11 Luglio 2023

La nullità dell’assegnazione forzata del credito consente la ripetizione della somma versata dal terzo pignorato al creditore assegnatario

di Stefania Volonterio, Avvocato Scarica in PDF

Cassazione civile, Sez. III, ord. 14 giugno 2023, n. 17021, Pres. De Stefano, Est. Rossi

Esecuzione forzata presso terzi – provvedimento di assegnazione – successivo accoglimento dell’opposizione agli atti esecutivi – azione di ripetizione di indebito oggettivo (Cod. Civ. 2033; Cod. Proc. Civ. artt. 553, 617)

L’attuazione della ordinanza di assegnazione ex art. 553 cod. proc. civ. (cioè la riscossione dei crediti da parte dei soggetti assegnatari) non importa il venir meno dell’interesse alla decisione sull’opposizione agli atti esecutivi che sia stata rite et recte proposta ai sensi dell’art. 617 cod. proc. civ. per far valere il vizio di tale ordinanza

Il tempestivo esperimento del rimedio, accolto successivamente alla chiusura della procedura esecutiva, legittima la parte vittoriosa a promuovere azione di ripetizione dell’indebito nei confronti del creditore assegnatario, ai sensi dell’art. 2033 cod. civ.

CASO

Un creditore agiva esecutivamente nei confronti di un proprio debitore nelle forme dell’espropriazione presso terzi e la procedura, nella quale intervenivano altri due creditori privi di titolo, si concludeva con la pronuncia dell’ordinanza di assegnazione delle somme pignorate anche a favore di tali interventori non titolati.

Il creditore procedente, sostenendo l’inammissibilità del detto intervento non titolato (la procedura di cui trattasi risale al 2007), spiegava allora opposizione ex art. 617 c.p.c. avverso l’ordinanza che, come visto, aveva disposto l’assegnazione di parte delle somme pignorate anche a favore di tali interventori, ma l’opposizione veniva rigettata.

La pronuncia era allora impugnata per cassazione dal creditore procedente e la Suprema Corte, con una pronuncia resa nel 2015, accoglieva il ricorso e, dichiarando la nullità dell’ordinanza di assegnazione de qua, rinviava la causa al giudice dell’esecuzione per l’adozione di un nuovo provvedimento di assegnazione conforme a diritto, e che quindi escludesse i creditori privi di titolo dal riparto delle somme pignorate.

La procedura veniva quindi riassunta dinanzi al giudice dell’esecuzione il quale, tuttavia, la dichiarava improcedibile “sul rilievo che l’ordinanza di assegnazione aveva avuto ‘completa esecuzione con i pagamenti delle somme’ e che non era ‘pertanto più possibile riemettere nuova ordinanza di assegnazione per il venir meno del credito pignorato”.

L’originario creditore procedente spiegava quindi una nuova opposizione ex art. 617 c.p.c. avverso questo provvedimento, ma il tribunale la rigettava.

Contro questo rigetto il creditore procedente ha quindi proposto il ricorso per cassazione che è stato definito con la pronuncia in esame.

SOLUZIONE

Il creditore procedente lamenta che “l’effettuazione dei pagamenti in forza dell’ordinanza di assegnazione opposta ma non sospesa non può rendere inutiliter data la sentenza emessa nel successivo giudizio di merito della opposizione a cognizione piena”.

La Suprema Corte accoglie il ricorso, con motivazione fondata su consolidati principi.

Innanzitutto, la Corte riafferma chiaramente che “l’ordinanza di assegnazione costituisce atto conclusivo della procedura di espropriazione presso terzi”, sicché “irrilevante dal punto di vista processuale (fermi gli effetti sostanziali regolati dall’art. 2928 cod. civ.) è il concreto adempimento da parte del soggetto obbligato ovvero la materiale esazione del credito assegnato”.

Ciò posto, la Corte chiarisce che “l’attuazione della ordinanza di assegnazione ex art. 553 cod. proc. civ. (cioè la riscossione dei crediti da parte dei soggetti assegnatari) non importa il venir meno dell’interesse alla decisione sulla opposizione agli atti esecutivi che sia stata rite et recte proposta ai sensi dell’art. 617 cod. proc. civ. per far valere il vizio di tale ordinanza”, poiché l’accoglimento dell’opposizione “cagiona l’invalidazione del provvedimento opposto e la perdita di efficacia di tutti gli atti in concretizzazione di esso compiuti”.

Pertanto, proseguono i Supremi Giudici, “l’emissione di una nuova ordinanza di assegnazione, recante corretta ripartizione del compendio pignorato, permette alla parte lesa nel diritto alla soddisfazione (o alla giusta misura di soddisfazione) del suo credito di poter agire in ripetizione dell’indebito nei confronti delle parti che abbiano ricevuto somme in eccedenza rispetto a quelle spettanti”, a nulla valendo, in contrario, il fatto che la procedura non si sia stata a suo tempo oggetto di sospensione ex art. 618 c.p.c. in limine all’incardinato procedimento di opposizione.

Pertanto, conclude la Corte, “il tempestivo esperimento del rimedio (ad esempio, la proposizione dell’opposizione) accolto successivamente alla chiusura della procedura esecutiva legittima la parte vittoriosa, su tale presupposto, a promuovere separata azione di ripetizione dell’indebito ai sensi dell’art. 2033 cod. civ.”.

QUESTIONI

La Suprema Corte puntualizza, in modo chiaro, che il vittorioso esperimento di una procedura di opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c., seppur riguardante il provvedimento conclusivo della procedura esecutiva e seppure non accompagnata da un provvedimento che, in attesa della sua definizione, sospenda la sottostante procedura esecutiva, non può in alcun modo essere inficiato dal fatto che, nel frattempo, detta procedura esecutiva si sia conclusa e che, come nel caso in esame, il provvedimento sia stato anche eseguito.

Si tratta di una conseguenza logica della possibilità, per il debitore esecutato, di reagire alla procedura contro di lui incardinata con il rimedio dell’art. 617 c.p.c., nonché del fatto che la sospensione della procedura esecutiva, allorchè venga proposta un’opposizione, non è un effetto automatico di quest’ultima (la sospensione ex art. 618 c.p.c., infatti, è discrezionale, e il suo diniego ben può essere frutto, come pure evidenziato dalla pronuncia in commento, di “una erronea valutazione del giudice dell’esecuzione sul punto”).

Tuttavia, si deve anche ricordare che l’art. 2929 c.c. prevede che “la nullità degli atti esecutivi che hanno preceduto la vendita o l’assegnazione non ha effetto riguardo all’acquirente o all’assegnatario, salvo il caso di collusione con il creditore procedente. Gli altri creditori non sono in nessun caso tenuti a restituire quanto hanno ricevuto per effetto dell’esecuzione”.

La norma è però chiaramente rivolta alle conseguenze della nullità degli atti “che hanno preceduto la vendita e l’assegnazione”, sicchè anche la giurisprudenza è costante nell’affermare, come ovvia conseguenza, che la vendita e l’assegnazione debbano invece essere valide per produrre e mantenere i propri effetti. Del resto, la ratio della norma è quella di tutelare l’acquirente e l’assegnatario dai vizi di atti del processo ai quali questo è rimasto estraneo (ratio, quindi, che non avrebbe alcun senso applicare al procedimento di pignoramento presso terzi).

Pertanto, i vizi del provvedimento di aggiudicazione delle somme in esito ad un pignoramento presso terzi sono idonei a porre nel nulla il trasferimento del diritto di credito verso il terzo dal debitore pignorato al creditore pignorante (e agli altri creditori intervenuti), sicchè detto creditore viene a trovarsi in una situazione di indebita (totale o parziale) detenzione di somme.

La restituzione delle somme indebitamente percepite potrà allora avvenire con l’esperimento di un’azione ex art. 2033 c.c., potendosi tuttavia ipotizzare in questa situazione anche l’utilizzo dello strumento ingiuntivo, traendo spunto da Cass. 14601/2020, secondo la quale “in caso di azione esecutiva intrapresa in forza di un titolo giudiziale provvisoriamente esecutivo, la caducazione dello stesso in un momento successivo alla fruttuosa conclusione dell’espropriazione forzata legittima il debitore, che l’abbia subìta, a promuovere nei confronti del creditore procedente un autonomo giudizio di ripetizione dell’indebito, che, essendo fondato su prova scritta, può avere inizio anche mediante la presentazione di ricorso per decreto ingiuntivo”, sebbene rimanga compito del giudice dell’esecuzione, dopo l’annullamento dell’originario provvedimento di assegnazione, riemettere tale provvedimento con la corretta determinazione della misura (totale o parziale) somme che il creditore ha incamerato ingiustamente.

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