19 Gennaio 2016

Improcedibile l’appello iscritto con velina: la questione alle Sezioni unite

di Angelo Nicotra Scarica in PDF

Cassazione civile, sez. II, 18 dicembre 2015, n. 25529

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Impugnazioni – Appello – Costituzione in giudizio – Iscrizione a ruolo con “velina” –Improcedibilità – Limiti – Rimessione alle Sezioni Unite (Cod. proc. civ., art. 348)

[1] È opportuno richiedere un intervento chiarificatore delle Sezioni Unite in ordine alle conseguenze dell’iscrizione a ruolo “con velina” delle cause di appello: se comporti di per sé l’improcedibilità del giudizio di gravame, oppure dia luogo a una nullità sanabile; in questa seconda ipotesi, se per evitare l’improcedibilità il deposito dell’originale dell’atto di impugnazione debba necessariamente avvenire entro la prima udienza, oppure possa essere utilmente effettuato nel prosieguo del giudizio, oppure ancora se sia già di per sé sufficiente (ipotesi che in giurisprudenza non risulta essere stata prospettata) la costituzione stessa in giudizio dell’appellato, in quanto dimostrativa dell’avvenuto raggiungimento dello scopo dell’atto.

CASO
[1] Parte soccombente in un giudizio innanzi al Tribunale di Roma impugna avanti la competente Corte di secondo grado la sfavorevole pronuncia con due atti. Iscrive a ruolo il primo in copia, quindi anche il secondo, ma nel procedimento non deposita mai l’originale con la relata. Controparte si costituisce, eccependo l’improcedibilità ex art. 348 c.p.c., essendo avvenuta la costituzione attorea non nelle forme di rito, le quali non prevederebbero, appunto, l’iscrizione a ruolo con velina. Soccombente sull’eccezione sollevata, ricorre in Cassazione. 

SOLUZIONE
[1] La Suprema Corte, appurato un contrasto giurisprudenziale, rimette le questioni rilevanti per il caso alle Sezioni Unite. 

QUESTIONI
[1] L’art. 348 c.p.c., come noto, commina la sanzione della improcedibilità all’appello per il quale l’appellante non abbia proceduto alla costituzione a norma dell’art. 347 c.p.c., che fa rinvio all’art. 165 c.p.c., dettato per il giudizio di primo grado. Quest’ultima norma impone all’attore di costituirsi, entro dieci giorni dalla notificazione della citazione, depositando tra l’altro, l’originale dell’atto.

Accade frequentemente che l’originale della citazione, consegnata all’ufficiale giudiziario per la notifica, non venga riconsegnata all’attore nel termine (tra l’altro, difficilmente conoscibile per il notificante) di 10 giorni dal perfezionamento della notifica per il convenuto. L’assenza di sanzioni testuali ha permesso alla giurisprudenza di avallare, sia per il primo che per il secondo grado, la prassi di cancelleria della cd. “iscrizione con velina”, ovvero con copia della citazione, recante uno schema non riempito della relata, identico a quello presente sull’originale e sulla copia consegnata per la notifica, e predisposto per essere riempito dall’ufficiale giudiziario ben definita in (vd. Cass., sez. III, 8 maggio 2012, n. 6912), argomentando sul fatto che la mancata produzione dell’originale notificato implica una mera irregolarità o comunque una nullità sanata per raggiungimento dello scopo (Cass., sez. I, 9 dicembre 2004,n. 23027 e Cass., 13 agosto 2004, n. 15777).

Nel 2008, premesso che l’art. 348 cod. proc. civ. è volto a favorire il passaggio in giudicato della sentenza di primo grado e che l’improcedibilità non è sanabile, la Cassazione aveva ritenuto che non fosse procedibile l’appello iscritto con velina (Cass., sez. II, 1 luglio 2008,  n. 18009 e Cass., sez. III, 4 gennaio 2010, n. 10).

La più recente giurisprudenza (Cass., sez. II, 21 giugno 2013, n. 15715; Cass. n. 6912/2012, cit.) ha invece sottolineato, sul piano letterale, che «l’improcedibilità dell’appello è comminata dall’art. 348 c.p.c., comma 1, per l’inosservanza del termine di costituzione dell’appellante, ma non anche per il mancato rispetto delle forme di costituzione».

La decisione rimessa alle Sezioni Unite, alla stregua delle convincenti considerazioni rese dalle recenti pronunce del 2012 e del 2013, non sembra presentare particolare complessità.

In ragione del principio del raggiungimento dello scopo, atteso il controllo fidefacente sulla conformità delle copie sottoposte all’Ufficiale Giudiziario, il quale difficilmente si oppone ad apporre un bollo di ricevuto su una copia, non consegnata, può concludersi che l’obbligo di produrre l’originale notificato potrebbe essere limitato solo al caso di contestazione della controparte costituita o di contumacia e ciò anche per non appesantire inutilmente i tempi del processo.

Quindi, salva la concessione di termini, il processo, in questi casi, non dovrebbe andare avanti finché non sia prodotto l’originale notificato o effettuata regolarmente la rinotificazione autorizzata a favore della parte costituita.

Non sembra, invece, sussistano ragioni per impedire l’eventuale deposito dell’originale notificato anche dopo la prima udienza, in mancanza di contestazioni di parte appellata costituita.

Può, inoltre, concordarsi sul fatto che il luogo in cui deve verificarsi la regolare costituzione, quindi la sua tempestività, sia l’udienza di prima comparizione, nella quale è prassi sia dichiarata l’improcedibilità, sia a norma dell’art. 348 che dell’art. 348 bis c.p.c.

Incidentalmente, deve rilevarsi che l’utilità pratica della risoluzione delle questioni poste appare oggi limitata, attesa la possibilità dei difensori di notificare non avvalendosi dell’ausilio dell’U.G.

Infatti, la notifica ai sensi della l. 53/94, anche a mezzo PEC, al procuratore costituito consente di avere, normalmente, riscontro immediato della ricezione della copia notificata dell’atto di appello, talché l’impatto della decisione richiesta al supremo consesso di nomofilachia sembra dover avere ripercussioni principalmente ai casi in cui la notifica PEC non sia consentita, ovvero nel caso di controparte persona fisica non costituita in primo grado.

 

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