21 Marzo 2016

Cass., sez. un., 27 gennaio 2016, n. 1517

di Serena Pilato Scarica in PDF


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Giudizio di revocazione – Fase rescindente – Accertamento dell’esistenza o del contenuto del rapporto giuridico sostanziale – Esclusione (Cod. proc. civ., art. 395)

Ricorso per cassazione successivo a giudizio di revocazione – Motivi di giurisdizione non attinenti alla sentenza che ha deciso sulla revocazione – Ammissibilità – Esclusione (Cod. proc. civ., artt. 37, 395; Cod. proc. amm., art. 110)

[1] Nel giudizio di revocazione la fase rescindente ha per oggetto l’accertamento del denunziato vizio della sentenza impugnata, e non l’esistenza o il contenuto del rapporto giuridico sostanziale, in ordine al quale la sentenza stessa ha deciso, dal momento che solo l’eventuale fase rescissoria a cognizione piena rinnova il giudizio su tali punti.

[2] La giurisdizione sull’impugnazione revocatoria ex art. 395 cod. civ. appartiene allo stesso giudice che ha emesso la sentenza impugnata (art. 398 cod. proc. civ.); e la successiva impugnazione dinanzi alla Corte di Cassazione a sezioni unite deve concernere motivi di giurisdizione attinente alla sola sentenza che ha deciso sulla revocazione, senza poter rimettere in discussione questioni trattate nei gradi di merito.

CASO
[1-2] Parte ricorrente proponeva gravame avanti al Consiglio di Stato avverso una sentenza del T.a.r. Sardegna, che aveva disposto l’annullamento degli atti di una gara pubblica.

Avverso la pronuncia del Consiglio di Stato interponeva ricorso per revocazione la parte soccombente, deducendo l’acquisizione di nuove prove decisive e l’esistenza di un errore di fatto. L’adito Consiglio di Stato dichiarava l’impugnazione inammissibile.

Il soccombente faceva, quindi, valere, con ricorso per cassazione, il difetto di giurisdizione del g.a., spettando – a suo avviso – al g.o. la potestas iudicandi.

SOLUZIONE
[1-2] La Corte dichiarava l’inammissibilità del ricorso per cassazione, proposto successivamente al giudizio di revocazione, risultando, in sede di legittimità, preclusa la questione di giurisdizione attinente alla controversia sulle sorti del contratto di appalto pubblico, siccome non inerente alla sentenza che aveva deciso sulla revocazione.

QUESTIONI
[1-2] La Suprema Curia ha, con la pronuncia in epigrafe, pur sinteticamente, precisato natura e funzione dell’istituto della revocazione, in relazione al regime di proponibilità dell’eccezione di difetto di giurisdizione.

Se è pacifico che il rimedio revocatorio integri un’impugnazione a critica vincolata, articolata in due distinte fasi – la prima rescindente e la seconda rescissoria –, natura e regime del mezzo andrebbero – seguendo il succinto ragionamento delle Sezioni Unite – coordinate con la disposizione dell’art. 110 c.p.a., che consente il ricorso per cassazione avverso le sentenze del Consiglio di Stato per i soli motivi di giurisdizione.

Nel caso di specie, il Consiglio di Stato aveva dichiarato l’inammissibilità dei motivi di revocazione proposti, senza procedere, pertanto, alla disamina del merito, connaturale alla fase rescissoria. A giudizio della Suprema Corte, adita con ricorso per cassazione successivo al giudizio revocatorio, la questione di giurisdizione – siccome non attinente alla sentenza che aveva deciso sulla revocazione, ma, invero, spendibile già nei pregressi gradi – non potrebbe essere ex abrupto proposta, per la prima volta, in seno al giudizio di legittimità.

Del resto, è noto che la mancata impugnazione della sentenza di primo grado in relazione alla potestas iudicandi comporti il formarsi del cd. giudicato implicito sulla giurisdizione, precludendo la disamina della questione nei successivi gradi del processo (Cass., sez. un., 11 aprile 2012, n. 5704; Cass., sez. un., 28 gennaio 2011, n. 2067; Cass., sez. un., 9 ottobre 2008, n. 24883).

Nel caso di specie, sulla questione di giurisdizione – siccome non involgente violazioni dei criteri di riparto con riferimento alla sentenza all’esito del giudizio revocatorio – si era già consolidato il cd. giudicato implicito, per non essere stata la quaestio fatta valere in appello o ufficiosamente rilevata, nei termini previsti dalla citata Cass. civ., Sez. Un., 9 ottobre 2008, n. 24883, ex art. 37 cod. proc. civ. (in argomento, v., ex multis, A. Carratta, Rilevabilità d’ufficio del difetto di giurisdizione e uso improprio del “giudicato implicito”, in Giur. it., 2009, p. 1460).

Onde ovviare alla declaratoria di inammissibilità, si sarebbe, pertanto, dovuto includere la questione di giurisdizione – così come prospettata dal ricorrente – nel contesto dei motivi dell’appello proposto avanti al Consiglio di Stato.