5 Dicembre 2023

La domanda di accertamento negativo del credito

di Fabio Fiorucci, Avvocato Scarica in PDF

La domanda di accertamento negativo del credito è autonomamente esperibile anche se il rapporto di conto corrente è ancora in corso, poiché quando il conto corrente è aperto l’interesse del cliente trova normale soddisfazione nel ricalcolo dell’effettivo saldo, depurato degli addebiti nulli e quindi per tali motivi la domanda di nullità può essere sempre proposta, pur in mancanza di una collegata azione di ripetizione (ex multis Trib. Taranto 15.4.2015: all’esperimento di un’azione di nullità il correntista generalmente ha certamente interesse, pur in mancanza di azione di ripetizione, se si considera che le clausole nulle divengono inefficaci e quindi il rapporto potrebbe proseguire a condizioni per lui migliori; App. Milano 20.7.2017; App. Milano 19.9.2017; Trib. Monza 14.3.2017; Trib. Padova 23.1.2018; Trib. Paola 10.2.2018; App. Milano 1.3.2018: la domanda di mero accertamento dell’esatto saldo del conto non presenta alcun vincolo di strumentalità rispetto alla domanda di condanna alla restituzione dell’indebito, godendo di «autonoma dignità in quanto sorretta da un interesse giuridicamente rilevante»; Trib. Verona 4.10.2018; Trib. Salerno 16.1.2018).

Le domande di nullità (così come quelle di accertamento degli addebiti illegittimi perché non concordati e di accertamento del saldo seppur non finale) prescindono, infatti, dalla chiusura del rapporto al momento della proposizione in quanto permane il concreto interesse del correntista alla dichiarazione delle invalidità contrattuali e degli addebiti comunque illegittimi, al fine di permettere lo svolgimento del rapporto secondo legge.

Dello stesso tenore sono le conclusioni della giurisprudenza di legittimità, secondo cui il correntista ha comunque un interesse di sicura consistenza a che si accerti, prima della chiusura del conto, la nullità o validità delle clausole anatocistiche, l’esistenza o meno di addebiti illegittimi operati in proprio danno e, da ultimo, l’entità del saldo (parziale) ricalcolato, depurato delle appostazioni che non potevano aver luogo. Tale interesse rileva, sul piano pratico, almeno in tre direzioni: quella della esclusione, per il futuro, di annotazioni illegittime; quella del ripristino, da parte del correntista, di una maggiore estensione dell’affidamento a lui concesso, siccome eroso da addebiti contra legem; quella della riduzione dell’importo che la banca, una volta rielaborato il saldo, potrà pretendere a seguito della cessazione del rapporto (allorquando, cioè, dovranno regolarsi tra le parti le contrapposte partite di debito e credito). Sotto questi tre profili la domanda di accertamento prospetta, per il soggetto che la propone, un sicuro interesse, in quanto è volta al conseguimento di un risultato utile, giuridicamente apprezzabile, che non può attingersi senza la pronuncia del giudice (nei termini Cass. n. 21646/2018; conf. Cass. n. 30850/2023; Cass. n. 5904/2021; Cass. n. 5919/2016; Cass. n. 798/2013).

Come osservato dalle Sezioni Unite della Cassazione, il correntista, sin dal momento dell’annotazione in conto di una posta, avvedutosi dell’illegittimità dell’addebito in conto, ben può agire in giudizio per far dichiarare la nullità del titolo su cui quell’addebito si basa e, di conseguenza, per ottenere una rettifica in suo favore delle risultanze del conto stesso: e potrà farlo, se al conto accede un’apertura di credito bancario, proprio allo scopo di recuperare una maggiore disponibilità di credito entro i limiti del fido concessogli (Cass., Sez. Un., 2.12.2010, n. 24418; conf. Cass. n. 30850/2023; Cass. n. 798/2013).

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