14 Marzo 2016

Sull’autenticità del provvedimento comunicato via pec dalla cancelleri

di Michele Ciccarè Scarica in PDF

Cass., Sez. VI-3, 22 febbraio 2016, n. 3386

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Impugnazioni civili – regolamento di competenza – procedibilità – deposito in copia autentica della decisione impugnata – provvedimento comunicato via pec dalla cancelleria – autenticità – sussistenza (C.p.c. artt. 47, co. 3, 369, co. 2, n. 2; D.L. 179/2012: artt. 16, co. 4, 16 bis, co. 9 bis

[1] L’onere di deposito in copia autentica della decisione impugnata, ai fini della procedibilità del regolamento necessario di competenza proposto, è assolto con il deposito del provvedimento comunicato dalla cancelleria, tramite posta elettronica certificata, ai sensi dell’art. 16, co. 4, d.l. 179/2012, convertito con modificazioni nella l. 221/2012. 

CASO
[1] Avendo proposto istanza per regolamento necessario di competenza, il ricorrente depositava ex art. 369, co. 2, n. 2, c.p.c., la copia del provvedimento comunicato via pec dalla cancelleria ai sensi dell’art. 16, co. 4, d.l. 179/2012, convertito con modificazioni dalla l. 221/2012, sulla quale aveva inoltre provveduto ad inserire un’attestazione di conformità all’originale. 

SOLUZIONE
[1] La Suprema Corte, in via preliminare, dichiara la procedibilità del ricorso proposto, stante l’autenticità della copia del provvedimento depositato.

Infatti, ai sensi del comma 9 bis, prima parte, dell’art. 16 bis, d.l. 179/2012, convertito con modificazioni nella l. 221/2012 (comma specificamente introdotto dall’art. 52, co. 1, l. 114/2014), «le copie informatiche, anche per immagine, di atti processuali di parte e degli ausiliari del giudice nonché dei provvedimenti di quest’ultimo, presenti nei fascicoli informatici o trasmessi in allegato alle comunicazioni telematiche dei procedimenti indicati nel presente articolo, equivalgono all’originale anche se prive della firma digitale del cancelliere di attestazione di conformità all’originale».

Id est, la copia del provvedimento trasmesso via pec dalla cancelleria deve reputarsi equivalente all’originale presente nel fascicolo informatico, purché nella comunicazione effettuata siano individuabili gli indici di estrazione telematica.

Di riflesso, non assume alcuna rilevanza l’attestazione di conformità redatta dall’avvocato sulla copia del provvedimento comunicatogli via pec dalla cancelleria; attestazione che, peraltro, nel caso di specie è avvenuta in modo irrituale, non avendo provveduto egli stesso all’estrazione telematica della decisione ex art. 16 bis, co. 9 bis, seconda parte, d.l. 179/2012.

QUESTIONI
[1] Il provvedimento in analisi fornisce un’utile precisazione sul rispetto dell’onere di deposito in copia autentica, presso la cancelleria della Suprema Corte, del provvedimento sulla competenza impugnato, pena l’improcedibilità del regolamento proposto.

Infatti, la giurisprudenza di legittimità è unanime nel ritenere applicabile ai casi de quibus l’art. 369, co. 2, n. 2, c.p.c. (Cass., 16 aprile 2009, n. 9005; Cass., 31 luglio 2008, n. 20758; Cass., 27 marzo 2007, n. 7402; Cass., 29 settembre 2003, n. 14536; Cass. 7 aprile 1987, n. 3372).

Nondimeno, la soluzione prospettata è applicabile ogni qual volta il codice di rito prevede espressamente, a pena d’improcedibilità, il deposito in copia autentica del provvedimento impugnato, ovvero, ex art. 369, co. 2, n. 2, c.p.c., nei casi di proposizione del ricorso per Cassazione, anche qualora venga effettuato avverso una sentenza non definitiva (Cass., 18 dicembre 2015, n. 25561; Cass., 9 maggio 2014, n. 10103; Cass., 16 settembre 2002, n. 13473), nonché, ex art. 399, co. 2, c.p.c., in ogni ipotesi di impugnazione per revocazione (Cass., 10 febbraio 2009, n. 3253).

Viceversa, nei casi di appello, l’art. 347, co 2, c.p.c. si limita a disporre che «l’appellante deve inserire nel proprio fascicolo copia della sentenza appellata»: dunque, il deposito in copia non autentica della sentenza di primo grado impugnata non dovrebbe comportare l’improcedibilità del giudizio instaurato (cfr. in questo senso Cass., 16 novembre 2015, n. 23395).

Per quanto concerne l’opposizione di terzo, stante il rimando dell’art. 405, co. 1, c.p.c., alle forme prescritte per il procedimento dinanzi al giudice che ha emesso il provvedimento impugnato, si può dedurre che:

  1. per l’opposizione alle pronunce di legittimità, nei casi previsti dall’art. 391 terp.c., occorre depositare copia autentica del provvedimento ex art. 369, co. 2, n. 2, c.p.c.;
  2. per l’opposizione alle pronunce di secondo grado vale la diversa disposizione dell’art. 347 c.p.c.;
  3. per l’opposizione alle pronunce di primo grado – nel silenzio legislativo – si ritiene in via cautelativa opportuno allegare la pronuncia impugnata in copia autentica (in dottrina Olivieri, Opposizione di terzo, in Civ., XIII, Torino, 1995).

Va comunque sottolineato che, indipendentemente da tipo di impugnazione e dal giudice dinanzi al quale questa si svolge, il prudente deposito di copia autentica previene possibili contestazioni.

Peraltro, ex art. 16 bis, co. 9 bis, seconda parte, d.l. 179/2012, lo stesso difensore può dichiarare, mediante apposita attestazione di conformità, che le copie informatiche o analogiche dei provvedimenti (così come degli atti) da egli estratti con modalità telematiche dal fascicolo informatico sono conformi agli originali. Tale previsione è esclusa solamente, ai sensi dell’ultimo periodo del comma in analisi, nei confronti degli «atti processuali che contengono provvedimenti giudiziali che autorizzano il prelievo di somme di denaro vincolate all’ordine del giudice».

 

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