21 Maggio 2019

Litispendenza tra giudizio di divisione tra comproprietari e procedimento endoesecutivo di divisione

di Silvia Romanò, Dottoranda in Scienze giuridiche europee e internazionali presso l'Università degli Studi di Verona Scarica in PDF

Cassazione civile, Sez. I, Ordinanza 18 marzo 2019, n. 7617. Pres. D’Ascola, Estensore Scarpa

Tra il giudizio di divisione intrapreso da alcuni dei partecipanti alla comunione e quello c.d. endoesecutivo, instaurato in seno al processo di espropriazione forzata della quota di pertinenza di altro condividente, sussiste un rapporto di litispendenza, da disciplinare applicando il criterio della prevenzione di cui all’art. 39 c.p.c., avuto riguardo, da un lato, alla data della notificazione dell’atto di citazione introduttivo del giudizio di divisione ordinario e, dall’altro, a quella della pronuncia (o della notifica alle parti non presenti) dell’ordinanza del g.e. che disponga la divisione nell’ambito del procedimento esecutivo.

CASO

Tizia, in proprio e quale genitore dei tre figli minori, chiede al Tribunale di Macerata lo scioglimento della comunione nei confronti di Mevio, con domanda del 20 luglio 2007, trascritta il 29 novembre 2011.

Il giudizio ha ad oggetto una serie di immobili siti in Recanati (MC), uno in Loreto (AN) e quattro in Roma.

Il giudice istruttore del Tribunale di Macerata con ordinanza dichiara la competenza del Tribunale di Roma con riguardo agli immobili siti in Roma, compresi nel più consistente compendio immobiliare comune alle parti, in quanto alcuni beni costituiscono oggetto di procedura esecutiva per effetto di pignoramento della quota del 50% appartenente a Mevio trascritto nel 2008, mentre un altro immobile forma oggetto di giudizio di divisione intrapreso sempre davanti al Tribunale di Roma da due degli undici comproprietari, con domanda trascritta il 17 ottobre 2011.

Mevio propone regolamento di competenza in Cassazione deducendo, inter alia, la violazione dell’art. 38 c.p.c. per aver il Tribunale di Macerata rilevato d’ufficio la propria incompetenza oltre il limite segnato dalla disposizione richiamata.

SOLUZIONE

La Corte accoglie l’istanza di regolamento di competenza e cassa il provvedimento impugnato, ritenendo che il Tribunale di Macerata abbia dichiarato la propria incompetenza in violazione dell’art. 39 c.p.c.

QUESTIONI

Occorre premettere che la comunione di cui è chiesto lo scioglimento deriva dall’atto di donazione del 27 dicembre 1990, con cui la madre aveva donato i beni immobili ai due figli, per una metà indivisa a Mevio e per la restante metà a Tizio, coniuge e padre degli attori, anteriormente deceduto.

Erano stati proposti altresì due procedimenti di scioglimento della comunione sui suddetti beni: uno dinanzi al Tribunale di Macerata e uno endoesecutivo, instaurato a Roma in seno al processo di espropriazione forzata della quota di pertinenza di un altro condividente, il 17 ottobre 2011, attinente ai beni comuni con Mevio, rispetto ai quali le parti rivestono la qualità di comproprietari e non di coeredi. Pertanto, nel secondo procedimento non opera la competenza territoriale esclusiva del giudice del luogo in cui si è aperta la successione ex art. 22 c.p.c. che vale, in deroga al forum rei sitae, per la sola ipotesi di divisione della universalità dei rapporti giuridici facenti capo ad un comune de cuius (Cfr. 18/06/1963, n. 1630; Cass. 09/01/1975, n. 44; Cass. 22/09/1978, n. 4260).

Nel caso di specie, i beni oggetto del procedimento di scioglimento sono tutti accomunati dal medesimo titolo attributivo (la donazione del 27 dicembre 1990), che ha dato origine ad un’unica comunione: pertanto, unico dovrà essere anche il corrispondente giudizio di divisione, la cui competenza va stabilita, alla stregua dell’art. 23 c.p.c., in favore del giudice del luogo dove si trovano i beni comuni o la maggior parte di essi.

Tale competenza rappresenta un foro esclusivo, ma derogabile (Cfr. Cass. 25/08/2015, n. 17130) e, come tale, non rientra nelle ipotesi di cui all’art. 28 c.p.c., non essendo suscettibile di essere rilevato d’ufficio da parte del giudice.

La Corte di cassazione nota inoltre come tra il giudizio di divisione intrapreso da alcuni dei partecipanti alla comunione e introdotto il 20 luglio 2007 davanti al Tribunale di Macerata e il giudizio di divisione endoesecutivo possa ravvisarsi un rapporto di litispendenza (quantomeno parziale), da disciplinare perciò applicando il criterio della prevenzione, ai sensi dell’art. 39, c.p.c., ovvero avendo riguardo alla notifica della citazione del giudizio di divisione ordinario ed alla data della pronuncia (o della notifica alle parti non presenti) dell’ordinanza del G.E. che disponga la divisione nell’ambito del procedimento esecutivo (arg. da Cass. Sez. 3, 20/08/2018, n. 20817), senza che abbiano rilievo le date di trascrizione della citazione del primo giudizio o del pignoramento del secondo giudizio.

Neppure a mente dell’art. 181 disp. att. c.p.c. può più rilevarsi la competenza del Tribunale di Roma a procedere alla divisione del bene pignorato, in quanto si tratta di un rilievo di competenza soggetto ai limiti cui all’art. 38 c.p.c., norma che instaura una generale barriera temporale preclusiva della possibilità di rilevare tutti i tipi di incompetenza dopo la prima udienza di trattazione.

In conclusione, tra il giudizio di divisione intrapreso da alcuni dei partecipanti alla comunione e quello endoesecutivo la Corte di cassazione ravvisa un rapporto di litispendenza, da risolvere applicando il criterio della prevenzione di cui all’art. 39 c.p.c., avuto riguardo, da un lato, alla data della notificazione dell’atto di citazione introduttivo del giudizio di divisione ordinario e, dall’altro, a quella della pronuncia (o della notifica alle parti non presenti) dell’ordinanza del G.E. che disponga la divisione nell’ambito del procedimento esecutivo.