8 Luglio 2025

Concordato preventivo e aumento di capitale sociale con esclusione diritto opzione dei soci

di Marco Rubini, Dottore Commercialista Scarica in PDF

Tribunale di Palermo, 5/2/2025

Parole chiave: Concordato preventivo, aumento capitale sociale, modifica statuto, esclusione del diritto di opzione di alcuni soci, art. 2441 Codice Civile, classi, bilanciamento diritti del socio e risanamento aziendale, piani concordatari ultra-quinquennali, obbligo informativa ai soci, diritti dei soci di acquisire informazioni.

Riferimenti normativi: artt. 90, 92, 120 bis e 120 ter CCII

Massima: “E’ legittima la modifica dello statuto e l’aumento di capitale funzionale alla ristrutturazione aziendale che esclude il diritto di opzione di alcuni soci.

È rispettato il bilanciamento tra diritti dei soci e risanamento aziendale se:

  • è stata formata una classe votante che comprende i soci, in presenza di modifiche dello statuto societario che incidano direttamente sul diritto di partecipazione dei soci stessi;
  • i soci hanno votato proporzionalmente alla quota di capitale posseduta, anteriormente alla presentazione della domanda di concordato;
  • la modifica statutaria ed il buon fine della ristrutturazione aziendale sono correlati;
  • i soci sono stati informati adeguatamente.

CASO

Un socio di società di capitali si è opposto alla omologazione di un concordato preventivo in continuità diretta, che prevede la modifica dello statuto e un aumento di capitale sociale in natura (immobile presso il quale si svolge l’attività sociale) con contestuale esclusione del diritto di opzione per tutti i soci (ad eccezione di quello che conferisce l’immobile).

Le ragioni addotte sono:

  1. violazione del dovere degli amministratori di informare i soci;
  2. Ingiustificata lesione dei diritti partecipativi attraverso la esclusione del diritto di opzione previsto dall’art 2441 C.C. 

SOLUZIONE

Il Tribunale di Palermo conferma la legittimità della proposta di concordato preventivo (che comprende la modifica statutaria) ed omologa il concordato preventivo.

QUESTIONI APPLICATE NELLA PRATICA

La sentenza riguarda diversi aspetti, tra cui un piano ed una attestazione su durata decennale anziché (al massimo) quinquennale, come di prassi più frequente.

Con riguardo a questo aspetto, dalla lettura della sentenza sembra che sia stata dirimente la modifica della proposta con l’introduzione della previsione di iscrivere una ipoteca volontaria sul conferendo immobile a tutela del soddisfacimento dei creditori, secondo le previsioni del Tribunale che verranno date in sede di omologa, proprio perché le giustificazioni del debitore sull’attendibilità dei flussi ultra-quinquennali e l’attestazione non avevano verosimilmente raggiunto quanto previsto dai principi di attestazione dei piani di risanamento, di cui CNDCEC gennaio 2021 e, conseguentemente, avevano suscitato le perplessità dei commissari.

L’altro aspetto interessante, sempre in relazione al piano ultra-quinquennale, è stata la considerazione che il punto di rottura si sarebbe verificato ove i flussi di cassa fossero diminuiti di una percentuale pari o superiore al 30%, ma che, tuttavia, sarebbe stato comunque possibile accedere ad un finanziamento ipotecario quindicennale al tasso dell’8% (e di importo già stimato), che avrebbe sostanzialmente fornito la finanza ponte per superare la diminuzione dei flussi di cassa.

La sentenza non riferisce oltre con riguardo alla valutazione di quest’aspetto, agli elementi e simulazioni utilizzati per valutare la capacità di indebitamento prospettica e la verosimiglianza che venga concesso un finanziamento in questi termini ad una società in concordato preventivo che non rispetta gli obiettivi del piano (under performance).

Per quanto riguarda la predisposizione di piani (e delle asseverazioni), lo scrivente esprime brevemente alcune considerazioni:

nei piani ove sono previsti pagamenti a scadenze relativamente brevi e di frequenza relativamente elevata è abbastanza agevole – per i commissari ed i creditori – verificare se la società adempia o meno.

Viceversa, nei piani che prevedono pagamenti sono dopo alcuni anni, l’adempimento o meno della società verrebbe verificato solo alla scadenza dei pagamenti previsti; ma che succede nel durante degli anni in cui la società prosegue l’attività, con la speranza che alla scadenza (dopo quale anno) paghi secondo piano?

Ci sono possibilità di verifica intermedia?

La risposta è positiva, nel senso che implementando un minimo di controllo di gestione (attenzione agli adeguati assetti!) è possibile verificare in quale direzione sta andando la società (c.d. steering control) e comprendere se la stessa sarà prospetticamente adempiente o meno e, in questo caso, intraprendere azioni correttive.

Le relazioni informative, quindi, dovrebbero essere pensate e strutturate soprattutto alla valutazione del futuro e delle eventuali azioni correttive, più che al passato della gestione.

Lo scrivente ha notato che molti piani, che ipotizzano pagamenti dopo alcuni anni, non prevedono dei momenti di verifica sia passata che prospettica dell’andamento aziendale (c.d. milestones), il che, sempre ad avviso di chi scrive, non sarebbe conforme ad un assetto sia amministrativo che organizzativo adeguato.

Dato che sia nello scenario liquidatorio che in quello concordatario sono presenti elementi di variabilità (rischio, nell’accezione anglosassone, che non è sinonimo di pericolo), siamo in presenza di scenari che per la loro valutazione presuppongono la stima di variabili (e quindi di risultati) casuali discrete.

È appena il caso di ricordare che gli scenari what-if, predisposti utilizzando le tabelle a entrata singola o doppia, quindi variando contemporaneamente solo 1 o al massimo 2 variabili di piano, non costituiscono uno strumento metodologicamente adeguato al calcolo del valore atteso degli scenari liquidatorio e concordatario.

La comparazione tra le due ipotesi è possibile – ad avviso di chi scrive – solo se vengono calcolati i valori attesi delle ipotesi a confronto, il che significa moltiplicare i valori stimati per le loro rispettive probabilità di realizzazione, tenendo conto che la sommatoria delle probabilità attribuite non può superare il 100%.

Bisognerebbe rendere sempre più comune l’utilizzo di strumenti informatici appositamente dedicati allo scopo; ci sono un paio di add-on per il foglio elettronico molto noti, collaudati e supportati.

Con riguardo ai temi:

  1. violazione del dovere degli amministratori di informare i soci;
  2. ingiustificata lesione dei diritti partecipativi attraverso la esclusione del diritto di opzione previsto dall’art 2441 C.C.

il Collegio richiama preliminarmente il contenuto degli articoli 120 bis CCII e 120 ter CCII. Il 120 bis prevede espressamente che, ai fini del buon esito della ristrutturazione, la proposta preveda modifiche statutarie ed aumenti del capitale sociale con limitazione o esclusione del diritto di opzione.

Il 120 ter dispone l’obbligo di classamento dei soci se la proposta prevede che i diritti di partecipazione dei soci siano modificati; è questo il caso perché si prevede un aumento di capitale sociale con esclusione del diritto di opzione.

Il Collegio osserva che la classe è stata regolarmente prevista.

Il Collegio si pone la questione se sia stato rispettato il bilanciamento tra diritti dei soci e risanamento aziendale. I requisiti sono che:

  • sia stata formata una classe votante che comprende i soci, in presenza di modifiche dello statuto societario che incidano direttamente sul diritto di partecipazione dei soci stessi;
  • i soci abbiano votato proporzionalmente alla quota di capitale posseduta, anteriormente alla presentazione della domanda di concordato;
  • la modifica statutaria ed il buon fine della ristrutturazione aziendale siano correlati (ai fini del buon esito della ristrutturazione ex 120 bis CCII)
  • i soci siano stati informati adeguatamente;

Tutti i primi 3 requisiti sono stati rispettati, in particolare il terzo requisito, che è stato oggetto di verifica specifica da parte dei commissari e di integrazione con l’introduzione della previsione della ipoteca volontaria a tutela dei creditori; sul punto non appare esserci dubbio alcuno.

Sono interessanti le considerazioni del Collegio con riguardo all’ultimo punto, ovvero l’obbligo/diritto di informativa.

Il Collegio richiama:

  • l’art. 120 bis comma 5 ricordando che i soci che rappresentano almeno il 10% del capitale – è questo il caso – sono legittimati a presentare proposte concorrenti ai sensi dell’art. 90 CCII
  • l’art. 92 comma 3 che prevede che i soci (che rappresentano almeno il 10% del capitale, n.d.a.) hanno diritto di accesso alle informazioni utili per presentare proposte concorrenti.

Il Collegio, che sottolinea che l’art. 120 bis comma 3 CCII non prevede la periodicità con la quale gli amministratori debbano riferire sull’andamento della procedura (da qui  l’ulteriore collegamento– a mio avviso – con la necessaria strutturazione e tempificazione delle informative e della rendicontazione, rivolte sia al passato che alle proiezioni future) e che, quindi, i soci avrebbero potuto (dovuto? n.d.a.) usufruire di quanto prevede l’art. 92 comma 3 per accedere a tutte le informazioni loro utili (anche se non avessero avuto in programma di presentare proposte concorrenti).

Inoltre, ricorda il collegio, la facoltà di incidere sui diritti dei soci non è una esclusiva dei soli amministratori ma anche di ciascun proponente e, quindi, altri proponenti avrebbero potuto comprimere i diritti dei soci o addirittura gli stessi soci opponenti avrebbero potuto proporre limitazioni di altri soci in base ad una loro proposta concorrente, nel rispetto del termine dell’art. 90 comma 1 CCII.

Il Tribunale di Palermo, quindi, Sezione IV Civile, rigetta le opposizioni proposte e omolga la proposta di concordato preventivo.

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