5 Gennaio 2020

L’efficacia del decreto ingiuntivo non opposto ai fini dell’ammissione al passivo del fallimento

di Cecilia Vantaggiato Scarica in PDF

Abstract: Il presente focus intende sintetizzare e analizzare il dibattito sorto in merito all’efficacia del decreto ingiuntivo non opposto nella procedura concorsuale: all’orientamento tradizionale della giurisprudenza fondato sull’art 647 c.p.c., la dottrina ha recentemente contrapposto una diversa soluzione fondata sull’interpretazione sistematica dell’art 645 c.p.c.

Dibattuto in dottrina e giurisprudenza è il tema dell’efficacia del decreto ingiuntivo non opposto. Sul punto si sono contrapposti i distinti orientamenti della giurisprudenza e della dottrina.

Quanto all’orientamento pretorio, la giurisprudenza di legittimità afferma che, nel caso di mancata opposizione a decreto ingiuntivo, lo stesso acquisti efficacia ai fini dell’opponibilità al fallimento (in modo da costituire titolo inoppugnabile per l’ammissione al passivo) solo nel momento in cui il giudice, dopo averne controllato la ritualità della notificazione, lo dichiari, in mancanza di opposizione o di costituzione dell’opponente, esecutivo ai sensi dell’art. 647 cod. proc. civ. e non (invece) a fronte della solo mancata proposizione nei termini dell’opposizione ex art. 645 c.p.c. (ex multis, Cass.,11-10-2017, n. 23775).

Secondo la Suprema Corte, infatti, in assenza di opposizione, il decreto ingiuntivo acquista efficacia di giudicato formale e sostanziale solo nel momento in cui il giudice, dopo averne controllato la notificazione, lo dichiari esecutivo ai sensi dell’art. 647 c.p.c.; il visto dell’art 647 c.p.c. si configurerebbe quale condicio sine qua non per l’efficacia extraprocessuale del giudicato.

Tale verifica ai sensi dell’art 647 c.p.c. presenta, invero, una funzione diversa dalla verifica affidata al cancelliere ex artt. 124 o 153 disp. att. c.p.c., in quanto consiste in una vera e propria attività giurisdizionale di verifica della regolarità della notifica e del contraddittorio, che si pone come ultimo atto del giudice all’interno del processo d’ingiunzione, cui non può surrogarsi il giudice delegato in sede di accertamento del passivo (così Cass. 26-04-2017, n. 10208).

Per esigenze di tutela del diritto di difesa, pertanto, il decreto ingiuntivo non munito, prima della dichiarazione di fallimento, del decreto di esecutorietà non può essere parificato alla res iudicata formale e sostanziale, con conseguente inopponibilità del decreto ingiuntivo al fallimento, e ciò “neppure nell’ipotesi in cui il decreto ex art. 647 c.p.c. venga emesso successivamente, tenuto conto del fatto che, intervenuto il fallimento, ogni credito, deve essere accertato nel concorso dei creditori ai sensi della L. Fall., art. 52” (Cass. 27 gennaio 2014, n. 1650; Cass. 31 gennaio 2014, n. 2112).

La giurisprudenza, pertanto, ritiene che per l’opponibilità al fallimento occorra l’efficacia di giudicato sostanziale stabilita dall’art 2909 c.c., intesa quale “possibilità del decreto non opposto di produrre effetti al di fuori del processo” e quindi anche nel procedimento per l’accertamento del passivo (v. già Cass. 26 marzo 2004, n. 6085).

Di contrario avviso va, invece, la dottrina (Garbagnati, I procedimenti di ingiunzione e per convalida di sfratto, Milano1979, 10), secondo cui il decreto ingiuntivo non opposto godrebbe dell’efficacia di giudicato (sostanziale) senza necessità di visto per l’esecutività, sul rilievo per cui sarebbe inutile la previsione di un termine perentorio (Cass. 15959/00) per proporre opposizione se poi, all’inutile decorso, non si collegasse ipso iure l’irrevocabilità del decreto. In tal senso, il decreto ingiuntivo passa in giudicato, tanto formale quanto sostanziale, a seguito della mancata proposizione dell’opposizione ex art. 645 c.p.c.

Fallaci per la dottrina sarebbero gli argomenti posti dalla Corte a sostegno della su esposta tesi della autorità di giudicato del decreto ingiuntivo non opposto solo a seguito dell’emissione del decreto di esecutorietà ex art. 647 c.p.c.: in primis perché appare debole l’argomentazione che fa leva sul fatto che l’art. 656 c.p.c. assoggetta ai mezzi di impugnazione straordinari (revocazione per motivi n.1, 2, 5 e 6 e opposizione di terzo ex art 404, c. 2, c.p.c) il decreto ingiuntivo, divenuto esecutivo a norma dell’art. 647 c.p.c. A ben guardare, l’art. 656 c.p.c., se è vero che richiama casi di revocazione ordinaria (n. 5), esclude il n. 3 e l’art. 404, c. 1 c.p.c. che, al contrario, hanno natura straordinaria: ciò sta a significare che la disposizione, lungi dall’assoggettare il (solo) decreto ingiuntivo già reso esecutivo ex art. 647 c.p.c. ai mezzi di impugnazione straordinari, effettua una scelta di taluni mezzi di impugnazione esperibili contro quel provvedimento, a prescindere dalla loro natura ordinaria o straordinaria.

Inoltre, l’interpretazione consolidata in giurisprudenza risulta erronea altresì alla luce del fatto che all’accertamento in oggetto non potrebbe riconoscersi efficacia costitutiva, ma meramente dichiarativa “di un atto di mero accertamento di un requisito processuale che quindi, in quanto tale, non può che avere efficacia ex tunc” (v. amplius Graziosi, Passaggio in giudicato del decreto ingiuntivo e opponibilità del credito al fallimento, in Riv. Dir. Proc., 2019, 215).

In conclusione, il dibattito sulla questione dell’efficacia del decreto ingiuntivo non opposto è destinato a proseguire: sebbene non sia possibile dare una risposta definitiva, è tuttavia auspicabile se non un revirement giurisprudenziale quantomeno un ripensamento che dia (e tenga) conto dei rilievi sollevati in sede scientifica.