19 Novembre 2019

I limiti oggettivi dell’ordinanza anticipatoria di condanna ex art. 186 quater c.p.c. quale titolo esecutivo

di Cecilia Vantaggiato Scarica in PDF

La L. 353/1990 e successivamente la L. 534/1995 hanno provveduto ad inserire nel codice di rito (artt. 186 bis, ter e quater c.p.c.) tre tipologie di provvedimenti, rientranti nella categoria delle condanne speciali, aventi la finalità di decongestionare la trattazione dei procedimenti civili di condanna e di formare immediatamente un titolo esecutivo.

Pur trattandosi di provvedimenti differenti, possono individuarsi alcuni tratti comuni tra cui la natura di condanna immediatamente esecutiva e il contenuto anticipatorio (sul punto, Mandrioli, Le nuove ordinanze di “pagamento” e “ingiunzionale”, in Riv. Proc. Civ., 1991, 644 ss.).

In particolare, notevoli differenze presenta l’ordinanza successiva alla chiusura dell’istruzione ai sensi dell’art. 186 quater c.p.c. rispetto alle tipologie previste dagli artt. 186 bis e ter c.p.c.

L’art. 186 quater c.p.c., infatti, prevede che una volta esaurita l’istruzione, il giudice istruttore, su istanza della parte che abbia proposto domanda di condanna al pagamento di somme ovvero alla consegna o al rilascio di beni, possa disporre con ordinanza il pagamento o la consegna o il rilascio, nei limiti per cui ritiene già raggiunta la prova. L’ordinanza, peraltro, nel caso di estinzione del processo, acquista l’efficacia della sentenza impugnabile sull’oggetto della istanza. Lo stesso avviene se la parte intimata non manifesta entro trenta giorni dalla sua pronuncia in udienza o dalla comunicazione, con ricorso notificato all’altra parte e depositato in cancelleria, la volontà che sia pronunciata la sentenza (commi 3 e 4).

L’ordinanza acquista l’efficacia della sentenza impugnabile sull’oggetto dell’istanza e non solo su quello del provvedimento. La combinazione di tali due aspetti conferma la natura dell’ordinanza quale prefigurazione dell’esito definitivo del giudizio di primo grado.

La pronuncia anticipatoria dovrà avere ad oggetto esclusivamente il quid ed il quantum indicato dall’attore, sulla base del petitum formale (statuizione di condanna) e sostanziale (pagamento somma di denaro; consegna cosa mobile; rilascio bene immobile) espressamente stabilito e ciò indipendentemente dall’esame di altre eventuali pretese fatte valere dalla stessa parte istante con l’atto di citazione introduttivo del giudizio di merito contro la stessa parte ovvero contro altre parti del processo  o di altre domande eventualmente connesse a quella principale, proposte tra altre parti del processo, che con questa si relazionino secondo un rapporto di subordinazione o condizionamento (così, Cass. 31-10-2019, n. 27984).

Invero, il dettato normativo non pone limiti alla libertà dell’istante in ordine alla scelta di limitare l’istanza di condanna anticipata soltanto ad alcuni capi della domanda o soltanto ad alcune delle plurime domande di condanna eventualmente proposte, restando affidata alla prosecuzione del giudizio di merito – dopo l’emissione del provvedimento ex art. 186 quater c.p.c. ristretto ai soli capi oggetto di domanda – la pronuncia della sentenza definitiva sulle altre domande in ordine alle quali non è stata richiesta l’emissione della ordinanza anticipatoria (sul punto v. Cass. 13/02/2002, n. 2079, che ha esaminato il caso in cui con l’ordinanza anticipatoria era stata disposta la condanna per “alcune voci di danno” – biologico, morale, lucro cessante – con contestuale rinvio della causa per la decisione con sentenza in ordine alle “altre voci di danno”). All’epoca la S.C. ribadì il principio di diritto per cui l’ordinanza che pronuncia su alcuni dei danni richiesti con la domanda e rimette al collegio la decisione su altri, in mancanza di successiva sentenza, produce gli effetti di questa sull’intero oggetto della domanda e così è equiparata a una sentenza definitiva: le parti possono impugnarla in ragione del loro interesse ad una diversa decisione e, se è proposto appello, il giudice di secondo grado, che ne sia richiesto con impugnazione principale o incidentale, ha il dovere di pronunciare anche circa i danni sui quali sia mancata una pronuncia di merito nella ordinanza.

Sembra possibile, pertanto, che ove nel giudizio siano state proposte diverse domande autonome o anche cumulate, l’istante possa proporre istanza per l’ordinanza de qua anche solo su alcune delle domande di condanna.

È stato anche sostenuto, tuttavia, che l’oggetto dell’istanza ex art 186 quater debba coincidere con l’oggetto della domanda ex 163 n. 3 c.p.c. di modo da far coincidere l’efficacia dell’ordinanza con l’efficacia della sentenza definitiva. Invero, tale limitazione non si evince dalla norma, la quale anzi, proprio dai commi 3-4 lascerebbe intendere il contrario.

La stessa Suprema Corte ha esteso di recente (con sentenza del 31/10/2019, n. 27984) il principio della non necessaria compatibilità fra l’oggetto dell’ordinanza anticipatoria e l’oggetto del giudizio tout court anche in caso di giudizio con pluralità di cause o di parti, qualora l’istanza di emissione di provvedimento anticipatorio di condanna ex art. 186-quater c.p.c. non coincida con l’intero oggetto del giudizio, o perché formulata da uno solo degli attori o contro uno soltanto dei convenuti, ovvero perché concernente uno solo dei distinti rapporti giuridici in cui le domande hanno titolo, ribadendo che il giudice è tenuto a pronunciare, onde non incorrere nel vizio di ultrapetizione, nei limiti dell’“oggetto della istanza”, in quanto è tale l’ambito oggettivo della efficacia di giudicato che i commi 3 e 4 dell’art. 186-quater c.p.c. riconoscono al provvedimento di condanna, in caso di estinzione del giudizio o in caso di mancata dichiarazione della parte intimata di rinuncia alla pronuncia della sentenza e dopo la riforma del comma 4 disposta dall’art. 2, comma 1, lett. m), della l. n. 263/2005 – in caso di omessa manifestazione della volontà della parte intimata di vedere decisa la controversia con sentenza.