8 Marzo 2016

La Cassazione sulla proponibilità di domande nuove nella fase di opposizione prevista dal rito Fornero

di Simone Calvigioni Scarica in PDF

Cass., sez. VI civile; sentenza 28 settembre 2015, n. 19142

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Lavoro e previdenza (controversie in materia di) – Licenziamento – Impugnazione – Rito speciale – Fase di opposizione – Domanda nuova – Inammissibilità (Cod. proc. civ., art. 414, 420; l. 28 giugno 2012 n. 92, disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita, art. 1, comma 51).

[1] L’allegazione della ritorsività del licenziamento compiuta per la prima volta con l’opposizione di cui alla l. 28 giugno 2012 n. 92, art. 1, comma 51, integra la proposizione di una domanda nuova, inammissibile in tale fase.

CASO
[1] Un lavoratore impugnava con le forme del c.d. rito Fornero il licenziamento intimatogli, contestando la sussistenza del giustificato motivo oggettivo.

Vistosi rigettare il ricorso nella fase sommaria, il lavoratore proponeva opposizione ai sensi della l. 92/12, art 1, comma 51, deducendo anche la ritorsività del licenziamento.

Il Tribunale in sede di opposizione e la Corte di appello ritenevano infondate nel merito le pretese del lavoratore, sicché costui proponeva ricorso per cassazione.

SOLUZIONE
[1] La Suprema Corte ha rigettato il ricorso considerando inammissibili tutti i motivi proposti e ritenendo inammissibile la domanda fondata sulla ritorsività del licenziamento, in quanto proposta per la prima volta in sede di opposizione.

Secondo la Cassazione nella fase di opposizione «non è ammissibile la domanda nuova per mutamento della causa petendi» e l’allegazione della ritorsività del licenziamento integra una «inammissibile mutatio libelli».

A quanto consta la Suprema Corte non ha provocato il contradditorio sul punto.

QUESTIONI
[1] Sulla (problematica) questione relativa all’ammissibilità ed eventualmente ai limiti delle domande nuove in sede di opposizione all’ordinanza conclusiva della prima fase del rito Fornero v. D. Dalfino, Il nuovo procedimento in materia di impugnativa del licenziamento (nella l. 28 giugno 2012, n. 92), in Giusto proc. civ., 2012, 791, il quale rileva che l’opponente, con il ricorso introduttivo dell’opposizione, «potrebbe proporre anche domande in precedenza non proposte (ad es. quelle fondate su identici fatti costitutivi, ma anche quelle nei confronti di terzi ex art. 106 c.p.c.), non sussistendo un divieto espresso in tal senso e anzi, essendo a ciò legittimato sul piano testuale» (nello stesso senso v., ex multis, P. Curzio, Il nuovo rito per i licenziamenti, in <http://tinyurl.com/ct6xbav>, 22; cfr., anche, App. Bologna, 26 gennaio 2015, in <www.leggiditalia.it>, secondo cui «il thema decidendum della fase di opposizione è più ampio di quello della fase sommaria poiché prevede anche l’eventuale introduzione di domande riconvenzionali o altre questioni costitutive delle ragioni del licenziamento sulle quali la pronuncia del giudice sarà piena»; nonché Corte cost. 13 maggio 2015, n. 78, Foro it., 2015, I, 3049, nella motivazione).

Nel senso che nella fase sommaria maturino preclusioni v. ad es., Trib. Bergamo, 24 luglio 2013, citata in, nonché le Linee guida predisposte da Trib. Firenze, 2.

Cass. 11 dicembre 2015, n. 25046, ha affermato il principio secondo cui «l’opposizione proposta ex art. 1, comma 51, l. 92/12, può investire nuovi profili soggettivi ed oggettivi, tra i quali le eccezioni in senso stretto, come quella di decadenza, non sollevata dall’interessato durante la fase sommaria, giacché essa non vale come impugnazione».

Secondo quanto rileva D. Dalfino, I licenziamenti dopo la l. n. 92 del 2012: profili processuali, in M. Barbieri-D. Dalfino, Il licenziamento individuale nell’interpretazione della legge Fornero, Bari, 2013, 92, ammettendo la possibilità di proporre nuove domande in sede di opposizione si pone il problema «relativo alla individuazione delle domande legittimamente cumulabili in quanto connesse per identità di fatti costitutivi» a quelle proponibili nella fase sommaria (v. comma 47).

Lo stesso Autore (p. 93) prosegue sostenendo che «non è chiaro se con il ricorso introduttivo [dell’opposizione] possa farsi valere un motivo di licenziamento diverso da quello fatto valere in fase sommaria. In senso negativo, propenderebbe l’orientamento giurisprudenziale che ritiene questo un mutamento non consentito della domanda. Ragioni di opportunità (se proprio non si volesse invocare la natura lato sensu impugnatoria del giudizio di opposizione) consiglierebbero al lavoratore di impugnare il licenziamento facendo valere i più livelli di tutela, ai quali corrispondono le diverse ragioni di illegittimità del licenziamento».

Nel senso che l’allegazione del motivo ritorsivo a sostegno dell’impugnazione del licenziamento integri la proposizione di una domanda nuova, inammissibile in appello, v. Cass. 21 dicembre 2004, n. 23683, Lavoro giur., 2005, 485.

In ordine all’accertamento della ritorsività del licenziamento v. E. Gramano, Sull’accertamento della ritorsività del licenziamento, in Argomenti dir. lav., 2015, 978.