15 Febbraio 2016

Impugnazione per nullità del lodo arbitrale per violazione delle regole di diritto: questione rimessa alle Sezioni Unite

di Giorgia Vulpiani Scarica in PDF

Cass., Sez. I, 21 dicembre 2015 n. 25662

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Impugnazioni civili – Arbitrato rituale – Impugnazione per nullità del lodo per violazione delle regole di diritto – Rimessione alle Sezioni Unite (c.p.c. art. 829) 

Sono rimessi gli atti al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite al fine di comporre il contrasto sull’ammissibilità dell’impugnazione per nullità del lodo per violazione delle regole di diritto nel caso in cui la clausola compromissoria, stipulata prima dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 40/2006, nulla abbia previsto al riguardo e il procedimento arbitrale sia stato instaurato successivamente all’entrata in vigore della riforma (2 marzo 2006). 

CASO
Il 12 marzo 2007 veniva introdotto un giudizio arbitrale, in forza di clausola compromissoria stipulata il 27 novembre 2001. Nello stipulare la clausola, le parti non avevano pattuito alcunché in ordine all’impugnabilità del lodo per violazione delle norme di diritto.

Pronunciato il lodo, il soccombente proponeva impugnazione per nullità per violazione di regole di diritto, invocando l’applicazione del vecchio testo dell’art. 829, co. 2, c.p.c. («L’impugnazione per nullità è altresì ammessa se gli arbitri nel giudicare non hanno osservato le regole di diritto, salvo che le parti li avessero autorizzati a decidere secondo equità o avessero dichiarato il lodo non impugnabile»), in quanto la clausola era stata stipulata prima della riforma attuata con il d.lgs. 40/2006. In via subordinata, sollevava eccezione di incostituzionalità della norma novellata per violazione degli artt. 3, 24, 41, 102 e 111 Cost.

La Corte d’Appello respingeva la questione di costituzionalità e dichiarava inammissibile l’impugnazione, ritenendo applicabile il nuovo testo dell’art. 829, co. 3, c.p.c., così come modificato dall’art. 24 d.lgs. 40/2006, il quale dispone che «L’impugnazione per violazione delle regole di diritto relative al merito della controversia è ammessa se espressamente disposta dalle parti o dalla legge».

Tale decisione era fondata sulla disciplina transitoria recata dall’art. 27 d.lgs. 40/2006, a mente del quale il nuovo testo si applica ai procedimenti arbitrali nei quali la domanda di arbitrato è stata proposta successivamente alla data di entrata in vigore del decreto (2 marzo 2006).

Avverso tale pronuncia viene proposto ricorso per Cassazione. 

SOLUZIONE
La Sez. I ha rimesso gli atti al Primo Presidente ex art. 374, co. 2, c.p.c. per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite al fine di comporre il contrasto interpretativo sussistente in seno alla giurisprudenza della Corte di Cassazione. 

QUESTIONI
Prima della riforma, l’art. 829, co. 2, c.p.c. prevedeva che l’impugnazione per nullità del lodo per violazione di norme di diritto fosse sempre ammissibile, salvo che le parti non avessero autorizzato gli arbitri a decidere secondo equità o avessero dichiarato il lodo non impugnabile.

L’attuale formulazione dell’art. 829, co. 3, c.p.c. ribalta, invece, tale prospettiva, prevedendo che l’impugnazione per nullità per violazione delle regole di diritto relative al merito della controversia sia ammessa solo se espressamente disposta dalle parti o dalla legge.

La questione si incentra sull’interpretazione del silenzio, sul punto, della clausola compromissoria redatta prima dell’entrata in vigore della riforma in relazione a procedimenti arbitrali introdotti successivamente ad essa, atteso che l’art. 27 d.lgs. 40/2006 dispone l’applicabilità della nuova disciplina ai giudizi proposti successivamente al 2.3.2006.

Secondo un orientamento, l’attuale formulazione dell’art. 829, co. 3, c.p.c. va applicata a tutte le controversie introdotte successivamente all’entrata in vigore del d.lgs. 46/2006, a nulla rilevando il riferimento temporale della clausola compromissoria, posto che le parti avrebbero potuto modificare la clausola dopo l’entrata in vigore del decreto. Inoltre, una difforme interpretazione porrebbe nel nulla la norma transitoria e l’intento deflazionistico perseguito dalla riforma (Cass., 20 febbraio 2012, n. 2400; Cass., 17 settembre 2013, n. 21205; Cass., 25 settembre 2015, n. 19075).

Viceversa, secondo un difforme indirizzo, ritenere applicabile la nuova formulazione dell’art. 829, co. 3, c.p.c. alle convenzioni di arbitrato concluse prima dell’entrata in vigore della riforma, solo perché il giudizio arbitrale è stato introdotto in data successiva, contrasterebbe con i principi generali di irretroattività della legge e di immodificabilità della disciplina contrattuale per effetto di mutamenti successivi alla legislazione. Principi che, come espresso dalla giurisprudenza costituzionale, costituiscono regole essenziali dell’ordinamento, alle quali, salva la ricorrenza di un’effettiva causa giustificatrice, il legislatore deve ragionevolmente attenersi, in quanto «la certezza dei rapporti preteriti costituisce un indubbio cardine della civile convivenza e della tranquillità dei cittadini» (così Corte Cost. 4 aprile 1990, n. 155; v. anche Corte Cost. 22 novembre 2000 n. 525; Cass. 29 gennaio 2003 n. 1379; Cass. Sez. Un. 9 marzo 2007 n. 5394).

Una contraria interpretazione implicherebbe l’automatica sostituzione del contenuto della clausola, ricollegando al silenzio dei contraenti significato opposto a quello stabilito dalla legge al momento della stipulazione del patto e privando le parti di un mezzo di impugnazione al quale non intendevano rinunciare, in violazione degli artt. 3 e 24 Cost. (Cass., 19 aprile 2012, n. 6148; Cass., 3 giugno 2014, n. 12379).

In questo senso si è espressa anche la dottrina (v. Consolo C., Spiegazioni di diritto processuale civile, Vol. III, 2009, 457; Nela P.L., Contro l’applicazione dell’art. 829, comma 3°, c.p.c. alle convenzioni arbitrali concluse prima della riforma, in Riv. dir. proc. 2009, 919; Punzi C., Luci ed ombre nella riforma dell’arbitrato, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2007, 435).