovendosi, dunque, fare riferimento alla norma generale (art. 182 l.fall.) che regola la cessione dei beni nell’ambito generale del concordato, nei limiti della sua compatibilità.

Come osservato dai giudici di legittimità, peraltro, va tenuta distinta la liquidazione che avvenga in esecuzione di un concordato liquidatorio (che preveda, cioè, la cessione dei beni dell’imprenditore per soddisfare il ceto creditorio) dalla vendita dei beni che siano il frutto della continuazione dell’attività dell’impresa ammessa al concordato: la prima, infatti, ha una funzione corrispondente a quella della liquidazione in ambito fallimentare ed è presieduta dal criterio del migliore soddisfacimento dei creditori, mentre la seconda costituisce l’esito naturale del ciclo produttivo di un’impresa ed è improntata a regole di mercato, atteso che i creditori, approvando il piano, hanno valutato di trovare soddisfazione nei proventi che la continuazione dell’attività economica nel suo complesso riuscirà a produrre.

Se è vero che l’art. 182, comma 5, l.fall., dichiarando applicabili – in quanto compatibili – gli artt. da 105 a 108-ter l.fall., consente la cancellazione, su ordine del giudice, delle formalità pregiudizievoli all’esito delle vendite, delle cessioni e dei trasferimenti disposti in esecuzione del piano concordatario, si deve ritenere che la norma vada letta come inserita nel contesto di una procedura pubblica di dismissione del bene, volta a favorire la massima informazione e partecipazione di tutti i soggetti interessati, al fine di conseguire il maggiore risultato possibile e, così, la migliore soddisfazione dei creditori.

In quest’ottica, dunque, si giustifica l’effetto purgativo della vendita cui allude l’art. 182, comma 5, l.fall., analogamente a quanto avviene, in virtù dell’art. 586 c.p.c., in caso di vendita nell’espropriazione forzata immobiliare, ove la previsione trova fondamento nel fatto che – anche in questo caso nell’ottica di rendere quanto più possibile appetibile l’acquisto del bene pignorato e favorire la massima partecipazione di potenziali acquirenti – i creditori iscritti sono compulsati a intervenire per fare valere i propri crediti (essendo all’uopo destinatari di uno specifico avviso con il quale vengono notiziati della pendenza di una procedura esecutiva avente per oggetto il bene sul quale grava un diritto di prelazione risultante dai pubblici registri), proprio perché la vendita determinerà un effetto purgativo, senza il quale l’acquisto sarebbe chiaramente disincentivato se non reso, di fatto, inattuabile (giacché nessuno ambirebbe a divenire proprietario di un bene su cui continueranno a insistere gravami che mantengono esposto l’acquirente a ulteriori aggressioni da parte del titolare della prelazione).

Di converso, quando la vendita di un bene sul mercato è il frutto della continuazione dell’attività d’impresa, che non si ispira a questi criteri, ma a quello di libertà d’iniziativa economica dell’imprenditore, il quale, sebbene sottoposto a procedura concordataria, si rivolge al mercato di riferimento con l’obiettivo di massimizzare il proprio profitto e di addivenire alla vendita alle condizioni che reputa più opportune, si è al di fuori del sistema nel quale è stata concepita la norma che giustifica la cancellazione dei gravami, che non può, di conseguenza, reputarsi operante.

È pur vero che il comma 5 dell’art. 182 l.fall. fa riferimento, oltre che alle vendite e alle cessioni, pure ai trasferimenti legalmente compiuti posti in essere in esecuzione del concordato, ma tale circostanza, secondo i giudici di legittimità, non può valere a estenderne l’ambito di applicabilità a tutti i casi nei quali un bene sia trasferito a terzi in esecuzione del concordato omologato, a prescindere dal fatto che ciò avvenga o meno nell’ambito di una procedura competitiva.

La norma, non a caso, è stata introdotta (con l’art. 2, comma 2, lett. c), d.l. 83/2015) in concomitanza con l’art. 163-bis l.fall., in forza del quale la disciplina delle offerte concorrenti, con l’apertura di un procedimento competitivo volto alla ricerca di altri interessati all’acquisto, trova applicazione anche qualora il piano comprenda un’offerta da parte di un soggetto già individuato avente per oggetto il trasferimento in suo favore di specifici beni a titolo oneroso, sicché, in tale evenienza, è il ricorso a una procedura competitiva a evidenza pubblica che giustifica l’estensione della disciplina della purgazione delle formalità pregiudizievoli.

D’altra parte, il tratto che accomuna tutte le ipotesi considerate dall’art. 108, comma 5, l.fall. è l’applicazione della disciplina ispirata alla competizione pubblica finalizzata alla migliore soddisfazione dei creditori e proprio in ragione ovvero in conseguenza del suo rispetto prevede la cancellazione delle iscrizioni inerenti a diritti di prelazione.

Alla luce di tale ricostruzione, i giudici di legittimità hanno, quindi, affermato che non tutte le cessioni effettuate dopo il deposito della domanda di concordato trovano regolamentazione nell’art. 182, comma 5, l.fall., in quanto sfuggono a questa disciplina le dismissioni dei beni prodotti grazie alla continuazione dell’attività d’impresa a seguito dell’avvio della procedura e attuate dall’imprenditore sul libero mercato, ossia – in altre parole – in forma privatistica.

Ove, dunque, la cessione sia avvenuta nella fase esecutiva del concordato ma al di fuori di procedure formalizzate che garantiscano la massima partecipazione e la competizione pubblica, non si giustifica la cancellazione delle iscrizioni e delle trascrizioni pregiudizievoli e il giudice delegato non potrà disporla, dovendo essa avvenire secondo le regole del diritto comune.

Nella sentenza che si annota, viene, altresì, escluso che debba essere predicata un’applicazione generalizzata dell’art. 108 l.fall. al fine di evitare una disparità di trattamento, a seconda della tipologia di concordato prescelta dal debitore, giacché, sulla base della ricostruzione ivi effettuata, la differente sorte riservata ai creditori ipotecari non discende tanto dalla natura – liquidatoria o in continuità – del concordato, quanto dalle regole che sono state seguite per la dismissione del bene su cui grava la garanzia, trovando giustificazione nel ricorso o meno a una procedura che persegua la migliore soddisfazione dei creditori.