3 Giugno 2025

Misura cautelare e cauzione: simul stabunt, simul cadent?

di Paolo Cagliari, Avvocato Scarica in PDF

Trib. Milano, sez. IV, 6 maggio 2025 – Pres. Boroni – Rel. Petrucci

Procedimento cautelare – Concessione della misura cautelare – Imposizione di cauzione – Istanza congiunta delle parti di svincolo della cauzione – Revoca del provvedimento che ha concesso la misura cautelare – Necessità

Massima: “Quando alla concessione della misura cautelare si accompagna l’imposizione di una cauzione, lo svincolo ovvero la revoca di quest’ultima, anche in caso di istanza congiunta delle parti, non può essere disposta senza revocare l’ordinanza con cui è stata accordata la misura cautelare, cui la cauzione è legata da un vincolo di accessorietà e dipendenza.”

CASO

Un condominio proponeva ricorso ex artt. 1171 c.c. e 688 c.p.c., lamentando che i lavori che la società resistente intendeva eseguire potevano compromettere il decoro architettonico del fabbricato.

All’esito del giudizio di reclamo, il collegio reputava, in via prognostica, sussistente lo ius ad aedificandum della società resistente, che veniva dunque autorizzata a proseguire i lavori, ma imponeva alla stessa una cauzione, a garanzia dell’eventuale spesa futura del condominio per il ripristino dello stato dei luoghi, qualora, all’esito del giudizio di merito, fosse stata ritenuta effettivamente sussistente la prospettata lesione del decoro architettonico della facciata del fabbricato.

Nessuna delle parti, tuttavia, introduceva detto giudizio, anche perché, nel frattempo, veniva raggiunto un accordo per lo svincolo della cauzione, con conseguente proposizione di istanza congiunta finalizzata a ottenere il relativo provvedimento.

SOLUZIONE

[1] Il Tribunale di Milano ha accolto l’istanza, ma, a tale fine, ha ritenuto necessario disporre la revoca dell’intera ordinanza cautelare, che aveva autorizzato la prosecuzione dei lavori e contestualmente imposto la prestazione della cauzione, ravvisando un rapporto di inscindibile strumentalità e dipendenza che impediva il mero svincolo di quest’ultima.

QUESTIONI

[1] L’ordinanza che si annota, resa a seguito di istanza congiunta di svincolo di una cauzione imposta ai sensi dell’art. 1171, comma 2, c.c., presenta diversi profili di interesse e giunge a una soluzione senza dubbio originale, che merita alcune considerazioni dirette a saggiarne la condivisibilità.

Un condominio proponeva ricorso cautelare nunciatorio, temendo che i lavori che la società resistente aveva in animo di eseguire potessero ledere il decoro architettonico della facciata del fabbricato condominiale e chiedeva, quindi, che ne fosse impedito lo svolgimento.

Con l’istanza ex art. 1171 c.c., infatti, il proprietario, il titolare di un diritto reale di godimento o il possessore mira a tutelare la propria cosa dal probabile, grave e prossimo pregiudizio che potrebbe derivare da un’attività altrui; poiché il procedimento partecipa della natura cautelare, esso è destinato a concludersi con un provvedimento provvisorio che, valutata la probabile fondatezza o meno della domanda, dispone la sospensione, ovvero la continuazione dei lavori denunciati.

Trattandosi di delibazione tipicamente sommaria, il comma 2 dell’art. 1171 c.c. prevede che il giudice possa imporre apposite cautele, finalizzate a consentire il risarcimento dei danni subiti dalla parte vincitrice all’esito del giudizio di merito: la norma, così, legittima l’imposizione di una cauzione a carico del denunciante, in caso di provvedimento sospensivo, diretta a risarcire l’autore dell’opera qualora fosse riscontrata la legittimità dell’attività contestata e cautelarmente inibita, ovvero a carico del resistente, in caso di provvedimento che autorizza la prosecuzione dell’attività censurata, affinché trovino ristoro i danni successivamente recati dall’opera nel frattempo realizzata.

Secondo una corrente di pensiero, peraltro, la cauzione dev’essere senz’altro imposta, non prevedendo la norma una mera facoltà per il giudice, ma un vero e proprio obbligo.

In virtù di quanto stabilito dall’art. 669-quaterdecies c.p.c., alla denuncia di nuova opera si applicano le regole dettate per il procedimento cautelare uniforme, ivi compresa, dunque, quella recata dall’art. 669-undecies c.p.c., il quale, consentendo che, con il provvedimento di accoglimento, di conferma o di modifica dell’istanza cautelare, venga imposta una cauzione per l’eventuale risarcimento dei danni, si pone in linea di continuità con l’art. 1171, comma 2, c.c.

All’ordinanza emessa ai sensi degli artt. 1171 c.c. e 688 c.p.c. sia applica pure, per espresso dettato normativo, il principio della strumentalità attenuata di cui all’art. 669-octies, comma 6, c.p.c., in forza del quale la misura cautelare non perde la propria efficacia quand’anche alla sua concessione non faccia seguito l’introduzione del giudizio di merito nel termine perentorio fissato dal giudice cautelare o in quello – residuale – di sessanta giorni dalla pronuncia del provvedimento.

Proprio dall’operatività di tale principio nel caso di specie deriva una prima questione di interesse: visto che nessuna delle parti aveva introdotto il giudizio di merito, la domanda diretta a ottenere lo svincolo della cauzione imposta con l’ordinanza che aveva accolto il reclamo della società resistente ai sensi dell’art. 669-terdecies c.p.c. è stata rivolta al medesimo collegio che l’aveva pronunciata, non essendovi un giudice istruttore al quale indirizzare la richiesta alla stregua di quanto stabilito, in via generale, dall’art. 669-decies, comma 1, c.p.c.

Occorre, dunque, fare riferimento alla regola residuale dettata dal comma 2 dell’art. 669-decies c.p.c., in base alla quale viene prevista una sorta di prorogatio dei poteri del giudice che ha emesso la misura da revocare o da modificare, quando il giudizio di merito non sia iniziato (o sia stato dichiarato estinto).

Così, poiché la cauzione era stata imposta con il provvedimento che aveva definito il reclamo proposto dalla società resistente e visto che nessuna delle parti aveva introdotto il giudizio di merito, il medesimo collegio è stato investito della richiesta di disporne lo svincolo.

Detto questo e venendo a concentrare l’attenzione sul provvedimento assunto in accoglimento di detta richiesta, il Tribunale di Milano ha osservato che:

  • la cauzione rappresenta un provvedimento cautelare di natura ancillare o accessoria ad altro provvedimento principale, rispetto al quale costituisce una controcautela, intesa quale rimedio alla pericolosità intrinseca delle misure cautelari e quale garanzia dell’equo contemperamento degli opposti interessi;
  • trattandosi di istituto di natura cautelare, esso è soggetto alla regola di cui all’art. 669-deciesp.c., che ne consente la rimozione con efficacia ex nunc a seguito del verificarsi di mutamenti della situazione di fatto o di diritto assunta a fondamento dell’imposizione della cauzione;
  • sulla base delle allegazioni delle parti, tuttavia, il fatto sopravvenuto (l’accordo idoneo a tacitare ogni controversia tra le stesse) riguarderebbe, in realtà, il diritto sostanziale che aveva fondato l’istanza cautelare e, per derivazione, anche la cauzione;
  • il provvedimento che aveva autorizzato la continuazione dei lavori e, per bilanciare gli interessi delle parti, aveva imposto la prestazione di una cauzione conserva efficacia anche se alla fase cautelare non è seguita l’introduzione del giudizio di merito, sicché, essendo invocato un mutamento della situazione di fatto sottesa non solo al provvedimento ancillare (quello riguardante la cauzione), ma comune a quello principale (quello autorizzativo della continuazione dei lavori), non è configurabile la modifica di uno, ma non dell’altro, poiché, a fondamento dell’istanza, deve intendersi dedotto il venire meno dell’utilità della misura cautelare nella sua interezza e globalità, con riguardo quindi non solo alla cauzione, ma, più in generale, alla misura nunciatoria nel suo complesso;
  • per effetto di quanto disposto dall’art. 669-deciesp.c., dunque, solo la revoca del provvedimento principale consente e comporta la revoca di quello allo stesso accessorio e subordinato, con la conseguenza che l’istanza proposta nel caso di specie andava riqualificata come volta a ottenere un effetto totalmente caducatorio del provvedimento cautelare emesso.

La decisione assunta desta più di una perplessità.

In primo luogo, l’art. 669-decies c.p.c. consente non solo la revoca, ma pure la – più contenuta – modifica del provvedimento cautelare: sostenere, dunque, che non possa disporsi lo svincolo (o la revoca) della cauzione senza, nel contempo, revocare la misura cautelare cui accede pare affermazione che prova troppo, dal momento che, di fatto, significa obliterare del tutto la possibilità di mantenere in vita il provvedimento cautelare, sebbene con un contenuto modificato a seguito del mutamento delle circostanze che hanno condotto alla sua emissione con quella determinata conformazione, che non è più attuale e necessita, quindi, di un aggiustamento, che il giudice destinatario della relativa istanza può apprezzare sulla scorta delle nuove circostanze rappresentategli.

In secondo luogo, l’assunto per cui la richiesta congiuntamente proposta dal condominio e dalla società che era stata autorizzata a eseguire i lavori, pur avendo per oggetto il solo svincolo (o la sola revoca) della cauzione, doveva, in realtà, essere intesa come diretta a ottenere la caducazione dell’intero provvedimento cautelare (compresa, dunque, la suddetta autorizzazione al compimento delle opere inizialmente divisate dal condominio), si pone in contrasto con il rilievo, pure svolto dal Tribunale di Milano, circa l’impossibilità per il giudice di procedere sua sponte, ossia d’ufficio, alla modifica o alla revoca del provvedimento cautelare, occorrendo l’istanza di parte.

Da questo punto di vista, il ragionamento svolto nell’ordinanza annotata presta il fianco a criticità che si manifestano sotto un duplice profilo.

Infatti, seguendo l’impostazione proposta, discende che:

  • da un lato, attraverso una riqualificazione della domanda, si dispone la revoca di entrambe le misure cautelari (l’autorizzazione alla prosecuzione dei lavori e l’imposizione della cauzione), sebbene l’istanza fosse rivolta solo nei riguardi della seconda, il che significa che, nei confronti della prima, il giudice si ascrive un potere officioso;
  • dall’altro lato, si assume un provvedimento che non coincide con quello che è stato chiesto, con pronuncia che si pone ultra petita e in contrasto con la domanda delle parti, le quali, avendo diretto la loro istanza congiunta nei confronti della sola cauzione, ben potrebbero avere in questo modo palesato l’interesse alla perdurante efficacia dell’autorizzazione alla prosecuzione dei lavori, che la disposta revoca frustra del tutto.

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