19 Settembre 2017

Sulla sottoscrizione digitale dell’atto d’appello notificato via PEC

di Michele Ciccarè Scarica in PDF

Cass., Sez. VI, 8 giugno 2017, n. 14338

Impugnazioni civili – Appello – Requisiti di ammissibilità – Sottoscrizione digitale dell’atto originale di citazione in appello predisposto mediante supporto informatico e notificato in copia via PEC (c.p.c.: artt. 125, 156, 161, 163; d.lgs. 82/2005: artt. 1, 20; D.M. 44/2011: artt. 11, 34; D.L. 193/2009: art. 4)

[1] La sottoscrizione digitale dell’atto originale di appello predisposto su supporto informatico e successivamente notificato in copia via PEC costituisce requisito necessario a pena d’inesistenza giuridica dell’atto di impugnazione.

CASO

[1] L’attore in primo grado appellava la sentenza con la quale era stata dichiarata l’incompetenza territoriale del giudice adito.

Tuttavia, l’atto di appello, predisposto su supporto informativo, veniva notificato in copia alla controparte via PEC senza previamente aver apposto la firma digitale sul relativo file originale in formato «PDF nativo».

Il giudice d’appello, dopo aver accertato tali carenze, dichiarava inammissibile il gravame proposto,   rilevando ad ogni modo in dispositivo l’inesistenza della notifica.

Tale decisione veniva impugnata con ricorso per Cassazione, per mezzo del quale si tentava di dimostrare l’irrilevanza del vizio notificatorio per raggiungimento dello scopo, in quanto:

  1. a) l’atto di appello era comunque stato notificato dall’indirizzo PEC del difensore dell’appellante e risultava regolarmente consegnato alla casella PEC dell’avvocato difensore della controparte in primo grado;
  2. b) l’appellato si era tempestivamente costituito in giudizio senza nulla eccepire in merito.

SOLUZIONE

[1] La Suprema Corte dichiara il ricorso inammissibile, in quanto omette «di aggredire l’effettiva ratio decidendi che sorregge la sentenza impugnata».

Sul punto viene infatti osservato che sebbene il giudice d’appello avesse formalmente dichiarato in dispositivo l’inesistenza della notificazione, l’accertamento veniva incentrato in motivazione esclusivamente sulla carenza della sottoscrizione digitale dell’atto originale di impugnazione predisposto con modalità informatiche.

Ragion per cui, rintracciata l’essenza del vizio nell’inesistenza – a monte – dell’atto introduttivo del giudizio di impugnazione, ne discende inevitabilmente – a valle – l’inammissibilità del giudizio d’appello instaurato.

Di contro, risulta del tutto irrilevante dimostrare, così come tentato dal ricorrente, la regolarità della notifica effettuata con conseguente costituzione in giudizio dell’appellato, in quanto trattasi di notifica che, sebbene di per sé regolare, ha ad oggetto un atto giuridicamente inesistente.

QUESTIONI

[1] Con la sentenza in commento, la Suprema Corte chiarisce la necessità di sottoscrivere digitalmente l’originale dell’atto di impugnazione predisposto con modalità informatica e notificato direttamente all’appellato – in copia – tramite PEC, pena l’inesistenza giuridica dell’atto stesso.

L’impostazione di fondo assunta a modello nel caso di specie, che ha permesso alla Suprema Corte di giungere alle conclusioni sopra riportate, va identificata nel principio di completa equiparazione fra la sottoscrizione autografa del documento analogico e quella apposta mediante firma digitale su quello informatico.

Siffatta impostazione, peraltro, si ricava dai principi enunciati all’art. 1, co. 1, lett. p) e s), nonché all’art. 20, co. 3 e 211, d.lgs. 82/2005 (c.d. Codice dell’Amministrazione Digitale), applicabili alle vicende del processo civile in base all’art. 4, D.L. 193/2009, conv. con mod. in l. 24/2010, così come specificato dagli artt. 11 e 34, D.M. 44/2011, nonché dall’art. 12, provvedimento del Ministero della giustizia del 16 aprile 2014 (sul punto cfr. distesamente Cass., 10 novembre 2015, n. 22871, emanata in tema di sottoscrizione digitale dei provvedimenti giurisdizionali; conformi ex multis Cass., 13 aprile 2017, n. 9562, Cass., 23 agosto 2016, n. 17279).

Orbene, da tale – oramai consolidato – presupposto giuridico deriva che la carenza della sottoscrizione digitale del documento informatico, al pari della mancata sottoscrizione autografa del documento analogico, rende lo stesso inesistente, non potendo tale vizio essere successivamente sanato.

Dunque, la Suprema Corte applica al caso di specie il consolidato principio già elaborato per gli atti di parte in formato cartaceo e firmati «manualmente», per cui «la sottoscrizione dell’originale di uno degli atti di cui all’art. 125 c.p.c., ad opera del procuratore (…) è elemento indispensabile per la formazione fenomenica dell’atto stesso, sicché il suo difetto determina l’inesistenza di questo e non già la sua nullità» (sul punto Cass., 20 gennaio 2011, n. 1275; Cass., 6 aprile 2006 n. 8042; Cass., 22 novembre 2004, n. 22055; Cass., 6 febbraio 2004 n. 2255; Cass., 20 marzo 2001, n. 4116; Cass., 18 giugno 1999 n. 6111; Cass., 10 gennaio 1998, n. 146; Cass., 6 febbraio 1994, n. 2691).

La questione sottesa alla vicenda processuale esaminata, peraltro, deve essere nettamente distinta dalle seguenti ipotesi:

  1. a) l’atto originale d’impugnazione, redatto con modalità informatiche, viene sottoscritto dall’avvocato tramite firma digitale, mentre la copia notificata tramite PEC all’appellato risulta priva di sottoscrizione digitale;
  2. b) l’atto originale d’impugnazione, in formato cartaceo, viene sottoscritto dall’avvocato in via autografa, mentre la copia informatica di tale atto (ovvero scansionata), notificata tramite PEC all’impugnato, risulta priva di sottoscrizione digitale.

Difatti, con riferimento ad entrambi i casi – sub a) e b) – la giurisprudenza dominante non ritiene assolutamente necessaria la sottoscrizione con firma digitale della copia notificata in via telematica. Ciò purché siffatto atto sia munito dell’attestazione di conformità all’originale (cfr. ancora in motivazione Cass., 8 giugno 2017, n. 14338, cit.), nonché sia notificato con modalità che permettano di identificare il soggetto impugnante ed il proprio avvocato.

Sotto quest’ultimo aspetto, infatti, è stato precisato che la mancata sottoscrizione della mera copia dell’atto di impugnazione notificato «non dà luogo a nullità, a meno che non si determini assoluta incertezza sull’identificazione della parte e del difensore» (così Cass., 12 dicembre 2016, n. 26102, in tema di ricorso per cassazione; conformi Cass., 18 febbraio 2014, n. 3791; Cass., 24 febbraio 2011, n. 4548; Cass., 29 luglio 2003, n. 11632; Cass., 13 aprile 1999, n. 3620; Cass., 29 ottobre 2001, n. 13395; Cass., 28 gennaio 1987, n. 802).