6 Febbraio 2024

Apertura di credito in conto corrente, semplice e di firma

di Fabio Fiorucci, Avvocato Scarica in PDF

L’apertura di credito è il contratto con cui la banca (accreditante) si obbliga a tenere a disposizione dell’altra parte (accreditato) una somma di denaro per un dato periodo di tempo o a tempo indeterminato (art. 1842 c.c.), con facoltà dell’accreditato di utilizzare tale somma secondo le modalità convenute.

Quando l’apertura di credito (per cassa) è in conto corrente, come normalmente avviene, il cliente può, nel corso dell’esecuzione del contratto, utilizzare più volte il credito accordatogli e può con successivi versamenti totali o parziali ripristinare la disponibilità (art. 1843 c.c.), attingendo al credito reintegrato: c.d. rotatività del fido. Nella fattispecie, la banca accreditante è tenuta a mantenere integro il fido.

Resta inteso che, nell’ambito dell’apertura di credito in c/c, i versamenti effettuati dall’accreditato valgono «a ripristinare la sua disponibilità», pertanto a) non configurano delle restituzioni della somma assegnata e b) non incidono sul tetto dell’affidamento convenuto.

L’integrale restituzione delle somme prelevate da parte dell’accreditato non estingue l’apertura di credito in conto corrente, potendo il cliente effettuare nuovi prelievi. Nell’apertura di credito in conto corrente, il debito dell’accreditato nasce solo dalla chiusura del rapporto, poiché la rotatività del fido (prelevamenti e successivi versamenti) modifica costantemente il saldo (G. Molle: è solo con la chiusura del rapporto che la banca acquista il diritto alla restituzione delle somme, quali risultano dal saldo del conto a quel giorno).

Se non diversamente pattuito («salvo patto contrario»), l’apertura di credito si considera in conto corrente ex art. 1843 c.c.: questo, dunque, è lo schema contrattuale tipico (come attestato dalle Norme Bancarie Uniformi e successivamente dal Protocollo d’intesa ABI-Associazioni dei consumatori).

All’apertura di credito in conto corrente trovano applicazione le disposizioni che regolano le operazioni bancarie in conto corrente (artt. 1852 ss. c.c. ), ferma restando la sua diversità rispetto al contratto di conto corrente regolato dagli artt. 1823-1833 c.c. (G. Ferri).

Se, invece, l’apertura di credito è “semplice”, il cliente ha il diritto di utilizzare il credito una sola volta, ancorché per mezzo di prelevamenti parziali. I versamenti valgono a ridurre l’esposizione debitoria e non a ripristinare la disponibilità concessa (G. Molle: avendo tali versamenti natura di restituzione parziale delle somme utilizzate, può avvenire che il rapporto di estingua per effetto di tali versamenti, prima ancora del termine fissato per l’utilizzo del credito). Tale tipologia di apertura di credito, in cui il sovvenuto può utilizzare le somme una tantum e in cui il versamento alla banca assume una funzione immediatamente solutoria del credito, è desueta nella prassi bancaria.

È abbastanza diffusa anche l’apertura di credito di firma, nella quale la banca, per conto del cliente, assume un impegno verso terzi. La giurisprudenza di legittimità ha evidenziato che l’apertura di credito di firma, importando l’assunzione da parte della banca dell’impegno di prestare garanzia a favore di terzi: a) non costituisce di per sé un finanziamento perché non importa trasferimento di denaro, nemmeno nella forma di messa a disposizione dello stesso; b) non costituisce operazione strumentale alla concessione di un finanziamento, quando questo si è realizzato con una contestuale apertura di credito; c) non costituisce una forma, diversa dal conto corrente, di utilizzazione del finanziamento, perché non importa utilizzazione di denaro (Cass. 17 aprile 1993, n. 4552).

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