15 Febbraio 2016

Atto di precetto: attenzione al disconoscimento dell’assegno

di Marco Russo, Avvocato Scarica in PDF

Trib. Taranto, 13 gennaio 2016 – g.u. Casarano

Procedimento civile – Assegno bancario – Mancata opposizione a precetto – Riconoscimento tacito (C.c. art. 2702; c.p.c. artt. 214, 215, 216) 

L’avvenuta notifica del precetto con l’unito assegno bancario impone al suo destinatario di disconoscere l’autenticità del documento con l’opposizione a precetto: conseguentemente, nessuna efficacia processuale ha il disconoscimento operato dal debitore nel corso del giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo fondato sullo stesso titolo. 

IL CASO
Una compagnia assicurativa notifica all’assicurato atto di precetto in forza di assegno bancario protestato, ma il pignoramento è negativo. Sulla base del medesimo assegno la creditrice ottiene in seguito un decreto ingiuntivo; l’ingiunto instaura giudizio d’opposizione negando di aver mai intrattenuto rapporti con la ricorrente e, in particolare, disconoscendo la sottoscrizione apposta in calce all’assegno. Il giudizio di primo grado si conclude con sentenza con cui il giudice di pace conferma il decreto opposto, rilevando che “non provata è l’eccezione di disconoscimento delle firme apposte”. L’opponente propone appello e il Tribunale respinge. 

LA SOLUZIONE
Secondo il Tribunale, la mancata opposizione all’atto di precetto fondato su assegno bancario impedisce al destinatario della notifica di disconoscere, nel successivo giudizio d’opposizione al decreto ingiuntivo la cui pretesa si sia basata sullo stesso titolo, l’autenticità del documento. 

LE QUESTIONI
L’inedito assunto per cui “l’avvenuta notifica del precetto con l’unito assegno […] imponeva al suo destinatario debitore di disconoscere la sua autenticità con l’opposizione a precetto” è motivato in primo luogo dal tribunale sulla base del disposto dell’art. 56 del R.D. 21 dicembre 1933, n. 1736.

Norma, che, in realtà, riconosce al debitore cartolare una semplice possibilità (quella di ottenere la sospensione degli atti esecutivi tramite “ricorso” con con cui “disconosca la propria firma o la rappresentanza oppure adduca gravi e fondati motivi”), e non assegna un vero e proprio onere di procedere al disconoscimento formale della scrittura in quella sede.

Il secondo argomento, altrettanto discutibile, è fondato sulla presunta “equiparabilità” tra l’inerzia del destinatario di precetto che non disconosca la firma sull’assegno in sede di opposizione e l’inattività “implicata nella contumacia di cui al n. 1 dell’art. 215 c.p.c.”.

La tesi non pare tuttavia adeguatamente valorizzare il fatto che l’art. 293, comma 3 c.p.c. permette espressamente al contumace, una volta costituitosi, di disconoscere le scritture recanti la sua apparente sottoscrizione e prodotte anteriormente alla sua costituzione, addirittura esonerandolo, nell’esercizio di tale potere, dall’onere di dimostrare (come invece previsto dall’art. 294, comma 1 c.p.c. per qualsiasi altra attività processuale) la non imputabilità della scelta di non partecipare attivamente al giudizio.

La giurisprudenza, sul punto, è però rigorosa nell’applicazione dei limiti temporali, decorrenti dalla costituzione, per l’effettuazione del disconoscimento: la parte rimasta contumace può infatti disconoscere in appello la scrittura privata contro di essa prodotta in primo grado soltanto se la dichiarazione è contenuta nel “primo atto successivo alla sentenza che menziona la scrittura”, ossia con l’impugnazione (Cass., 22 giugno 2005, n. 13384, in C.E.D. Cass., rv. 581799) e, in ogni caso, la riserva contenuta in un atto processuale di procedere al disconoscimento “in un momento successivo” è “tamquam non esset, poiché posta in essere in assenza di richiesta […] nonché in mancanza di concessione” da parte del giudice istruttore (Trib. Bologna, 17 gennaio 2008, in www.plurisonline.it).

Sul piano pratico, l’esclusione del potere di disconoscere l’assegno non impedisce per altro la proposizione della querela di falso (o, secondo quanto precisato da Cass., S.U., 15 giugno 2015, n. 12307, in Giur. it., I, 2364 ss., dell’azione di accertamento negativo dell’autenticità del documento)  nei confronti dello scritto tacitamente riconosciuto nel precedente giudizio: secondo la giurisprudenza infatti “avverso la scrittura privata espressamente o tacitamente riconosciuta è proponibile querela di falso anche quando si voglia impugnare la riferibilità della sottoscrizione al suo autore apparente”, non ponendosi il riconoscimento tacito quale “accertamento di autenticità non altrimenti impugnabile” (Cass., 23 dicembre 2014, n. 27353, in Mass. Giur. it., 2014; nello stesso senso, in dottrina, Satta, Commentario al codice di procedura civile, II, 1, Milano, 1960, 178, secondo cui il riconoscimento tacito opera esclusivamente all’interno del processo in cui è stato effettuato e non può essere dunque invocato, ai fini della sua qualificazione alla stregua di una prova legale, in un diverso giudizio pur celebrato tra le stesse parti).

Per completezza si osserva infine che la motivazione addotta nella decisione di primo grado appare contraria alla pacifica giurisprudenza della Corte di cassazione, secondo cui il soggetto che procede al disconoscimento può limitarsi alla dichiarazione di non riconoscere come propria la sottoscrizione apposta sul documento, non incombendo su di lui alcun onere probatorio e anzi incombendo sulla parte che ha prodotto la scrittura l’onere di chiederne la verificazione giudiziale (Cass., 31 luglio 2013, n. 18349, in Mass. Giur. it., 2013).