14 Dicembre 2015

In tema di autorità (ed autorevolezza) del precedente giudiziario

di Andrea Giordano Scarica in PDF

Cass. civ, sez. I, 29 Luglio 2015, n. 16048

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Giudizio di Cassazione – “Vincolo” delle Sezioni semplici al precedente delle Sezioni Unite – Circoscrizione alla “regula juris” correlata al motivo di ricorso – Necessità (C.p.c. art. 374, co. 3)

Giudizio di Cassazione – “Vincolo” delle Sezioni semplici al precedente delle Sezioni Unite – Applicazione alle enunciazioni di carattere concettuale o dottrinario – Esclusione (C.p.c. art. 374, co. 3)

Il c.d. “vincolo” delle Sezioni semplici rispetto al precedente delle Sezioni Unite va enucleato in stretta aderenza alla specifica regula iuris correlata ad un concreto motivo di ricorso.

Il principio di cui all’art. 374, co. 3, c.p.c. va applicato in senso costituzionalmente orientato, entro confini rigorosi e con speculare esclusione del carattere vincolante di enunciazioni di carattere concettuale o dottrinario.

 

CASO

[1] [2] A seguito di proposta del Ministro dell’Interno, e successivo d.P.R. di scioglimento del consiglio comunale di Reggio Calabria per infiltrazioni di criminalità organizzata, il Tribunale di Reggio Calabria dichiarava l’incandidabilità dell’allora Sindaco del Comune.

All’esito di gravame del ricorrente, la competente Corte d’Appello confermava la decisione di primo grado, ritenendo insussistente la lamentata violazione del contraddittorio, erroneamente riferita dall’allora Sindaco all’omessa indicazione del suo nome nella proposta ministeriale di scioglimento del consiglio comunale.

Ricorreva per cassazione la parte soccombente, segnatamente deducendo la violazione dell’art. 143, co. 11, del T.U.E.L., per risultare il suo nome dalla memoria dell’Avvocatura erariale, e non già dalla proposta di scioglimento del consiglio comunale promanata dal Ministero dell’Interno. Faceva, in particolare, leva il ricorrente sulla recente pronuncia con cui le Sezioni Unite (Cass., sez. un., 30 gennaio 2015, n. 1747) hanno individuato l’atto introduttivo del procedimento ex art. 143, co. 11, cit., nella proposta ministeriale di scioglimento.

 

SOLUZIONE

[1] [2] Nel rigettare il ricorso, statuendo l’inidoneità della proposta del Ministero ad integrare un atto processuale, la Sezione prima della Corte si è discostata dal dictum delle Sezioni Unite (Cass., n. 1747/2015, cit.), che non avrebbe rappresentato un precedente rilevante ex art. 374, co. 3, c.p.c.

 

QUESTIONI

[1] [2] Il “vincolo” di cui all’art. 374, co. 3, c.p.c. deve essere soppesato alla luce dell’art. 101, co. 2, Cost.

La previsione di cui al citato art. 374, introdotta dal d.lgs. n. 40/2006, sottende le esigenze di pari trattamento e prevedibilità presupposte dall’art. 65 r.d. n. 12/1941 (Chiarloni, Efficacia del precedente giudiziario e tipologia dei contrasti di giurisprudenza, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1989, 119-122; v. anche l’art. 99, co. 3, c.p.a.). Il dettato dell’art. 101, co. 2, Cost. presidia la necessaria indipendenza interna ed esterna della funzione giudiziaria (Carratta, La riforma del giudizio di cassazione, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 2006, 1105), prevenendo il mero appiattimento all’autorità dei precedenti.

Quanto il bilanciamento dei principi abbia rilievo lo dimostra la stessa tradizione di common law, che, pur vantando, tra i propri elementi caratterizzanti, la dottrina del binding precedent, si è, nel tempo, aperta a soluzioni improntate a mitezza. L’impostazione per cui le Corti ‘custodi’ del sistema possono mutare orientamento (v. il Practice Statement del 1966) e la possibilità del singolo giudice di operare filtri selettivi ‘distinguendo’ tra caso e caso (c.d. distinguishing) sono dei detti ‘pesi e contrappesi’ testimonianza lampante.

Se, però, ogni caso ha in se stesso le ragioni della sua unicità, agevole è il rischio – ravvisabile nei repertori di common law – che l’eccezionale deroga al ‘vincolo’ diventi la regola (v., ad es., Reddick-Benesh, Norm Violation by the Lower Court in the Treatment of Supreme Court Precedent: a Research Framework, in The Justice System Journal, 2000, 117), con forzature lesive del principio di uguaglianza.

Il sottile distinguo tra ratio decidendi e obiter dictum e l’altrettanto complessa valutazione sull’aderenza delle enunciazioni concettuali ai motivi di ricorso rendono, anche al nostro ordinamento, esportabile la preoccupazione dei giuristi anglosassoni che l’autorità, che ha ingenerato affidamento (v. Costantino, Il principio di affidamento tra fluidità delle regole e certezza del diritto, in Riv. dir. proc., 2011, 1073), venga minata da decisioni contrarie non adeguatamente autorevoli, siccome non congruamente motivate in relazione alle specificità del caso o alla natura delle singole enunciazioni (Taruffo, Precedente e giurisprudenza, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 2007, 709). Perché, fermo restando il carattere di lex imperfecta dell’art. 374, co. 3, c.p.c., e l’importanza dell’interpretazione creativa ai fini del progresso del diritto, la certezza della giurisprudenza (autorevole) è un valore primario.

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