Cedolare secca per locazioni abitative estesa anche quando il conduttore svolge attività di impresa
di Saverio Luppino, Avvocato Scarica in PDFMassima: “Il locatore può optare per la cedolare secca anche nell’ipotesi in cui il conduttore concluda il contratto di locazione ad uso abitativo nell’esercizio della sua attività professionale, atteso che l’esclusione di cui all’art. 3, comma 6, del d.lgs. n. 23 del 2011 si riferisce esclusivamente alle locazioni di unità immobiliari ad uso abitativo effettuate dal locatore nell’esercizio di una attività d’impresa o di arti e professioni”.
CASO
Tizio proponeva ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia con la quale quest’ultima aveva riformato la prima decisione, resa sui ricorsi riuniti del contribuente, che aveva ritenuto illegittimi gli avvisi di liquidazione, con irrogazione di sanzioni, notificati dall’Agenzia delle Entrate per omesso integrale versamento dell’imposta di registro, relativamente alle annualità 2012 e 2013, in ordine al contratto di locazione, stipulato nel 2010 con la Società Alfa, avente ad oggetto un immobile ad uso abitativo, sito in Milano, destinato al legale rappresentante della società quale parte conduttrice del contratto di locazione.
La Commissione tributaria regionale, in particolare, riteneva che il comma 6 dell’art. 3, D.Lgs. n. 23 del 2011 escludesse l’applicazione del regime sostitutivo di tassazione, c.d. cedolare secca, previsto dal comma 1, a favore del locatore persona fisica che non eserciti attività imprenditoriale, alle locazioni di unità immobiliari ad uso abitativo effettuate nell’esercizio di una attività d’impresa, o arti e professioni, perché in tale esclusione rientrerebbe anche l’ipotesi in cui sia il conduttore ad esercitare attività d’impresa o arti o professioni.
Resisteva con controricorso l’Agenzia delle Entrate; il Procuratore Generale concludeva per il rigetto del ricorso; il ricorrente depositava ulteriore memoria.
SOLUZIONE
La Corte di Cassazione accoglieva il ricorso, cassava la sentenza impugnata e decideva la causa nel merito, con il principio di diritto riportato in epigrafe.
QUESTIONI
Con l’unico motivo di ricorso Tizio lamentava la violazione e falsa applicazione dell’art. 3, comma 6, del D. Lgs. n. 23 del 2011, per avere la Corte tributaria regionale erroneamente equiparato i conduttori ai locatori, atteso che soltanto questi ultimi, per poter usufruire del regime della cedolare secca, non devono agire nell’esercizio di un’impresa, arte o professione.
Deduceva, altresì, che la formulazione del testo normativo non offrisse alcun argomento a supporto della restrittiva interpretazione fornita dall’Amministrazione finanziaria nella Circolare del 1/6/2011 n. 26/E, essendo tale divieto riferibile unicamente ai locatori.
La Corte riteneva il motivo fondato.
La c.d. cedolare secca, introdotta con il D. Lgs. n. 23 del 2011, è un regime di tassazione agevolata per i proprietari di immobili locati ad uso abitativo (, con esclusione dell’A/10 che è relativa a uffici e studi privati).
La “cedolare secca” è un regime facoltativo, che si sostanzia nel pagamento di un’imposta sostitutiva dell’Irpef e delle addizionali (per la parte derivante dal reddito dell’immobile).
Per i contratti sotto cedolare secca non andranno pagate l’imposta di registro e l’imposta di bollo, ordinariamente dovute per registrazioni, risoluzioni e proroghe dei contratti di locazione.
La cedolare secca, tuttavia, non sostituisce l’imposta di registro per la cessione del contratto di locazione.
È possibile assoggettare ad imposta sostitutiva anche i canoni di locazione relativi alle pertinenze dell’immobile principale, alla condizione che siano locati congiuntamente all’abitazione.
Nel contratto della pertinenza, se stipulato successivamente, si deve fare riferimento al contratto dell’immobile abitativo e evidenziare il vincolo di pertinenzialità con lo stesso.
Quali pertinenze possono essere considerate, a titolo di esempio, le unità immobiliari del Gruppo C (C/1, C/2, C/3, C/6 ecc.), atteso che siano effettivamente utilizzate in modo durevole al servizio dell’abitazione locata.
Il regime della cedolare secca attualmente prevede diverse aliquote applicabili a seconda del tipo di contratto di locazione.
- 21%: per i contratti di locazione a canone libero, che offrono maggiore flessibilità nella definizione del canone senza vincoli territoriali o di categoria;
- 10% per i contratti a canone concordato, riservati a specifici comuni di cui all’articolo 1, comma 1, lettere a) e b) del D.L. n. 551 del 1988 e comuni con alta tensione abitativa.
L’aliquota del 10% si applica anche ai contratti con canone concordato stipulati per soddisfare esigenze abitative di studenti universitari, sulla base di apposite convenzioni nazionali, nonché ai contratti transitori ossia di durata da un minimo di un mese a un massimo di 18 mesi, a condizione che si tratti di un contratto di locazione a canone concordato relativo ad abitazioni ubicate nei Comuni con carenze di disponibilità abitative o in quelli ad alta tensione abitativa[1].
- 26% per i contratti di locazione breve non superiore a 30 giorni, applicabile dal secondo immobile locato in poi (il primo può beneficiare dell’aliquota al 21%). Questo regime è valido per un massimo di quattro immobili locati brevemente, oltre i quali l’attività è considerata imprenditoriale.
Il pagamento della cedolare secca segue le stesse scadenze previste per l’IRPEF. Ad eccezione del primo anno, per il quale non è possibile definire la base imponibile, negli anni successivi si applica il sistema di acconto e saldo.
Ciò posto, la Cassazione puntualizzava che, come previsto dal comma 6 del D. Lgs. n. 23 del 2011, il regime della cedolare secca non si applica alle locazioni di unità immobiliari ad uso abitativo effettuate nell’esercizio di una attività d’impresa o di arti e professioni.
Tale divieto, tuttavia, deve essere riferito, esclusivamente, alle locazioni di unità immobiliari effettuate dal locatore nell’esercizio della sua attività di impresa o della sua arte o professione, restando, invece, irrilevante la qualità del conduttore e la riconducibilità della locazione, laddove ad uso abitativo, alla attività professionale del conduttore (ad esempio, come nel caso di specie, per esigenze di alloggio dei suoi dipendenti).
Difatti, la circostanza che il regime tributario in esame avvantaggi anche il conduttore data l’esclusione dell’imposta di registro e il divieto di aggiornamento del canone da parte del locatore, non può certo giustificare un’interpretazione dell’art. 3, comma 6, del D.Lgs. n. 23 del 2011, da cui derivi una riduzione dell’ambito applicativo della cedolare secca in danno del locatore.
Non possono, inoltre, desumersi contrari argomenti interpretativi dall’art. 3, comma 6 bis, D.Lgs. n. 23 del 2011, ai sensi del quale l’opzione della cedolare secca può essere esercitata anche per le unità immobiliari abitative locate nei confronti di cooperative edilizie per la locazione o enti senza scopo di lucro, purché sublocate a studenti universitari e date a disposizione dei comuni con rinuncia all’aggiornamento del canone di locazione o assegnazione.
Secondo la Cassazione il suddetto comma non esclude affatto che, in base ai commi precedenti, il locatore possa esercitare l’opzione per la cedolare secca con riferimento ad un contratto di locazione ad uso abitativo concluso con un imprenditore o professionista e riconducibile all’attività di quest’ultimo.
Invero, tale disposizione permette al locatore di optare per la cedolare secca in ragione non del contratto di locazione concluso con conduttori cooperative edilizie per la locazione o enti senza scopo di lucro, ma piuttosto di quello di sublocazione con studenti universitari, prescindendo, pertanto, dal tipo di contratto direttamente concluso dal locatore.
Nonostante ciò, l’Agenzia dell’Entrate con risposta a interpello 911–7/2025 della DRE Toscana riteneva che detta sentenza della Cassazione fosse un precedente isolato e non, invece, espressione di un orientamento consolidato.
Pertanto, a parere dell’Amministrazione, un contratto di locazione di immobile ad uso abitativo in cui il conduttore è un soggetto che esercita un’attività d’impresa, non può beneficiare del regime della cedolare secca, così come stabilito dalla Circolare n. 26/E del 2011, richiamata anche nella pronuncia in commento.
Inoltre, l’Agenzia delle Entrate richiamava anche la Circolare n. 12/E del 2016 nonché la risoluzione n. 50/E del 2019 (emanata in relazione all’art. 1, comma 59, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, che aveva esteso il regime della cedolare secca alle locazioni di immobili destinati all’uso commerciale per i contratti stipulati nell’anno 2019), le quali ribadivano il divieto di applicazione del regime della cedolare secca per i contratti di locazione stipulati con conduttori che operano nell’esercizio di attività di impresa o di lavoro autonomo.
La Corte di legittimità è, invece, tornata recentemente, a un anno di distanza dalla sentenza in commento, sulla medesima questione.
In questo caso era l’Agenzia delle Entrate che notificava a locatore un avviso di accertamento per avere il contribuente indebitamente applicato, in relazione al proprio contratto di locazione il regime agevolativo della c.d. cedolare secca.
Nel caso di specie, veniva contestata la carenza del requisito soggettivo, stante l’esercizio di attività commerciale/professionale da parte del conduttore.
Il contribuente impugnava il suddetto atto dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Roma la quale, con sentenza accoglieva il ricorso, annullando l’atto impugnato.
Interposto gravame dall’Agenzia delle Entrate innanzi alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio, i giudici rigettavano l’appello, confermando la sentenza impugnata.
Di conseguenza, l’Agenzia delle Entrate proponeva avverso tale sentenza ricorso per cassazione deducendo la violazione e falsa applicazione dell’art. 3 del D. Lgs. n. 23 del 2011, sostenendo che rimanessero esclusi dal campo di applicazione dell’agevolazione in questione i contratti di locazione conclusi con conduttori che agiscono nell’esercizio di attività di impresa o di lavoro autonomo, indipendentemente dal successivo utilizzo dell’immobile per finalità abitative di collaboratori e dipendenti.
In tale pronuncia, i giudici di Piazza Cavour, richiamavano la sentenza in commento, smentendo quanto affermato dall’Agenzia delle Entrate giacché il locatore può optare per il regime della c.d. cedolare secca anche nel caso in cui il conduttore concluda il contratto di locazione ad uso abitativo nell’esercizio della sua attività professionale, poiché l’esclusione di cui all’art. 3, comma 6, D. Lgs. n. 23 del 2011 si riferisce unicamente alle locazioni di unità immobiliari ad uso abitativo effettuate dal locatore nel suo esercizio di attività d’impresa o di arti e professioni[2].
Oltretutto, già con la pronuncia in commento gli Ermellini avevano tenuto a evidenziare come l’Amministrazione finanziaria non ha poteri discrezionali nella determinazione delle imposte, in quanto di fronte alle norme tributarie, essa ed il contribuente si trovano su un piano di parità, per cui la cosiddetta interpretazione ministeriale, sia essa contenuta in circolari o risoluzioni, non costituisce mai fonte di diritto[3].
Pertanto, la Circolare del n. 26/E del 2011, in quanto non manifesta attività normativa, essendo atto interno della stessa Amministrazione, è destinata ad esercitare una funzione direttiva nei confronti degli uffici dipendenti ed è, altresì, inidonea ad incidere sugli elementi costitutivi del rapporto tributario.
[1] Cfr. artt. 2, 4 bis e 5 L. n. 431/1998
[2] Cfr. Cass. civ., sez. TRI, Sent. n. 12076/2025.
[3] Cfr. ex multis Cass., SS. UU., Sent. n. 23031/2007, ove la Corte di legittimità stabiliva come “la circolare con la quale l’Agenzia delle entrate interpreti una norma tributaria, anche qualora contenga una direttiva agli uffici gerarchicamente subordinati, esprime esclusivamente un parere dell’amministrazione non vincolante per il contribuente”.
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