28 Gennaio 2020

La tutela dell’abitazione del debitore: l’evoluzione normativa dal Codice della crisi e dell’insolvenza al processo esecutivo immobiliare – II parte

di Francesco Angeli Scarica in PDF

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Il nuovo ordine di liberazione

Il legislatore, con le modifiche apportate all’art. 560 cpc in materia di liberazione dell’immobile, ha affidato la delicata fase completamente al custode.

La liberazione dell’immobile, fino alle procedure esecutive immobiliari iniziate prima del 11.02.2019, è disposta dal giudice dell’esecuzione, con provvedimento impugnabile ai sensi dell’art. 617 cpc, quando ritiene di non autorizzare il debitore a continuare ad abitare l’immobile stesso. Nonostante l’utilizzo del verbo “abitare”, la liberazione dell’immobile può essere adottata per ogni tipo di immobile, anche se adibito ad attività di impresa, arte o professione.

La liberazione dell’immobile è in favore dell’aggiudicatario o l’assegnatario o l’acquirente e senza oneri per questi, da ciò appare chiaro che le spese di liberazione sono a completo carico della procedura esecutiva immobiliare.

La liberazione è disposta, in ogni caso, quando l’immobile è stato oggetto di aggiudicazione e/o assegnazione. Tale previsione normativa sembrerebbe rendere inutile il disposto di cui all’art. 586 c. 2 cpc con il quale il giudice, con il decreto di trasferimento, ingiunge al debitore di rilasciare libero l’immobile oggetto di trasferimento ma così non è.

Il custode, al momento dell’aggiudicazione dell’immobile occupato dal debitore, dovrà chiedere all’aggiudicatario se vuole che venga adottata la liberazione dell’immobile e dovrà avvertire l’aggiudicatario che, nel caso in cui rinunci alla procedura di liberazione, potrà solo ricorrere all’ingiunzione di liberazione prevista dall’art. 586 c. 2 cpc mediante l’ordinaria procedura processualistica. Sarà necessario, quindi, che il custode rediga un verbale dal quale risulti chiaramente la volontà dell’aggiudicatario in merito alla liberazione dell’immobile e tale verbale, che dovrà essere sottoscritto anche dall’aggiudicatario, sarà depositato nel fascicolo dell’esecuzione.

Per espressa previsione normativa, il provvedimento di liberazione è attuato dal custode senza l’osservanza delle formalità previste per l’esecuzione di un provvedimento giudiziale munito di formula esecutiva e, conseguentemente, non sarà necessario l’ausilio dell’ufficiale giudiziario per la sua messa in esecuzione. Il provvedimento può essere messo in esecuzione anche successivamente alla pronuncia del decreto di trasferimento. Durante l’attuazione della liberazione dell’immobile, il custode può chiedere al giudice di potersi avvalere della forza pubblica e/o di ausiliari. Spesso avviene che già nell’ordinanza con la quale il giudice dispone la liberazione dell’immobile viene previsto che il custode è delegato a chiedere l’intervento della forza pubblica e a nominare ausiliari come, ad esempio, il fabbro necessario per la sostituzione delle serrature che si trovano sulle porte di accesso dell’immobile.

Nel caso in cui all’interno dell’immobile siano presenti beni mobili o documenti contabili, il custode intimerà alla parte tenuta al rilascio di asportarli, assegnandogli un termine non superiore a trenta giorni. Il custode dovrà redigere un verbale dove elencherà i beni da asportare e nel quale deve riportare l’intimazione all’asporto e il verbale dovrà essere sottoscritto anche dal proprietario dei beni se presente, altrimenti il verbale andrà notificato al proprietario dei beni stessi. Quando l’asporto dei beni non viene effettuato entro il termine assegnato, i beni saranno considerati abbandonati e potranno essere distrutti o smaltiti con i relativi costi a carico della procedura. La criticità della procedura di liberazione, che da un primo esame potrebbe apparire molto veloce, risiede nel fatto che l’intimazione all’asporto dei beni deve essere effettuata nei confronti del proprietario dei beni mobili o nei confronti di colui al quale i beni risultano appartenere quindi questo presuppone che il custode, nei limiti del possibile, deve cercare di accertare la proprietà dei beni mobili al fine di inviare correttamente l’intimazione di liberazione che, in alternativa, potrebbe essere non attuabile con responsabilità in capo al custode che ha distrutto o smaltito i beni mobili.

All’ultimo comma dell’art. 560 cpc è stata inserita la previsione normativa secondo cui gli interessati a presentare l’offerta di acquisto hanno diritto ad esaminare i beni immobili in vendita entro quindici giorni da quando ne hanno fatto richiesta mediante il portale delle vendite pubbliche. Il custode che riceverà tale richiesta al suo indirizzo di posta elettronica certificata ha il dovere di far visitare il bene immobile, garantendo la riservatezza dell’identità degli interessati ed impedendo che gli stessi abbiano contatti tra di loro. Il custode che non adempie a quanto disposto dalla norma in questione, per motivi allo stesso imputabili, potrebbe essere oggetto di revoca ed anche, in ipotesi, di risarcimento del danno.

Il DL 14.12.2018 n. 135, convertito con modificazioni in L 11.02.2019 n. 12, ha riscritto integralmente l’art. 560 cpc regolamentando e salvaguardando il diritto di abitazione del debitore nell’immobile pignorato.

Il nuovo ordine di liberazione, che è applicabile alle esecuzioni immobiliari iniziate con i pignoramenti notificati dal 13.02.2019, prevede un doppio binario che si differenzia in relazione agli immobili destinati ad abitazione del debitore esecutato e dei suoi familiari, rispetto agli immobili non adibiti ad abitazione principale dal debitore e dal suo nucleo familiare.

Il precetto normativo impone al debitore, che non perde il possesso dell’immobile (comma 3), di conservare il bene pignorato adibito ad abitazione principale con la diligenza del buon padre di famiglia (comma 2).

Il giudice dell’esecuzione ordina la liberazione dell’immobile adibito ad abitazione del debitore:

  • quando il custode non viene messo in condizione di vistare l’immobile;
  • quando l’immobile non viene adeguatamente tutelato e mantenuto in uno stato di conservazione per colpa o dolo del debitore e del suo nucleo familiare;
  • quando il debitore viola gli altri obblighi che la legge pone a suo carico;
  • quando viene pronunciato il decreto di trasferimento ai sensi dell’art. 586 cpc.

A seguito dell’introduzione delle novelle normative, appare evidente come il legislatore abbia voluto salvaguardare gli interessi del debitore, rispetto al diritto di abitazione, introducendo norme volte sia alla facilitazione dell’accesso agli istituti di composizione concordata della crisi e sia volte all’utilizzo della casa di abitazione da parte del debitore e del suo nucleo familiare senza, però, trascurare gli interessi dei creditori.