16 Maggio 2017

Le prove digitali nel processo civile

di Marco Cuniberti Scarica in PDF

Il processo civile telematico ha impresso un cambio di marcia al processo civile, i cui atti sono ormai totalmente digitali, o digitalizzati.

Da tempo però esistono le prove digitali, cioè le evidenze acquisite o comunque presentate al Giudice in formato digitale e rilevanti ai fini della decisione.

Gli strumenti informatici (computer, smartphone, smartwatch, tablet, ecc.) sono infatti sempre più presenti nella nostra vita quotidiana.

E’ tramite questi strumenti, o comunque in formato digitale, che otteniamo le prove dei fatti che vogliamo porre a fondamento delle nostre difese in giudizio.

Ma che valore hanno nel processo civile? Come si producono? Come se ne garantisce la genuinità? Quali sono i limiti all’ammissibilità/utilizzabilità di tali prove, se acquisite illecitamente?

Si tratta di argomenti fondamentali e ormai essenziali per affrontare un processo civile, che richiedono di essere affrontati in modo completo e approfondito.

In quest’artico, proviamo a fare un cenno sulle principali criticità che le nuove evidenze pongono agli operatori del processo (Giudici e Avvocati).

Per prove digitali, si intendono, ad esempio, i file che rappresentano email, PEC, filmati, fotografie, registrazioni audio, file di log, contratti stipulati online, le pagine web, oltre alle copia digitalizzate di prove “analogiche”.

Si tratta normalmente di prove precostituite (perlopiù documenti informatici, contenenti la riproduzione di un fatto, o una dichiarazione di scienza/volontà) ma possono necessitare anche di prove costituende (es. testimonianza o interrogatorio) per confermare il contenuto di una email o di una pagina web, in un dato momento storico, di cui magari si è prodotta solo copia dell’aspetto esteriore.

Per la loro efficacia probatoria, occorre seguire sia le regole sostanziali (disciplinate dal D. Lgs. 82/2005, Codice dell’Amministrazione Digitale), che processuali (artt. 115 c.p.c., 2712 c.c., ecc.).

Per quanto riguarda l’acquisizione, la conservazione e l’esame delle prove digitali, occorre fare riferimento alle buone regole della “Digital Forensics”, scienza conosciuta perlopiù per i procedimenti penali (sia per casi di cronaca molto famosi, sia perchè il codice di procedura penale le richiede a pena di inutilizzabilità nel processo), ma che ormai anche la giurisprudenza civile richiede di seguire, per poter raggiungere una piena prova in giudizio.

Per la valutazione della prova digitale, è buona norma produrre una consulenza tecnica di parte, affinchè il Giudice ammetta una CTU (oppure esperire una procedura di ATP); ma, se la parte non è in possesso del dato o della prova informatica, si può fare ricorso a specifici strumenti processuali, quali l’ispezione, l’ordine di esibizione e il sequestro, che vedono anche coinvolti gli Internet Provider delle parti.

Occorre poi prestare particolare attenzione a eventuali profili di illiceità nell’acquisizione della prova digitale: anche la giurisprudenza civile, infatti, comincia a mostrare sensibilità a questo aspetto (onde evitare abusi delle parti, vista la potenziale pervasività degli strumenti informatici nella vita privata delle persone), fino a ritenere, nei casi più gravi, non utilizzabile il materiale probatorio così acquisito.

Sotto questo aspetto, il profilo più delicato è quello che riguarda le norme che regolano il trattamento dei dati personali:  il contemperamento tra il diritto alla riservatezza e il diritto di difesa è rimesso, in assenza di una precisa norma processuale civile, alla valutazione del singolo giudice nel caso concreto.

Occorre infine prestare attenzione anche ad un altro aspetto: quand’anche il Giudice civile ammettesse l’utilizzo di prove digitali ottenute illecitamente, potrebbero discendere responsabilità penali (e risarcitorie) in capo alla parte che le ha prodotte o acquisite.