27 Giugno 2023

La dichiarazione di quantità del terzo pignorato ex art. 547 c.p.c. va fatta con pec o raccomandata: sono esclusi altri mezzi di comunicazione

di Valentina Scappini, Avvocato Scarica in PDF

Cassazione civile, terza sez., ordinanza del 7 giugno 2023, n. 16005; Pres. Rubino; Rel. Saija.

Massima: “La dichiarazione del terzo, concentrando l’azione esecutiva (qualora essa sia positiva) sul bene o sul credito che in essa viene indicato come di spettanza del debitore esecutato, non può essere considerata alla stregua di una qualsivoglia comunicazione comunque effettuata, perché sul punto l’alternativa è secca: o detta comunicazione viene effettuata a mezzo lettera raccomandata o a mezzo PEC, ed in tal guisa può considerarsi idonea a produrre l’effetto descritto. Oppure, qualora effettuata con mezzi diversi da quelli indicati dalla citata disposizione e comunque non idonei a dimostrare immediatamente ed incontestabilmente l’esistenza e il contenuto della dichiarazione stessa, essa è da considerarsi tamquam non esset, con conseguente necessità di procedere ai sensi dell’art. 548, comma 2, c.p.c. In tal caso, occorre dunque che il g.e. fissi apposita udienza, e se il terzo non si presenta a rendere la dichiarazione, il credito pignorato si ha per non contestato, secondo il meccanismo della ficta confessio”.

CASO

B.B. era oggetto di un procedimento di espropriazione presso terzi promosso dalla creditrice AVM 1959 s.p.a. avente ad oggetto un credito del primo nei confronti di Banco BPM.

Banco BPM rendeva la dichiarazione di quantità a mezzo telefax in data 13.07.2015.

Ritenendo che la dichiarazione così trasmessa non fosse valida, il giudice dell’esecuzione (Tribunale di Larino) fissava una nuova udienza ex art. 548 c.p.c., alla quale però il Banco BPM non si presentava, omettendo dunque di fare la dichiarazione ex art. 547 c.p.c.

A quel punto, il Tribunale di Larino, con ordinanza del 25.11.2015, assegnava ad AVM 1959 s.p.a. il credito dell’esecutato verso il Banco BPM “fino alla concorrenza della somma detenuta”.

La banca proponeva opposizione agli atti esecutivi avverso l’ordinanza di assegnazione, esponendo di aver reso la dichiarazione a mezzo telefax. Revocata detta ordinanza, all’esito del giudizio di merito il Tribunale di Larino accoglieva l’opposizione con sentenza del 23.03.2021, annullando definitivamente l’ordinanza opposta e rilevando che la comunicazione del terzo, benché irrituale, era stata ricevuta dalla destinataria, cosicché non poteva applicarsi il meccanismo della ficta confessio ex art. 548 c.p.c.

La creditrice AVM 1959 s.p.a. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di tre motivi.

La banca ha resistito con controricorso mentre B.B. non ha svolto difese.

SOLUZIONE

La Corte di Cassazione, ritenendo fondati il primo ed il terzo motivo, assorbito il secondo, ha cassato la sentenza impugnata e, non occorrendo ulteriori accertamenti di fatto, ha deciso la causa nel merito, ex art. 384, co. 2, c.p.c., rigettando l’opposizione agli atti esecutivi promossa dalla banca e statuendo il principio riportato in epigrafe.

QUESTIONI

I tre motivi di ricorso possono essere riassunti come segue:

1) violazione e/o falsa applicazione dell’art. 547 c.p.c, in quanto il Tribunale non ha rilevato che la dichiarazione di quantità del terzo deve essere inviata solamente a mezzo raccomandata o PEC, non con telefax;

2) omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione fra le parti, per non essere stata considerata la testimonianza dell’avv. De Vido, asserito destinatario della comunicazione telefax, che aveva affermato di non aver mai ricevuto la dichiarazione del terzo, nemmeno a mezzo telefax;

3) violazione e/o falsa applicazione dell’art. 548 c.p.c., non avendo, il Tribunale, tenuto conto della mancata dichiarazione della banca pignorata, con conseguente non contestazione del credito.

La Suprema Corte ha esaminato il primo ed il terzo motivo in quanto connessi, dichiarandoli fondati ed assorbito il secondo.

La Corte ha osservato che, secondo gli artt. 547 e 548 c.p.c., la dichiarazione del terzo pignorato, che prima andava resa nel corso di un’udienza avanti al giudice dell’esecuzione, è oggi resa, in prima battuta, mediante comunicazione da inviarsi al creditore procedente a mezzo raccomandata o PEC. Solo in caso di sua mancanza si rende necessaria la comparizione avanti al G.E.

Inoltre, la Corte ha precisato la funzione della dichiarazione di quantità, osservando che la stessa è da rinvenirsi (a prescindere dalla querelle circa la natura della dichiarazione – confessione giudiziale, ricognizione del debito, esibizione ideale, mera dichiarazione di scienza, ecc. –)  nella individuazione della cosa oggetto del pignoramento, ossia della prestazione che il terzo deve eseguire in favore del debitore esecutato (sul punto, già Cass., 05.09.2006, n. 19059).

È proprio per la funzione della dichiarazione di quantità che il legislatore ha rigidamente disciplinato le modalità con cui il terzo deve rendere la stessa (a mezzo lettera raccomandata o PEC) e ciò allo scopo di snellire la fase procedurale e di manlevare il terzo dall’onere di presenziare all’udienza.

E proprio in considerazione della natura formale della dichiarazione di quantità (che, tra l’altro, deve provenire personalmente dal terzo, o da un suo procuratore speciale, munito di idonea procura), la Corte di Cassazione ha ritenuto che le suddette modalità debbano essere esattamente osservate dal terzo e non siano assolvibili con mezzi diversi da quelli esplicitamente considerati dal legislatore.

Questo, oltre che per esigenza di certezza delle comunicazioni, in ragione del fatto che non viene in rilievo un mero rapporto epistolare tra il procedente ed il terzo pignorato, risolvibile alla stregua dei comuni canoni in ordine alla prova delle comunicazioni ex art. 1335 c.c., o anche ex art. 136 c.p.c. in ambito più strettamente processuale (sicché anche la comunicazione via telefax, ricorrendo determinati presupposti, possa ritenersi suscettibile di produrre effetti: sul punto, rispettivamente, Cass., 24.05.2019, n. 14251 e Cass. 10.12.2018, n. 31894).

Invece, viene in rilievo un’attività effettuata da un soggetto, il terzo pignorato, che assume il ruolo di vero e proprio ausiliario del giudice (per tutte, Cass., 25.05.2017, n. 13143).

Per tale motivo, la dichiarazione del terzo non può essere considerata alla stregua di qualsivoglia comunicazione comunque effettuata, come erroneamente ritenuto dal Tribunale di Larino, perché sul punto l’alternativa è secca: solo la raccomandata o la PEC sono idonee a produrre gli effetti di cui all’art. 547 c.p.c. Cosicché se la dichiarazione è resa con altri mezzi, è da considerarsi tamquam non esset ed il G.E. deve fissare apposita udienza, alla quale, se il terzo non si presenta, il G.E. deve dare per non contestato il credito pignorato, secondo il meccanismo della ficta confessio.

Ed è esattamente questo che è avvenuto nella fattispecie.

Pertanto, ha errato il giudice del merito nel ritenere la fondatezza della spiegata opposizione agli atti proposta dal Banco BPM, perché, da un lato, la dichiarazione asseritamente resa via telefax era (ed è) da considerarsi tamquam non esset, e dall’altro la suddetta ordinanza di assegnazione ex art. 553 c.p.c. era stata adottata una volta che il G.E. aveva preso atto dell’ulteriore mancata dichiarazione, da parte del Banco BPM, all’udienza del 20.11.2015, così correttamente ritenendo configurabile il già cennato meccanismo della ficta confessio.

Ciò esposto, risulta irrilevante ogni ulteriore considerazione circa l’effettivo ricevimento della comunicazione a mezzo telefax da parte del creditore pignorante, essendo tale comunicazione invalida in quanto non eseguita nelle due uniche alternative previste dalla legge.

Infine, la Corte di Cassazione ha ritenuto di precisare che la condotta del Banco BPM è stata gravemente negligente, non essendo essa comparsa all’udienza appositamente fissata dal G.E., nonostante la regolarità della notifica dell’ordinanza di fissazione dell’udienza.

In conclusione, la Corte ha cassato la sentenza impugnata e, non occorrendo ulteriori accertamenti di fatto, ha deciso la causa nel merito, ex art. 384, co. 2, c.p.c., rigettando l’opposizione agli atti esecutivi promossa dal Banco BPM e statuendo il principio riportato in epigrafe.

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