15 Giugno 2021

La pattuizione del tasso d’interesse nei contratti di finanziamento

di Fabio Fiorucci, Avvocato Scarica in PDF

Al pari di quanto stabilito dall’art. 1284, comma 3, c.c. («Gli interessi superiori alla misura legale devono essere determinati per iscritto»), il quarto comma dell’art. 117 TUB richiede l’indicazione nel contratto stipulato in forma scritta del tasso di interesse praticato («I contratti indicano il tasso d’interesse e ogni altro prezzo e condizione praticati…»). Per la costituzione dell’obbligo di corrispondere interessi in misura superiore a quella legale (come pure per la modifica della clausola concernente gli interessi, comportante il superamento della soglia legale) è dunque necessaria la forma scritta ad substantiam, la cui mancanza comporta la nullità della clausola stessa, con automatica sostituzione della misura convenzionale con quella legale (Cass. n. 5609/2017; Cass. n. 10516/2016; Cass. n. 3017/2014).

Essendo l’atto scritto concernente la stipulazione degli interessi in misura superiore a quella legale costitutivo del relativo rapporto obbligatorio ex art. 1284 c.c., è privo di rilevanza giuridica il riconoscimento (dichiarativo) del tasso di interesse che il debitore faccia ex post (Cass. n. 15643/2003; Cass. n. 266/2006; Cass. 10516/2016).

Il requisito della forma scritta pattizia (art. 117, comma 4, TUB) non è pertanto rispettato dalla comunicazione al correntista delle variazioni alle condizioni applicate ai rapporti e servizi bancari a mezzo dell’invio degli estratti conto (predisposti unilateralmente e a posteriori dalla banca), la cui mancata contestazione, per giurisprudenza più che consolidata, si limita a rendere inoppugnabili gli addebiti solo dal punto di vista contabile (Cass. n. 11466/2008; Cass. n. 15643/2003).

L’estratto conto, infatti, è un documento che ha il fine esclusivo di fornire l’informazione delle operazioni periodicamente contabilizzate e non anche di contenere proposte contrattuali, capaci di assumere dignità di patto in difetto di espresso dissenso (Cass. n. 1287/2002; Cass. n. 24684/2003). La sua approvazione non può valere a sanare la mancanza della forma scritta del contratto (Cass. n. 9791/1994; Cass. n. 1287/2002), così come la mancata contestazione dell’estratto conto non è idonea a sanare gli effetti di clausole nulle (Cass. n. 17679/2009). In altri termini, l’unilaterale comunicazione del tasso di interesse non può supplire al difetto originario di valido accordo scritto (ad substantiam) ex art. 1284, comma 3, c.c. (Cass. nn. 10516/2016, 3574/2011, 23971/2010, 17679/2009).

Ricapitolando: «del tutto inconferente è la comunicazione delle variazioni del tasso con gli estratti del conto corrente, giacché la conoscenza successiva del saggio applicato non vale a sanare l’originario vizio di nullità della pattuizione, per carenza del requisito della determinabilità, la cui esistenza l’art. 1346 c.c. esige a priori, al punto che non può essere individuato successivamente (Cass. n. 6247/1998), tanto più quando non sia determinato da entrambe le parti ma da una di esse, che l’abbia portata alla conoscenza dell’altra, attraverso documenti che hanno il fine esclusivo di fornire la informazione delle operazioni periodicamente contabilizzate e non anche di contenere proposte contrattuali, capaci di assumere dignità di patto in difetto di espresso dissenso» (Cass. n. 1287/2002; Cass. n. 14684/2003).

La necessità che il tasso d’interesse praticato sia prestabilito ex ante dalle parti in contratto palesa dunque l’inadeguatezza dell’estratto conto – predisposto unilateralmente dalla banca ex post rispetto all’interesse già applicato – a contenere proposte contrattuali (il tasso di interesse) o a sanare gli effetti di clausole nulle.

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