10 Giugno 2025

Casa vacanze: disciplina applicabile e durata del contratto

di Saverio Luppino, Avvocato Scarica in PDF

Tribunale di Roma, sez. VI Civile, Sentenza del 16.09.2024, Giudice Dott.ssa R. Nardone

Massima:Nell’ambito delle locazioni di immobili destinati a casa vacanze, deve farsi applicazione della normativa di cui all’art. 27 della L. n. 392/1978 che prevede per locazioni commerciali una durata minima di sei anni con rinnovo automatico di anni sei, mentre la clausola pattizia che stabiliva la minore durata di 4 anni + 4 deve essere dichiarata nulla, in quanto contrastante con la suddetta norma imperativa”.

CASO

Con ricorso ex art. 447 c.p.c. la ditta individuale Alfa dichiarava di rivestire la qualità di conduttrice in ordine ai contratti di locazione stipulati originariamente dalla società Beta, precedente proprietaria dell’immobile, che poi, in data 13.11.2023, ne trasferiva la proprietà alla resistente Tizia.

Nello specifico, la ricorrente diveniva conduttrice dell’immobile attraverso una cessione d’azienda, con la quale subentrava nei contratti di locazione stipulati da Beta.

La resistente Tizia era stata posta a conoscenza di tale ultima cessione, giacché la medesima aveva invitato tramite comunicazione pec la ditta ricorrente a versare il canone sul proprio conto corrente.

Già in data 30.01.2023 la ricorrente conduttrice riceveva dalla precedente proprietaria Beta comunicazione a mezzo pec avente ad oggetto la disdetta dei contratti di locazione del 28.11.2016, atteso l’avvinarsi della scadenza del secondo quadriennio prevista per il 30.11.2024.

Alfa con pec dell’08.02.2023 contestava l’inapplicabilità del termine di durata di 4+4 in quanto i contratti in essere prevedevano la destinazione dell’immobile ad attività di casa vacanze di tipo imprenditoriale, dovendosi quindi applicare il diverso termine previsto per le locazioni alberghiere ex art. 27 L.392/78 e non quello per gli usi abitativi ex art. 2 L.431/98.

Pertanto, la stessa adiva il Tribunale di Roma affinché:

1) accertasse e dichiarasse che ai contratti di locazione del 28.11.2016 degli immobili siti in Roma, in essere tra le parti e allegati in atti, si applicasse la disciplina della locazione degli immobili adibiti ad attività commerciali alberghiere ed assimilabili;

2) accertasse e dichiarasse conseguentemente, ai sensi del combinato disposto degli artt. 27, commi 3 e 4, L. n. 392/78 e 1419 c.c., la nullità della clausola contrattuale di cui all’art. 4) dei predetti contratti di locazione nella parte in cui prevede la durata di anni quattro rinnovabili per altri quattro, in quanto in violazione della disciplina imperativa che fissa per le attività commerciali alberghiere ed assimilabili la durata minima di anni 9+9 e, per l’effetto, dichiarare che la durata effettiva contrattuale fosse di nove anni rinnovabili per altri nove anni;

3) accertasse e dichiarasse l’illegittimità, nullità ed inefficacia della comunicazione di recesso dai contratti di locazione del 28.11.2016 in essere tra le parti inviata alla ditta ricorrente con pec del 30.01.2023;

4) in subordine e nella denegata ipotesi che la comunicazione di recesso dai contratti di locazione del 28.11.2016 inviata dalla locatrice alla ricorrente conduttrice con pec del 30.01.2023 fosse stata ritenuta valida ed efficace, accertasse e dichiarasse l’applicabilità dell’art. 34 della L. n. 392 del 1978 e, pertanto, il diritto della stessa a percepire dalla locatrice l’indennità di avviamento a seguito del recesso di quest’ultima;

5) condannasse Tizia al pagamento delle spese e degli onorari sia del presente giudizio sia del procedimento di mediazione obbligatoria, attesa l’ingiustificata mancata partecipazione della stessa nonché, ove se ne ravvisino i presupposti, applicare la condanna ai sensi dell’art. 96 c. 2 c.p.c..

Con comparsa di costituzione e risposta Tizia eccepiva il difetto di legittimazione attiva della ditta ricorrente che non era subentrata nel contratto in conformità delle disposizioni di legge di cui all’art. 36 L n. 392/78, non essendoci stata una cessione di azienda, ma solo l’acquisto della quota della precedente conduttrice.

La resistente, inoltre, contestava l’applicabilità del termine di durata previsto per le locazioni alberghiere ed insisteva quindi per il rigetto delle domande.

SOLUZIONE

Il Tribunale di Roma, in persona del giudice dott.ssa Roberta Nardone, definitivamente pronunciando sulla domanda proposta da Alfa nei confronti di Tizia, così provvedeva:

– accoglieva la domanda accertando e dichiarando che ai contratti di locazione del 28.11.2016 si applicasse la disciplina della locazione degli immobili adibiti ad attività commerciali;

– accertava e dichiarava conseguentemente, ai sensi del combinato disposto degli artt. 27 c. 1 L. n. 392/78 e 1419 c.c., la nullità della clausola contrattuale di cui all’art. 4) dei contratti di locazione del 28.11.2016 nella parte in cui è prevista una durata di anni quattro rinnovabili per altri quattro anni e per l’effetto, dichiarava che la durata effettiva contrattuale fosse di sei anni rinnovabili per altri sei anni;

– accertava e dichiarava l’efficacia della disdetta inviata alla parte ricorrente con pec del 30.01.2023 per la differente data del 29.11.2028;

– condannava la resistente alla refusione in favore della parte ricorrente delle spese di lite.

QUESTIONI

In primo luogo, il Giudice dichiarava infondata l’eccezione di carenza di legittimazione passiva sollevata da Tizia nei confronti della ricorrente giacché dai documenti prodotti da quest’ultima emergeva l’intervenuta cessione d’azienda; difatti, la vendita della quota richiamata da Tizia rappresentava solo un passaggio intermedio, poi seguito dall’effettiva cessione.

Era certo, inoltre, che la locatrice avesse avuto conoscenza della cessione, in quanto la medesima, con pec del novembre 2023 indirizzata alla ditta individuale ricorrente, faceva presente di essere subentrata nella proprietà degli immobili oggetto della locazione e che i canoni mensili avrebbero dovuto essere versati sul suo conto corrente.

Ciò posto, i contratti di locazione avevano quale oggetto due unità immobiliari destinate espressamente all’attività di casa vacanze.

Dunque, nonostante la durata della locazione fosse stata fissata in 4 +4 anni, si trattava di locazione ad uso commerciale, atteso che tale destinazione era stata concordata tra le parti e che le società succedutesi nella conduzione dell’immobile avevano avuto come oggetto proprio l’attività di affitto camere e casa vacanza, quindi attività di natura imprenditoriale e non finalizzata ad esigenze abitative[1]

In primo luogo, occorre tenere distinte le locazioni turistiche dalle c.d. locazioni brevi.

Queste ultime sono disciplinate dal D.L. n. 50 del 2017, ovverosia un contratto di locazione di immobili ad uso abitativo di durata non superiore a 30 giorni, ivi inclusi quelli che prevedono la prestazione dei servizi di fornitura di biancheria e di pulizia dei locali, stipulati da persone fisiche, al di fuori dell’esercizio di attività d’impresa.

Il contratto di locazione turistica è, invece, un particolare contratto di locazione che soddisfa esigenze abitative temporanee per esclusive finalità turistiche.

L’art. 1, comma 2, lett. c) della L. 431/1998 ha espressamente escluso dall’ambito di applicazione della disciplina speciale delle locazioni di immobili ad uso abitativo (in particolare gli artt. 2, 3, 4, 4 bis, 7, 8 e 13) gli alloggi locati esclusivamente per finalità turistiche.

Gli alloggi locati esclusivamente per finalità turistiche, difatti, sono regolati dalle disposizioni del Codice civile in tema di locazione anche in virtù di un espresso rinvio da parte dell’art. 53 dell’All. 1 del D.Lgs n. 79/2011 (Codice del Turismo)

Il Codice del Turismo stabilisce all’art. 12 la possibilità di svolgere attività di locazione turistica attraverso diverse forme di strutture turistiche extralberghiere[2], quali ad esempio:

– Affittacamere: strutture composte da non più di sei camere ubicate in non più di due appartamenti ammobiliati in uno stesso stabile nei quali sono forniti alloggi ed eventualmente servizi complementari, anche giornalmente ed in forma imprenditoriale, senza l’obbligo della dimora del titolare;

– Unità abitative ammobiliate ad uso turistico: case o appartamenti, arredati e dotati di servizi igienici e di cucina autonomi, dati in locazione ai turisti, nel corso di una o più stagioni, con contratti aventi validità non inferiore a sette giorni e non superiore a sei mesi consecutivi senza la prestazione di alcun servizio di tipo alberghiero. Queste possono essere gestite in forma imprenditoriale ovvero in forma non imprenditoriale da coloro che hanno la disponibilità fino ad un massimo di quattro unità abitative, senza organizzazione in forma di impresa;

– Bed & Breakfast: strutture ricettive a conduzione ed organizzazione familiare, gestite da privati in forma non imprenditoriale, che forniscono alloggio e prima colazione utilizzando parti della stessa unità immobiliare purché funzionalmente collegate e con spazi familiari condivisi.

Per quanto riguarda, invece, la  locazione di immobili destinati a strutture alberghiere, l’art. 52 dell’All. 1 del Codice del Turismo ha apportato delle modifiche all’art. 27 L. n. 392/978, prevedendo che nel caso di immobili urbani, anche se ammobiliati, adibiti ad attività alberghiere (nonché all’esercizio di imprese assimilate ex articolo 1786 c.c.), la durata del vincolo non possa essere inferiore a nove anni, rinnovabile per lo stesso periodo se non viene comunicata disdetta da una delle parti almeno 18 mesi prima della scadenza.

Il D.L. n. 133/2014 (c.d. Decreto Sblocca Italia), ha introdotto, con l’ art. 18 – rubricato Liberalizzazione del mercato delle grandi locazioni ad uso non abitativo -, un nuovo comma all’art. 79 della L. n. 392/1978, prevedendo la possibilità, per i soggetti che procedano alla sottoscrizione di contratti di locazione finalizzati ad un uso diverso dall’abitazione, anche se adibiti ad attività alberghiera, di derogare ai limiti temporali e alle altre condizioni previste dalla L. n. 392/1978, a condizione che l’ammontare del canone annuo pattuito sia superiore a 250 mila euro e non si tratti di locali dichiarati di interesse storico secondo provvedimenti emanati dalle Amministrazioni regionali o comunali.

Ciò posto, il Giudice rilevava che i contratti di locazione dedotti avessero chiaramente come oggetto la locazione delle due unità immobiliari destinate espressamente all’attività di casa vacanze e ciò anche se la durata della locazione era fissata in 4 +4 anni.

Nonostante la durata fissata, secondo il Tribunale si trattava fuor dubbio di locazione ad uso commerciale, posto che tale destinazione era stata concordata tra le parti e che le società succedutesi nella conduzione dell’immobile avevano avuto come oggetto proprio l’attività di affitto camere e casa vacanza.

L’attività di affitto di camere pur potendo assimilarsi a quella alberghiera, si differenzia dalla stessa per le sue modeste dimensioni e in quanto la fornitura di eventuali servizi è assai marginale rispetto all’esercizio di un albergo.

Tale attività ha ad ogni modo natura prettamente commerciale che si estrinseca mediante la prestazione sul mercato di alloggi ammobiliati e provvisti di dotazioni di acqua e luce dietro corrispettivo e per periodi più o meno brevi.

Per tale motivo, secondo il giudice romano doveva farsi applicazione della normativa di cui all’art. 27 della L. n. 392 del 1978 che prevede per locazioni commerciali una durata minima di sei anni con rinnovo automatico di anni sei, mentre la clausola pattizia di cui all’art. 4 dei contratti dedotti che stabiliva la minore durata di 4 anni + 4 doveva essere dichiarata nulla in quanto contrastante con la suddetta norma imperativa.

[1] Luppino S., Le locazioni in condominio, Maggioli, 2020.

[2] Diverse regioni hanno emanato leggi regionali per disciplinare le attività ricettizie extra-alberghiere (ad esempio l’Emilia Romagna regola tale ambito con la L.R. n. 16/2004).

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