18 Dicembre 2018

Disparità di trattamento in ragione del sesso

di Evangelista Basile Scarica in PDF

Cassazione Civile, Sezione Lavoro, 12 novembre 2018, n. 28926

Non discriminatoria – Legge – Diversità – Trattamento – Uomini – Nullità – Licenziamento – Matrimonio

 MASSIMA

Non è discriminatoria la legge che commina la nullità per il licenziamento delle lavoratrici a causa di matrimonio e non anche per i lavoratori uomini. La diversità di trattamento è giustificata dalla tutela della maternità, la quale è garantita dalla Costituzione. In particolare assicura al bambino e alla donna un’adeguata protezione, in virtù della sua essenziale funzione familiare. Infine la tardività della contestazione non può essere ritenuta un elemento costitutivo del recesso datoriale.

COMMENTO

Il ricorrente deduce la violazione e la falsa applicazione dell’art 35 del d.lgs. 198/2006 per disparità di trattamento in ragione del sesso, laddove la nullità del licenziamento “a causa del matrimonio” sia interpretata come limitata in senso letterale alla sola lavoratrice. La Corte di cassazione boccia il motivo di ricorso proposto dal lavoratore. Infatti, secondo i giudici di legittimità, non è contrario alle norme europee limitare alle sole donne la nullità del licenziamento, fino a prova contraria, dal giorno di richiesta delle pubblicazioni fino ad un anno dopo dalla celebrazione delle nozze. Tale principio trova fondamento nell’art. 37 della Costituzione, a cui è ispirato anche il codice delle pari opportunità, il quale prevede non solo la tutela fisica della donna e del bambino, ma investe tutto il complesso rapporto che, durante il periodo di gravidanza e di puerperio, si svolge tra la madre e il figlio. Dunque, tali principi, declinati con quello di uguaglianza, impongono alla legge di impedire che dalla maternità, e dagli impegni connessi alla cura del bambino, possano derivare conseguenze negative e discriminatorie per la lavoratrice madre.  In questo modo si evita che la maternità non si traduca, in concreto, in un impedimento alla realizzazione dell’effettiva parità di diritti della donna lavoratrice. Infatti per il congedo di maternità è prevista una tutela più forte, tanto che l’inosservanza risulta sanzionata, anche penalmente, diversamente che nel congedo di paternità; poiché, nel primissimo periodo di vita del bambino contano le esigenze di sviluppo della personalità oltre che ai meri bisogni biologici. I Giudici di legittimità accolgono parzialmente il secondo motivo di ricorso del lavoratore. La tardività della contestazione non può essere ritenuta elemento costitutivo del recesso datoriale perché si tratta di un vizio che si risolve in una forma di inadempimento dell’azienda ai generali doveri di correttezza e buona fede nei rapporti obbligatori. Dunque è escluso che concorra alla formazione della causa all’origine del provvedimento, ma rappresenta un vizio funzionale della fattispecie sanzionatoria. Su quest’ultimo punto i Giudici di legittimità cassano con rinvio al giudice di merito.

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