10 Marzo 2020

L’iscrivibilità nel Registro delle Imprese degli atti e delle domande giudiziali

di Mario Furno, Avvocato e Professore a contratto di International Business Law presso l'Università degli Sudi di Verona Scarica in PDF

Decreto di rigetto n. Cron. 11783/2019 del 30.10.2019 R.G. 3634/2019 Tribunale Ordinario di Vicenza, Prima Sezione Civile

Parole chiave: Ufficio di registro – Principio di tipicità

Massima: Non è iscrivibile nel Registro delle imprese la domanda giudiziale volta all’ottenimento della revocatoria ex art. 2901 c.c. di atto di trasferimento di quote di partecipazione, non rinvenendosi disposizione normativa alcuna che lo preveda, non trovando applicazione, nel caso di specie, il principio di completezza delle iscrizioni e, in ogni caso, non essendo idonea l’iscrizione richiesta ad escludere la buona fede dei terzi successivamente acquirenti (avendo, peraltro, a disposizione il reclamante altri strumenti giuridici di tutela).

Riferimenti normativi: art. 2188 c.c., 2189 c.c.; 2193 c.c., 2901 c.c.; art. 7, 8, comma 6 e 11 comma 6 lett. c) D.P.R. n. 581/1195.

CASO

Veniva chiesta l’iscrizione nel Registro Imprese di un atto di citazione in giudizio per azione revocatoria ai sensi dell’art. 2901 c.c. sulle quote di partecipazione di società a responsabilità limitata. La domanda veniva rigettata dall’Ufficio del Registro delle Imprese stante il difetto di tipicità dell’atto di cui veniva richiesta l’iscrizione.

Avverso tale provvedimento l’istante proponeva ricorso avanti il Giudice del Registro delle Imprese, presso il Tribunale di Vicenza, il quale respingeva il ricorso a mente dell’art. 2188 c.c.

L’istante quindi procedeva a reclamare il decreto del Giudice del Registro delle Imprese avanti il Tribunale di Vicenza che, con il provvedimento che si annota, concludeva rigettando il ricorso e per l’effetto confermando il decreto del Giudice del Registro di Vicenza.

SOLUZIONE

La controversia rappresentata nel provvedimento in commento consente di affrontare il tema del principio che regola la pubblicità degli atti da iscriversi nel Registro delle Imprese.

In particolare, in ossequio al principio di tipicità degli atti e fatti che debbano essere iscritti al Registro delle Imprese, il Tribunale di Vicenza ritiene che la domanda giudiziale relativa all’azione revocatoria non possa essere oggetto di iscrizione in quanto atto non tipico da un lato, ed escludendo, dall’altro, la rilevanza del principio di completezza delle iscrizioni, poiché l’effetto tipico dell’accoglimento della domanda ex art. 2901 c.c. è quello di rendere inefficace l’atto dispositivo revocato nei soli confronti del creditore procedente, senza incidere sulla titolarità del bene oggetto dell’atto dispositivo (e quindi senza incidere sulla composizione societaria).

QUESTIONI

È cosa nota, che si rinviene sin dalla prima Direttiva Comunitaria 68/151/EEC del 09 marzo 1968, che la protezione degli interessi dei soci e dei terzi viene realizzata attraverso la pubblicità resa tramite l’Ufficio del Registro.

In ossequio a tale principio di protezione e tutela, il legislatore comunitario ha imposto la pubblicità tramite l’Ufficio di Registro degli atti essenziali della società, nonché di certe informazioni che la concernono, al fine di realizzare una uniformità della tutela dei soggetti tramite l’identicità degli atti da rendere necessariamente pubblici all’interno del panorama dell’Unione Europea.

Successivamente, il legislatore è intervenuto più volte e già nel 2009 ha emanato la Direttiva Europea 2009/101/CE del 16.09.2009 affinché l’accesso a tali informazioni, oggetto di pubblicità obbligatoria, fosse consentito anche in un’ottica transfrontaliera al fine di “proteggere gli interessi dei soci e dei terzi”.

In Italia, l’effettiva attuazione del Registro delle Imprese, nonostante le previsioni di cui agli articoli 2188 e seguenti c.c., ha avuto luogo grazie alle prescrizioni di cui alla L.g. n. 580 del 29.12.1993 nonché del relativo Regolamento di Attuazione (D.P.R. n. 581 del 7.12.1995).

In tal senso “Secondo la costante giurisprudenza del Giudice del registro presso il Tribunale di Roma, il registro delle imprese ha assunto, per volontà del legislatore del 1993, le funzioni tipiche di un pubblico registro cui è assegnata una insostituibile funzione informativa e pubblicitaria, costituendo in particolare l’unica fonte con validità legale dei fatti ed atti riguardanti il mondo delle imprese. Il registro, dunque, è destinato a creare nei confronti dei terzi un legittimo affidamento, giuridicamente tutelato, della legalità e validità delle informazioni e dei dati ivi inseriti; la funzione specifica di un pubblico registro consiste nel diritto, riconosciuto ad ogni cittadino, di accedervi ricavandone informazioni che hanno piena valenza giuridica, il che significa che le stesse sono normalmente esatte e veritiere, che possono essere utilizzate in ogni contenzioso da parte dei soggetti in lite e che il giudice le deve assumere come vere” (Tribunale di Roma, Ufficio del Giudice del registro delle imprese tenuto dalla Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura di Roma, Decreto di Rigetto del 15.04.2015).

Prosegue il Giudice del registro delle imprese capitolino, “Il conservatore del registro delle imprese non ha, però, funzionalmente il compito di sindacare la validità, sotto il profilo civilistico, del contenuto dei provvedimenti da iscrivere nel registro medesimo: egli è tenuto all’iscrizione obbligatoria previo esercizio del solo controllo di regolarità formale, senza possibilità di sindacarne la regolarità sostanziale demandata alla valutazione dell’autorità giudiziaria su impulso dei soggetti interessati e legittimati per legge. Per regolarità formale deve, peraltro, intendersi il controllo sui soli requisiti formali dell’atto (competenza dell’ufficio, provenienza e certezza   giuridica  della   sottoscrizione,  riconducibilità   dell’atto   da  iscrivere  al   tipo  legale, legittimazione alla presentazione dell’istanza di iscrizione) e salvo che l’illiceità dell’atto comprometta la riconducibilità al tipo legale giuridico di atto iscrivibile.

Il summenzionato provvedimento di rigetto ben consente di sottolineare il collegamento tra la pubblicità dell’atto ed il principio che regola tale pubblicità, nonché, infine, la certezza legale che l’atto deve avere per poter essere oggetto di iscrizione.

Si rammenta che ai sensi, infatti, dell’art. 7 comma 2 lettera b) del D.P.R. n. 581 del 07.12.1995,

“nel registro delle imprese sono iscritti (…) b) gli atti previsti dalla legge”.

La prescrizione sopra citata introduce, quindi, il principio di tipicità dei fatti e degli atti che possono essere iscritti nel Registro delle Imprese, con la conseguenza che, da un lato, i soggetti privati non possono procedere ad iscrivere volontariamente atti diversi da quelli per i quali la legge impone una specifica forma di pubblicità; dall’altro, il controllo formale dell’atto da iscrivere, così come pure dell’iscrivibilità dello stesso è demandata al Conservatore del Registro delle Imprese di riferimento.

Come ben rileva il decreto del Tribunale di Vicenza di rigetto (in commento), la certezza degli atti o dei fatti suscettibili di iscrizione nel Registro delle Imprese determina la certezza e sicurezza dei traffici per coloro che intendano intrattenere rapporti giuridici con gli imprenditori iscritti, e ciò quindi in aderenza con la necessità di proteggere i soci ed i terzi determinante per l’emissione delle direttive comunitarie.

In pratica: il principio di tipicità delle iscrizioni costituisce quindi presidio esso stesso per la tutela di coloro che acquisiscano notizie dal Registri delle Imprese; tale principio di tipicità va strettamente collegato alla certezza dell’atto o del fatto iscritto.

In tal senso, il Tribunale di Milano ha considerando irrilevante l’eccepita funzione di pubblicità notizia attribuita all’iscrizione del verbale redatto in occasione di una assemblea straordinaria, in seno alla quale era stato deliberato il ripianamento delle perdite mediante la riserva legale, ha disposto la cancellazione dell’atto dal registro delle imprese, in quanto non rientrante nelle ipotesi tipiche di iscrizione previste dal legislatore, statuendo così che “Secondo quanto disposto dal primo comma dell’art. 2188 c.c., l’iscrizione degli atti nel registro delle imprese è consentita nei soli casi stabiliti dalla legge” (Tribunale Milano, 9 ottobre 2017).

Si pone, quindi, la tematica dell’iscrizione di quegli atti, quale è appunto la domanda giudiziale revocatoria ex art. 2901 c.c., che non identificano una situazione certa e definita nei confronti dei terzi quale può essere, ad esempio, l’intervenuta adozione di un provvedimento cautelare, di sequestro o un pignoramento presso terzi.

Ed in effetti, la domanda revocatoria ex art. 2901 c.c., riferita a partecipazioni societarie, se accolta,

non incide sulla composizione societaria poiché opera solo nei confronti del creditore procedente. Né può ritenersi applicabile in via analogica la norma prevista in tema di trascrizioni delle domande giudiziali nei registri immobiliari: la previsione, prevista all’articolo 2652 c.c., è norma non passibile di interpretazione analogica in quanto norma eccezionale non suscettibile quindi di interpretazione analogica ex art. 14 delle Preleggi.

Sotto altro aspetto, il provvedimento del Tribunale di Vicenza trova pure giustificazione nel principio di completezza delle iscrizioni.

A tal proposito, in conformità con il provvedimento in commento, il Tribunale di Roma in data 06 luglio 2017 ha così stabilito “Per le domande giudiziali, vige la regola generale della non iscrivibilità nel registro delle imprese. Il principio di tipicità degli atti soggetti ad iscrizione del registro delle imprese si ricava dagli artt.2188 c.c., 7, comma 2, e 11, comma 6, lett. C), DPR 581/1995. L’art.8, comma 6, L.580/1993 in alcun modo consente di ritenere che il detto sistema di pubblicità possa considerarsi atipico. In applicazione del disposto di cui all’art.14 disp. prel. c.c., l’interprete non può applicare analogicamente le norme che stabiliscono ipotesi tipiche di iscrizione degli atti per affermare l’iscrivibilità di atti non considerati dal legislatore. L’analogia è uno strumento per l’interpretazione del sistema, ma non può trovare applicazione allorquando è lo stesso sistema a definirsi completo, stabilendo le singole ed esclusive ipotesi in cui un atto risulta suscettibile di iscrizione. Secondo il sistema legislativo vigente, il sistema di informazione proprio del registro delle imprese è completo non perché essenzialmente tale, ma nella misura in cui tutti e solo gli atti per cui la legge prevede l’iscrizione risultino effettivamente iscritti. Il principio di completezza rappresenta la ratio legis a cui si uniforma la disciplina degli atti suscettibili di iscrizione nel registro delle imprese, ma nulla dice in ordine a quali condizioni le informazioni contenute nel registro delle imprese dovrebbero ritenersi in astratto complete”.

A margine, ed in congruità con quanto sopra esposto, si rammenta che espressamente l’art. 35, comma 1, del D.Lgs. 17 gennaio 2003 n. 5 prescrive che “la domanda di arbitrato proposta dalla società o in suo confronto è depositata presso il Registro delle Imprese ed è accessibile ai soci”.