23 Maggio 2017

La qualificazione del rapporto di lavoro

di Evangelista Basile Scarica in PDF

Cassazione Civile, Sezione Lavoro, 28 marzo 2017, n. 7925

Lavoro subordinato – Attività economica, di produzione o scambio di beni o servizi – Scopo di lucro – Prestazioni – Presunzioni – Qualificazione

MASSIMA

L’accertamento, da una parte, dell’esercizio professionale di un’attività economica, di produzione o scambio di beni o servizi, con organizzazione propria di mezzi e con uno scopo di lucro, e, dall’altra, dell’effettuazione di prestazioni oggettivamente configurabili come di lavoro subordinato, queste devono presumersi effettuate a titolo oneroso, salva la prova che le prestazioni stesse siano caratterizzate da gratuità.

COMMENTO

Un’impresa impugna la sentenza con cui la Corte d’Appello ha rigettato il suo ricorso avverso le ordinanze-ingiunzioni emesse dall’INPS per omessi contributi a seguito dell’accertamento ispettivo dell’esistenza di rapporti di lavoro subordinato alle dipendenze dell’impresa stessa. Come primo motivo, la Ricorrente denuncia la violazione o la falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., in quanto la Corte erroneamente ha attribuito a parte opponente l’onere di provare la sussistenza dei rapporti di lavoro subordinato ritenuti accertati in sede ispettiva. La Cassazione anzitutto osserva che la difesa della ricorrente non aveva negato le modalità di espletamento dei rapporti, ma si era fondata sull’affermazione che tali rapporti non fossero soggetti ad alcun obbligo contributivo, perché non onerosi: in particolare, la Ricorrente aveva sottolineato che le parti avevano pattuito che non sarebbe stato erogato alcun stipendio. L’Inps, invece, aveva accertato la natura subordinati di detti rapporti sulla base di precisi riscontri documentali. Tanto premesso, la Suprema Corte richiama il principio più volte affermato dalla giurisprudenza di legittimità secondo cui le prestazioni rese da un soggetto si presumono onerose se viene accertato, da una parte, l’esercizio professionale, sistematico, di un’attività economica, di produzione o di scambio di beni o servizi, mediante l’organizzazione di mezzi, al fine di conseguire uno scopo di lucro e, dall’altra, sempre nell’ambito di tale organizzazione imprenditoriale, l’effettuazione di prestazioni oggettivamente configurabili come di lavoro subordinato. Ciò posto, colui che contesta l’onerosità, può dimostrare che tali prestazioni siano state rese gratuitamente. Tuttavia, ricordando che la retribuzione è elemento caratteristico del rapporto di lavoro irrinunciabile, ai fini di tale prova, non è sufficiente la formale pattuizione intercorsa tra le parti, ma è necessario l’accertamento delle modalità di svolgimento del rapporto e delle particolari circostanze oggettive o soggettive che giustifichino la causa gratuita. Nel concreto, dunque, il ricorrente deve soffermarsi dettagliatamente sulle modalità e la quantità di lavoro, sulle condizioni economiche-sociali delle parti, sulle relazioni intercorrenti tra le stesse, non potendo limitarsi a dimostrare che il lavoratore si ripromette di ricavare dalla prestazione gratuita un vantaggio futuro e non pecuniario. Alla luce di ciò, gli Ermellini hanno ritenuto corretto che nella sentenza di secondo grado avesse posto a carico della datrice di lavoro l’onere di provare che il rapporto di lavoro instaurato con le dipendenti fosse gratuito, superando la presunzione di onerosità. In conclusione, ogni attività oggettivamente configurabile come prestazione di lavoro subordinato si presume effettuata a titolo oneroso, salvo che si dimostri la sussistenza della finalità di solidarietà in luogo di quella lucrativa.

Articolo tratto dalla Rivista Euroconference “IL GIURISTA DEL LAVORO”