26 Settembre 2023

Ma davvero tutto è un urgenza?

di Amalia Di Carlo - Ufficio stampa di Marketude Scarica in PDF

Qualche giorno fa leggevo un post su Linkedin di un professore universitario che faceva notare come, sempre più spesso, professori o liberi professionisti americani hanno introdotto l’abitudine, che sembra essere in aumento, di inserire una risposta automatica alle mail che ricevono, nella quale in sintesi dicono questo: “ Ho preso la decisione di leggere le mie e-mail e di rispondere soltanto in una fascia oraria, di due ore, definita della giornata, esattamente dalle 19 alle 21,  e solo al termine della mia giornata lavorativa. Pertanto leggerò e risponderò alle e-mail soltanto in quella fascia oraria o il giorno dopo, sempre in quell’arco temporale, quindi ti prego di scrivermi in quello slot oppure non contare su una risposta prima di quel momento. Comprendimi, ma devo, durante il giorno, concentrarmi, leggere, scrivere, focalizzarmi sulle cose da fare e non posso essere continuamente interrotto da messaggi ed e-mail. Ti prego anche di non scrivermi in orario tardo-serale o, comunque, in giorni non lavorativi, soprattutto sabato e domenica, in quanto non avrai risposta”.

Il tutto ovviamente con toni gentili e garbati.

Ora è difficile, se non quasi impossibile, per i liberi professionisti riuscire a concentrare la mole di mail e la loro gestione in sole due ore al giorno; ma non focalizzatevi su questo, quanto sulla necessità di contestualizzare in maniera corretta le richieste e soprattutto eliminare quella veste di urgenza che ormai travolge tutti e per ogni compito da svolgere.

Il risultato è un’iperstimolazione con conseguente fretta di consegnare, esecuzione approssimativa, errori elevati esponenzialmente, ansia da prestazione, poca cura e attenzione, dovuta proprio all’esecuzione celere e lavorare sempre e costantemente in urgenza.

Una sorta di pronto soccorso continuo con tutti codici rossi e medici in turni di 24h non stop; il risultato è l’incremento della mortalità!

Sembra quasi ci sia in corso una gara di chi mette più in difficoltà il collega con deadline stringenti e richieste sempre più esigenti, ovviamente con caccia all’errore compresa.

Ma ci si dimentica di un dettaglio: si compete con la stessa squadra, e non mettere il collega nella condizione di lavorare nel migliore dei modi e con animo disteso e sereno, vuol dire fare lo sgambetto al compagno staffettista che sta per tagliare il traguardo; ma così non solo lui non vince l’oro olimpico, ma neppure voi!

Tutto questo ovviamente è applicabile anche al mondo della comunicazione e del marketing.

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