27 Giugno 2017

Le Sezioni unite sulla legittimazione ad agire del curatore fallimentare

di Stefano Nicita Scarica in PDF

Cass. Civ., Sez. Un., 23 gennaio 17, n. 1641  – Pres. Di Palma – Est. Nappi

Legittimazione attiva – Curatore fallimentare – Fallimento – Soggetti – Responsabilità – Azione civile di responsabilità – Bancarotta preferenziale – Danno – Parte civile – Interesse ad agire – Azioni giudiziali della massa fallimentare (C.p.C. art. 100; L. Fall. artt. 146, 216, 240; C. Civ. artt. 2043, 2059, 2393, 2394; C.p. art. 185; C.p.p. art. 444, comma 2)

 

[1] Il Curatore fallimentare ha legittimazione attiva unitaria, in sede penale come in sede civile, all’esercizio di qualsiasi azione di responsabilità ammessa contro gli amministratori di qualsiasi società, anche per i fatti di bancarotta preferenziale commessi mediante pagamenti eseguiti in violazione del pari concorso dei creditori

 CASO

[1] Un Fallimento si costituisce parte civile nel processo penale a carico degli amministratori della società fallita, per pagamenti preferenziali di crediti in violazione della par condicio creditorum. Tuttavia, nel prosieguo, il Fallimento (parte civile) rimane escluso dal procedimento penale per l’ammissione degli imputati al procedimento di applicazione della pena su richiesta delle parti, ai sensi dell’art. 444 c.p.p., comma 2, il quale stabilisce che in tal caso, “se vi è costituzione di parte civile, il giudice non decide sulla relativa domanda”.

La curatela fallimentare, quindi, propone avanti al giudice civile l’azione civile di responsabilità verso gli amministratori, facendo valere un doppio titolo di legittimazione: (a) la generale azione aquiliana da fatto illecito (art. 185 c.p. e artt. 2043 e 2059 c.c.) e (b) le specifiche azioni di responsabilità contro gli amministratori ex art. 146, L. Fall., in relazione agli artt. 2393 e 2394 c.c..

Nel 2013, le pronunce nel merito culminano con la sentenza della Corte d’Appello di Milano che conferma l’esclusione della legittimazione del Curatore del fallimento a proporre l’azione di responsabilità degli amministratori della società fallita in quanto la lesione della par condicio creditorum conseguente al pagamento preferenziale “può al limite generare una contesa tra le posizioni soggettive individuali dei singoli creditori ma non anche un pregiudizio per la massa creditoria considerata nel suo complesso”.

Contro la sentenza d’appello il Fallimento propone ricorso per Cassazione.
La terza sezione civile della Suprema Corte, chiede al Primo Presidente (Cass., 26 luglio 2016, n. 15501, ord.) la rimessione alle Sezioni unite, ritenendo che la questione sia di particolare importanza.

SOLUZIONE

[1] Le Sezioni Unite nella sentenza in commento si pronunciano, tra l’altro, sul tema della legittimazione del Curatore fallimentare all’azione di responsabilità per i pagamenti preferenziali eseguiti dagli amministratori, nei termini riportati in massima.

L’impostazione adottata nella sentenza considera innanzitutto il dettato normativo dell’art. 240 L. Fall., secondo cui il Curatore ha facoltà di costituirsi parte civile nel procedimento penale, anche contro il fallito, per tutti i reati previsti nel titolo VI della stessa legge, compreso quindi il delitto di bancarotta preferenziale (L. Fall., art. 216, comma 3). L’azione di responsabilità fa parte delle azioni proprie della massa concorsuale in quanto la lesione della par condicio creditorum è considerata un danno che si ripercuote su tutti i creditori e il Curatore è investito di conseguente legittimazione attiva.

QUESTIONI

[1] La Suprema Corte si pronuncia su tre questioni, tra le altre, di particolare importanza: (a) se sia possibile qualificare come azione della “massa” la domanda del Curatore fallimentare per il risarcimento dei danni causati dal fallito attraverso bancarotta preferenziale (L. Fall., art. 216, comma 3); (b) se vi sia una “piena sovrapponibilità tra esercizio dell’azione civile nel processo penale ed esercizio dell’azione di responsabilità ex artt. 2393 e 2394 c.c.” (cfr. Cass., 16 dicembre 2004, n. 3407), ovvero se questa sovrapposizione sia esclusa “già dal rilievo che la prima investe anche il danno non patrimoniale risarcibile, a norma dell’art. 2059 c.c., quando, tra l’altro, il fatto illecito sia appunto astrattamente configurabile come reato” (Cass., 17 marzo 2016, n. 20108); (c) se il Curatore fallimentare sia dotato o meno della legittimazione attiva per richiedere il risarcimento del danno derivante dal delitto di bancarotta preferenziale:

A. Azioni della “massa” fallimentare

Secondo la giurisprudenza della Suprema Corte, nel sistema della legge fallimentare “la legittimazione del Curatore ad agire in rappresentanza dei creditori è limitata alle azioni c. d. di massa finalizzate, cioè, alla ricostituzione del patrimonio del debitore nella sua funzione di garanzia generica ed aventi carattere indistinto quanto ai possibili beneficiari del loro esito positivo” (Cass., S.U., 28 marzo 2006, n. 7029).

Nella pronuncia, le Sezioni Unite ritengono legittimo che l’azione del Curatore possa avere un duplice titolo: (a) la generale azione aquiliana da fatto illecito di cui agli art. 185 c.p. e art. 2043 c.c. (caso in cui: “può aversi una responsabilità concorrente, sia contrattuale sia extracontrattuale, degli amministratori della società fallita, perché a entrambe può essere ricondotto anche il danno lamentato ex art. 185 c.p., e art. 2043 c.c.”) e (b) le specifiche azioni di responsabilità contro gli amministratori ex art. 146 L. Fall. in relazione agli artt. 2393 (di natura contrattuale) e 2394 c.c. (di natura extra-contrattuale: Cass., 22 ottobre 1998, n. 10488; Cass., 20 settembre 2012, n. 15955).

E quindi – chiosa la Corte – “a questa concorrenza di titoli di responsabilità corrisponde una legittimazioni unitaria del Curatore fallimentare sia in sede penale sia in sede civile per tutte le azioni esercitabili nei confronti degli amministratori”.

B. Sovrapponibilità delle azioni giudiziali

Sulla seconda questione, va premesso che le azioni di responsabilità degli amministratori, benché proponibili cumulativamente dal Curatore, hanno titoli distinti e autonomi. Il Curatore, tuttavia, «non potrebbe pretendere di esercitare separatamente tali azioni al fine di conseguire due volte il ripristino del patrimonio della società fallita, cui dette azioni concorrono» (Cass. 12 giugno 2007, n. 13765; Cass., 4 dicembre 2015, n. 24715).
Di conseguenza, il Curatore, che agisce “postulando indistintamente la responsabilità degli amministratori, fa valere sia l’azione che spetterebbe alla società, in quanto gestore del patrimonio dell’imprenditore fallito, sia le azioni che spetterebbero ai singoli creditori, considerate però quali “azioni di massa” in ragione dell’art. 146 L.fall. (Cass., 3 giugno 2010, n. 13465).

Le Sezioni Unite, quindi, stabiliscono che: (a) l titolo di responsabilità extracontrattuale ex art. 2394 c.c. è riferibile anche al danno da reato ex art. 185 c.p.; (b) alla responsabilità contrattuale può cumularsi la responsabilità per danno morale (Cass., 3 febbraio 2015, n. 1918; Cass., 24 febbraio 2006, n. 4184).

C.Legittimazione attiva del Curatore

Il contrasto emerso sul terzo punto in esame è tra chi interpreta la norma dell’art. 240 L. Fall., nel senso di riconoscere al Curatore la legittimazione a costituirsi parte civile nel procedimento penale  per bancarotta preferenziale (Trib. Napoli, 28 febbraio 2003; Trib. Firenze, 7 settembre 1995, in Giur. comm., 1996, II, 562, con nota di Biagiotti; Trib. Milano, 18 gennaio 2011, n. 501, in Fall., 2011, 595 ss., con nota di Spiotta, Un’altra pronuncia sulle azioni esperibili dal Curatore fallimentare: nuove “aperture” ma anche inaspettate “chiusure”) e chi esclude tale legittimazione ritenendo in tal caso mancante un’effettiva incidenza lesiva sul patrimonio fallimentare (Trib. Roma, 29 settembre 2015, n. 19331; Trib. Napoli, 13 marzo 2014, n. 3971; Trib. Milano, 18 gennaio 2011; Trib. Roma, 7 ottobre 2013, n. 1985; Cass., S.U., 28 marzo 2006, n. 7029. In dottrina: Fiore, Risarcimento del danno da bancarotta preferenziale e legittimazione ad agire del Curatore fallimentare. Note penalistiche minime, in Fall., 2017, 153 ss.; Esposito, La legittimazione del Curatore fallimentare all’esercizio della azione danni per abusiva concessione del credito: una breve analisi dei percorsi possibili, in Fall., 2006, 1125 ss.; Fauceglia, Abusiva concessione del credito e legittimazione attiva del Curatore: intervengono le sezione unite, in Corr. giur., 2006, 646 ss.).

Concludono, le Sezioni Unite, che “il pagamento preferenziale in una situazione di dissesto può comportare una riduzione del patrimonio sociale in misura anche di molto superiore a quella che si determinerebbe nel rispetto del principio del pari concorso dei creditori”. Quindi, l’interesse del Curatore ad agire è ritenuto di natura “procedimentale”, in attuazione del pari concorso dei creditori, e “va accertato con riferimento al momento della proposizione della domanda, perché si fonda sul già dichiarato stato di insolvenza del debitore, non sui prevedibili esiti della procedura concorsuale, mentre potrebbe assumere rilevanza solo l’eventuale impossibilità di qualificare come “bene” la cosa oggetto dell’azione” (Cass., 1 settembre 2004, n. 17524; Cass., S.U., 28 marzo 2006, n. 7028; Cass., 19 dicembre 2012, n. 23430).